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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Forlì e le piazze mutanti

Aree del centro storico sono diventate piazze in tempi recenti. Prima cos'erano? Ecco come si è trasformato, in una manciata di secoli, il cuore della città.

Chi, da fuori, ignorando completamente questa città, si aggirasse nel centro storico, rimarrebbe stupito dall'ampiezza delle piazze che lo contraddistinguono. E' sempre stato così? Invero è il centro storico ad essere, per i forlivesi, "piazza". L'espressione "andare in piazza", infatti, qui significa molto di più di qualcosa circoscritto alla statua di Saffi; parlando di un negozio, si dice che "è in piazza" volendo dire che è "in centro". 

Fatta questa opinabile premessa, v'è da dire che a Forlì di piazza propriamente e storicamente detta ce n'è una, ed è il già Campo dell'Abate, dedicato poi a Saffi. Tempo fa, infatti, non c'erano piazze ma Campi. Ed è un peccato che questo antico termine, proprio di una città al cui interno si sono da sempre conservati orti, sia andato perduto. Come accade a Venezia, si potrebbe conservare il nome "piazza" solo per una, dedicata a Saffi. Tutti gli altri, in un futuro romantico, potrebbero tornare a essere Campi. Vero è che la città vanta anche un altro polo: la doppia piazza del Duomo - Ordelaffi, che, seppur vasta, resta ferma nella sua bellezza algida, silenziosa e distaccata. Piazza Saffi, nei suoi mille anni di storia, ha invece subito numerosi cambiamenti e conserva tracce di vissuto, anche se ci si auspica, nella sua ampiezza smisurata, una maggiore frequentazione. 

Altre piazze sono il risultato di smembramenti, spazi vuoti per molteplici ragioni, pertanto possono definirsi inventate. Quali sono? Piazza Guido da Montefeltro ha trascorso diverse vite: da largo conventuale a quello che s'osserva oggi, passando per spazi militari. La prima, antistante al complesso conventuale di San Domenico, si chiamava, appunto, Campo San Domenico e si perdeva tra gli orti che per secoli erano stati protetti dalle mura. Con la militarizzazione del convento sconsacrato, lo spazio è stato poi destinato a usi industriali: la fabbrica di feltri dei fratelli Bonavita (1888) la cui ultima testimonianza, la ciminiera, è stata abbattuta con eccessiva leggerezza nel 1981. Nell'immagine del 1926, si osserva come questa piazza non esistesse, essendo interamente occupata dallo stabilimento industriale. Fino a tempi recenti si distingueva un ampio sterrato a uso di parcheggio tra polvere e pozzanghere: d'estate sede di spettacoli e di acrobazie motociclistiche; la piazza, di fatto, era un vuoto desolante. Su esso, a metà degli anni Ottanta, sarà poi definito il discusso parcheggio di Maurizio Sacripanti, seminando cemento sugli antichi orti e innalzando la cosiddetta Barcaccia, quando si era persuasi di stravolgere l'area di San Giacomo e San Domenico per realizzare un grande teatro. Il teatro, secondo gli intenti del progetto approvato nel 1976 ma rimasto sulla carta, avrebbe comportato la completa demolizione del San Domenico per utilizzare San Giacomo come palcoscenico. Difficile comprendere e giustificare anche solo l'idea di azzerare un complesso conventuale per innalzarvi un moderno auditorium da duemila posti però sembrò cosa fatta per almeno un decennio. Ciò che fu realizzato è il cosiddetto parcheggio bunker pavimentato in principio con un materiale sintetico verdastro usato nei ponti delle portaerei. Nonostante la resistenza immaginata, il manto si sbriciolò fino ad esser sostituito con quello attuale. Da qualche anno si prevede di cassare il parcheggio a raso, ricco di spigoli di cemento seppur utile e con firma architettonica, per renderlo giardino. Per quanto riguarda la vicina piazza Dante Alighieri (conosciuta anche come piazza del Vescovo), anch'essa era lo spazio vicino a un convento, quello degli agostiniani. Pertanto era detta Campo Sant'Agostino. Infatti, fino all'incirca al monumento ai Gialli del Calvario, la piazza era occupata da Sant'Agostino con la facciata su via Romanello. Della chiesa, danneggiata dal terremoto del 1781 e demolita vent'anni dopo, non è rimasto niente, perfino il bel campanile è svanito dalla memoria dei forlivesi. E' stata risparmiata una parte del convento oggi sede della Guardia di Finanza. Secondo un progetto postunitario, questo quadrante della città, da quartiere dei conventi sarebbe dovuto diventare quartiere militare: una grande caserma, una città nella città, com'era auspicato nel 1862. Cosa che sarà realizzata solo in parte e che, in ogni modo, comporterà perdite insanabili. All'abbandono della destinazione militare del glorioso convento di San Domenico, si accompagnerà il suo degrado finale (nel 1978 rovinò buona parte del tetto di San Giacomo), recuperato solo negli ultimi anni con la rinascita sotto gli occhi di tutti. 

Un'altra piazza "mutante" è quella dedicata a Morgagni. Si chiamava Campo San Pellegrino e per lungo tempo aveva conservato un aspetto piuttosto diverso da quello attuale. Infatti, era occupata in parte, sbarrando così la via Mercuriali, da un politeama: il Teatro Santarelli, edificato nel 1835. La sua demolizione allargherà decisamente la prospettiva del Campo, che potrà così definirsi piazza. Nel 1931 assumerà la forma attuale: aperta via Mercuriali e con la collocazione, al centro, della statua del Sommo anatomico, fino ad allora conservata all'interno del palazzo della Missione. Delle panchine semicircolari, ideale ritrovo per bambini, e delle siepi curate non ci sono più tracce. Meriterebbe qualche attenzione in più anche perché ha una sua peculiarità. Si tratta, infatti, della piazza meno "forlivese": si presenta piuttosto angusta e chiusa, austera nella sua intimità: complici pure i lecci che impediscono allo sguardo la prospettiva e, sviluppatisi in modo abbondante, nascondono la facciata pudica della Basilica di San Pellegrino. 

Si è già diffusamente scritto di piazza Cavour, oggi un'enorme distesa che significa profonda ferita: al posto del sontuoso palazzo Orselli, danneggiato dall'ultimo conflitto e frettolosamente fatto sparire nei decenni successivi, si trova l'omonimo Giardino. Fino a pochi anni fa vantava curiosi giochi d'acqua che richiamavano alla presenza del canale sotterraneo. Nell'estate del 2011 furono avviati lavori di necessaria riqualificazione che tuttavia fecero sparire le curiose vasche d'acqua (anche con qualche cascatella) e i graziosi ponticelli di legno. La piazza propriamente detta, fino al 1860 era chiamata Campo San Francesco perché per una buona fetta era occupata dall'omonima grande chiesa la cui storia si è conclusa ai primi vagiti del secolo XIX. Senza l'ampio luogo di culto, con la lacuna colmata dal giardino, ora la piazza è uno spazio arioso: il risultato sorprendente, però, non ha pregio rispetto a quanto si è perso. Piazza del Carmine ha una vicenda tormentata, e si vede. Era separata in due parti da una fila di case che oggi non c'è più. La parte più vicina a corso Mazzini era detta piazza Savonarola. L'altra parte oggi è la parte del parcheggio verso via Tre Mori. Si noti che ancora esiste un'iscrizione, su un palazzo, che testimonia questa doppiezza, indicando le piazze del Carmine "I" e "II". L'attuale spazio ha risentito degli interventi urbanistici del Ventennio e dagli scempi della guerra: fino agli anni Ottanta era evidente lo sventramento di una casa (con le piastrelle del bagno in bella vista), rimasto come monito dell'orrore bellico per decenni. Oggi è stato tamponato da una parte del parcheggio, perpendicolare al murale dipinto da Millo. La guerra ha snaturato la piazzetta Modena, poi della Misura. Era uno spazio angusto costeggiante il Teatro. Del prestigioso edificio pubblico resta solo la traccia ripresa sulla pavimentazione, la lacuna ha creato la piazza attuale. Un voltone, non più esistente, la collegava alla più intima piazza XC Pacifici, chiamata in passato piazzetta del Tacchino, cortile del palazzo Comunale. Qui, all'alba del secolo XXI, fu disegnato, nella pavimentazione in sasso, un bello stemma di Forlì. Soggetto all'inevitabile azione del tempo, non è stato più ripristinato: un esempio di decoro urbano ha così avuto vita piuttosto breve, sperando che si pensi alla sua rinascita. Ancora la guerra segna la fine della piazzetta San Biagio, ora dedicata a don Garbin. Fino al bombardamento era uno spazio con lo storico porticato (solo in minima parte ripristinato), oggi è sospeso tra la freddezza anni Cinquanta e l'incertezza complessiva di un'area che ancora piange le ferite subite nell'orrida sera del 10 dicembre del 1944. 

La piazza per eccellenza, già Campo dell'Abate, fino agli anni Trenta del Novecento era più ridotta: appariva di forma romboidale e gli antichi palazzi che hanno dovuto far spazio al massiccio intervento delle Poste e Telegrafi erano più avanzati, rendendo così la piazza, da quel lato, minore. Su quello in cui nel 1999 sarebbe sorta la criticata pensilona in ferro, ghisa e legno costata seicento milioni di lire, vista come ingombrante intrusa da parecchi forlivesi. Nel retro, la piazza XX Settembre, già piazza Nuova, si presentava quale un ampio largo incorniciato da un porticato oggi scomparso, un elegante pavaglione che oggi merita rimpianto. Nel frattempo, sarebbe in lungo tempo sorto il Tribunale, quasi un'astronave atterrata con poca discrezione su un isolato. Ora, visto che a Forlì sembra che le piazze amino mutare, cosa potrebbe accadere nel futuro?

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