rotate-mobile
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Forlì città del trotto

Nell’Ottocento, i Giardini Pubblici si trasformavano di tanto in tanto in ippodromo. Nel 1880 sarebbe nato Paolo Orsi Mangelli, pioniere dell’ippica.

Nei tardi pomeriggi estivi di metà dell’Ottocento, i Giardini Pubblici si trasformavano saltuariamente in ippodromo. Il percorso si sviluppava in poco più di trecento metri, per quel che si sa. Analoghe manifestazioni furono poste in essere tra il 1856 e il 1882: corse di sedioli, fantini, biroccini. La folla stupita si assiepava respirando la polvere sollevata, spronando questo o quel quadrupede in un luogo che oggi non ha conservato traccia di tale antico uso. In una corsa del 1882, in particolare, vinse Vandalo, il più grande trottatore dell’Ottocento. 

Nato successivamente all'unità d'Italia, fu il primo cavallo capace di entrare da campione nel cuore di un popolo che aveva appena cominciato a essere italiano. Per merito suo nacque il tifo nazionale elevando il trotto a primo sport popolare. Il suo primo proprietario, Vittorio Emanuele II, lo aveva scartato poiché indomabile pertanto ben poco mansueto. Restituito all'allevatore, vinse circa trecento corse. Chiuse l'era del trasporto animale per aprire l'era dei motori; Vandalo, dunque, rappresentava una sorta di passaggio ideale tra il cavallo e il cavallo-vapore, e ciò avveniva proprio in un lembo d'Italia in cui tutt'ora ribolle il culto della velocità. 

Poco altro delle primitive corse forlivesi oggi si conosce, se non che proprio in quegli anni l’ippica divenne un passatempo di successo tra la gente romagnola. Erano in attività alcune piste, o ippodromi molto semplici, a Forlì, a Lugo, e quello di Faenza appariva particolarmente vivace. Da queste parti, infatti, prima delle moto, la passione era a quattro zampe. Sarebbe clamorosamente sfumata, più tardi, l’occasione di rendere a Forlì un ippodromo propriamente detto, un impianto stabile e definitivo, cosa che era già posta in essere da qualche lungimirante imprenditore. La consolazione che resta è che, si può dire, il trotto nacque nella città ordelaffa per opera di un appassionato imprenditore: Paolo Orsi Mangelli. Mentre il galoppo è più aristocratico, il trotto era preferito dalla piccola e media borghesia: sarà però il conte di Forlì a dare una svolta all'andatura equina, rendendola competitiva in senso moderno. Non era certo una novità: il trotto discende direttamente dalle corsa delle bighe. Nato nel 1880, il nobile forlivese conseguì la prima vittoria da dilettante nel 1910 con la cavalla anziana Charming Daisy che di tanto in tanto guidava sfidando gli amici tra i lunghi filari di pioppi delle proprietà paterne. Da allora la sua passione per l'ippica non si sarebbe più arrestata. L'anno successivo cavalcava Babau con cui vinse diversi premi. 

Impiantò la sede della sua attività equestre nel bolognese, a Le Budrie, nei pressi di San Giovanni in Persiceto: qui ebbe i natali la scuderia "OM", nota non solo in Italia per i suoi cavalli trottatori. Nel 1933, infatti, decise di puntare sull'allevamento. Dopo aver comprato un'intera fattoria americana con stalloni e fattrici di inclita stirpe, rinnovò con il sangue del Nuovo Mondo il cavallo trottatore italiano. Fece sua anche una tenuta ad Anzola, fatto che ampliò le possibilità del suo allevamento. Porta il suo nome una legge del 1942 che regola le scommesse sulle corse degli ippodromi. Nel 1948 sarebbe stato eletto presidente dell'Unione proprietari trotto per un anno. Romagnolo dal carattere aperto e cordiale, rigoroso e generoso ma di tanto in tanto burbero, fu per lungo tempo ricordato mentre sfrecciava con cavalli di razza attaccati a calessi dalle lunghe stanghe che si snodavano per le vie del centro di Forlì. 

Del forlivese Orsi Mangelli, più noto in città per le vicende industriali che hanno caratterizzato il capoluogo romagnolo per parecchi decenni, è forse necessario spolverare qualche ricordo giacché fu un personaggio eccezionale. Alla sua morte, poco più di quarant'anni fa, venne pressoché ignorato e la sua figura non è stata presa - salvo scarse eccezioni - in considerazione per qualche importante studio. Chi se ne intende, sa invece ch'è considerato il massimo proprietario e allevatore che l'Italia abbia avuto nel Novecento. Nella sua scuderia ebbe campioni come Diaspro che nel 1958 vinse il Gran Premio d'Europa a San Siro stando in testa per tutta la gara nonostante la concorrenza agguerritissima. La sua passione determinò l'affermazione definitiva del trotto nazionale. La città, nel frattempo, resta senza ippodromo (tipo di struttura che recentemente ha dovuto fronteggiare una crisi feroce) ma si può consolare con maneggi, almeno una scuola di equitazione, e per anni si è svolta in fiera un'importante Mostra del Cavallo, ripetuta lo scorso settembre. 

Si parla di

Forlì città del trotto

ForlìToday è in caricamento