rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Di che si parla a Natale?

Aneddoti e pettegolezzi della Forlì settecentesca nel tempo delle festività natalizie. La soluzione del “caso Brocchi”, i pupazzi di scarso successo, i tedeschi in città...

Il Foro di Livio intende fornire qualche spunto di conversazione per la tavola di Natale, immaginando di essere proiettati nel Settecento forlivese. Sfogliando un quaderno dove sono riportate le cronache di qualche anno di tal secolo, un dall’Aste Brandolini (il documento è conservato nell’omonimo fondo presso l’Archivio di Stato) ha manoscritto il suo punto di osservazione di nobiluomo forlivese, riportando argomenti di discussione che nelle case dei censi elevati sicuramente tenevano banco. Si legge quindi, oltre che di tempo, della sospirata conclusione del “caso Brocchi”, di pupazzi di scarso successo, di tedeschi in città, di una contessa offesa, di predicatori poco adeguati, di una festa senza ballo, di un matrimonio clandestino. 

Mediocrità sul pulpito

Per quanto riguarda il 1717, si segnala la stroncatura di un padre di Valverde (era un convento forlivese del Terz’ordine regolare di San Francesco). L’estensore non va per il sottile e se ne esce con: “In questo Avento predicò in Duomo un Padre di Valverde, però non havendo tenuto conto del di lui nome, da ciò può arguirsi non esser stato sogetto di gran riguardo”. 

Giustizia per Brocchi

Un caso spinoso doveva aver suscitato un certo clamore, quello del signor Brocchi, forlivese, se il cronista lo evidenzia pure nell’indice. Ai noi posteri resta la domanda: in che modo si cacciò in un tale guaio? Ecco cosa accadde in quel 1718: “Ritornò avanti alle feste di Natale il Sig. Egidio Brocchi dalle carceri di Ravenna ivi trattenuto per lo spazio di quasi 10 mesi interi per ingiuste accuse di defloramento datele da certe donne di cativa vita”. 

Troppo tardi per ballare

Ancora nel 1718, si segnala una festa per altolocati e autorità dove s’indugiò in giochi di vario genere. Così viene annotato: “La 4 festa di Natale, che fu li 28 dicembre, si fece una publica conversazione nel palazzo del Magistrato col divertimento del giuoco, e di un lotto di varie galanterie. Si sarebbe anche ballato, ma apena si diede principio, che terminossi a causa dell’ora tarda, benché vi concorressero quasi tutte le Dame della Città”. 

Ah, la neve!

Non possono mancare argomenti meteorologici. Pertanto si presenta un’imbiancata di breve durata nel capodanno 1718: “Il primo di Genaro nevicò tutto il giorno, ma non si poté fermar sul tereno”. 

Parenti serpenti

Inizia appena il 1719 che si avverte l’eco di polemiche per noi incomprensibili. Chissà cosa c’è dietro le maldicenze contro la contessa mentre se ne andava da Forlì… Si legge: “Li 3 di Genaro partì verso Roma con il conte Giuseppe Monsignani la contessa Caterina Vidaschi sua consorte accompagnata fuori della Città per mezzo miglio da dodici mute: parte di queste la seguitarono per allegrezza della sua partenza, e parte per duolo della perdita di una Dama di sì rare qualità non havendo ritrovato quella cortesia in tutte, ed in tutti, che indispensabilmente sempre lei ha dimostrato indiferentemente con tutti, ed anche verso di chi attualmente l’offendeva, e più di tutti verso i suoi più congiunti di sangue, ma più disgiunti d’affetto”. 

Arrivano i crucchi

L’Epifania del 1719 significa per una Forlì “abbandonata da’ Superiori” un periodo di accoglienza forzata di truppe tedesche comandate dal “principe d’Olstein”. Per ospitare un gran numero di forestieri furono prese d’assalto pure le osterie, i “publici magazeni” e i conventi dei “frati di S. Francesco e S. Domenico”. In sintesi, si riporta: “Il 6 detto giorno dell’Epifania cominciarono nuovamente a passare di qua gli Alemani per il Regno di Napoli. Il Primo reggimento fu il Vitemberg, e questo passò diviso in tre colonne di 500 huomini l’una. Come fecero poi successivamente tutti gli altri Reggimenti quali sempre ebbero il riposo di due giorni nella nostra città abbandonata da’ Superiori, e mal regolata dal Magistrato, restando aloggiati nelle case più capaci li comandanti maggiori, e gli altri offiziali nelle case pur nobbili, ma meno capaci, ed i soldati, parte ne conventi, parte nell’osterie, e parte in altre case non abitate di particolari, onde la prima colonna, che arrivò il 6, si trattenne li 6 e 7, e la seconda li 8 e li 9, e la terza li 10 e li 11, e li tre offiziali supremi di tutte tre le colonne stettero in casa Torelli, Tartagni et Avezzani. Havendo fatto la Comunità un ben picolo e povero regalo a dette tre case per la tavola di detti offiziali”. 

Scarsa qualità

Per chi scrisse, nel 1720 scarseggiava qualità dalle parti del vescovado: le prediche d’Avvento non andavano a genio a nessuno… A parte quelle di un gesuita: “Predicò questo Avvento in Duomo un Padre de Romiti, che fece credere molto scarso di boni sogetti Monsignor Vescovo che pure nella Sacra Novena di Natale si servò due volte del medemo sogetto, ed un altro della stessa Religione, e due discorsi furono fatti da un medemo capuccino, onde poco ha incontrato il genio della Città con questi debolissimi sogetti. Altramente è stato gradito come il meritava ne tre discorsi precedenti al S. Natale nella propria chiesa il Padre Rosetti gesuita nostro concittadino, che con un fervore, et un sapere uguale ha portato il vanto di un perfetto oratore”.

Pupazzi senza pubblico

È ancora il 1720 e i giorni delle vacanze natalizie della Forlì del tempo sono caratterizzati da una serie di spettacoli senza successo. In particolare: “Il secondo giorno di Natale, una compagnia di pupazzi diede principio ad alcune recite nel publico Teatro che durarono fino alli 6 del venturo Genaro e questa breve durata fu cagionata dal poco concorso, che li fece mutar paese benché non fossero dispreggiabili affatto”. 

Un matrimonio clandestino

Il 1721 inizia con uno scandalo, chissà quanti pettegolezzi! Un matrimonio “clandestino”, o surrettizio, viene celebrato con il “maneggio” del Merendi. I contorni non sono chiari, le conseguenze neppure, ci si limiti a immaginare i tentennamenti della sposa. Ecco questa storia: “Sul principio di quest’anno novo diede molto da discutere ne circoli il matrimonio sureticio, o clandestino, contratto dal sign. Baldacci con la sig.na Boni alla Pieve di Corleto, sul teritorio Faentino con il maneggio del sig. Fabrizio Merendi impegnato per far sortire a qualunque costo questo matrimonio, pretendendo di anullare, con quest’atto invalido, li sponsali seguiti l’antecedente mese a Bagnacavallo, colla presenza di un zio della sposa, con il figlio di Balasso, per lo ché essendo stati costanti per molti mesi tanto lo sposo che il Padre nelle loro giuste pretensioni, vedendosi in fine a forza di maneggi svoltato il genio della sposa prudentemente cessero tutte le loro ragioni al Baldacci che in termine di pochi giorni sposò giuriddicamente la tanto contrastata, e forse a quest’ora pentita, sposa”. 

Si parla di

Di che si parla a Natale?

ForlìToday è in caricamento