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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Storie di miracoli "minori"

Tre prodigi poco noti hanno avuto luogo, in tempi diversi, nelle campagne forlivesi. Cosa accadde a Maria di Minghino?

Sotto la scorza dura e ghibellina, Forlì nasconde un'intima devozione mariana. Va da sé che tutti conoscono la vicenda della Patrona, la Beata Vergine del Fuoco. Meno note sono la storia della Madonna della Ferita che pure si conserva in Cattedrale, dal lato opposto alla Madonna del Fuoco. Si tratta di un fatto registrato il 15 aprile 1490: una mano colma di rabbia colpì con una stilettata il volto di un'immagine mariana affrescata. Dai colpi si forma un taglio da cui esce sangue, sangue che si cicatrizzerà. L'episodio fu definito miracoloso e venne edificato un Santuario inglobato poi nella cattedrale che oggi è la cappella del Santissimo Sacramento. In essa, nell'altare a sinistra, è custodita la Madonna della Ferita. Tralasciando (sarebbe meglio approfondire in altre occasioni) ulteriori prodigi legati a immagini mariane, si provi a uscire dal perimetro urbano per indagare su alcuni episodi di alto attaccamento devozionale dalla lunga e antica tradizione forse oggi un po' sbiadita. 

A Durazzano, verso Ravenna ma nella diocesi forlivese, il 7 maggio 1562 la Madonna visitò una giovane contadina chiamata Maria di Minghino. La ragazza, dal nome comune e popolare, caro alla gente semplice di queste parti, fu testimone di un accadimento straordinario: un'apparizione privata. Forse perché lontano dalla storia, forse perché in terra di gente umile, tale vicenda oggi non è conosciuta quanto meriterebbe. Maria di Minghino, dunque, stava pascolando una giovenca quando le apparve la Vergine: ciò si ripeté tre volte e, durante i colloqui, la Vergine espresse il desiderio che ivi sorgesse una celletta con un altare. Ciò è rappresentato nel dipinto di Pompeo Randi del 1864 intitolato, appunto, Apparizione della Madonna a Maria di Minghino dove (nell'immagine) si nota la giovane a capo coperto inginocchiarsi davanti alla Madonna che stringe col braccio sinistro una croce. Lo sfondo è immaginifico con un borgo che spicca su un rilievo e monti in lontananza. Potrebbe essere il profilo di Bertinoro? L'opera originale è custodita nel Palazzo vescovile di Forlì, una copia è nella chiesa parrocchiale di Santa Maria di Durazzano inaugurata nel 1961 dopo che la precedente fu distrutta dai tedeschi il 29 ottobre 1944. In ricordo di questo avvenimento, la festa parrocchiale è stata spostata dalla seconda domenica di settembre (Natività di Maria Vergine) alla settimana del 7 maggio e già da qualche anno, in tale giorno, si celebra la Santa Messa preceduta dalla processione con il Quadro, dalla Celletta alla chiesa parrocchiale. 

Situata sempre in territorio ravennate ma in diocesi forlivese, merita attenzione il Santuario della Beata Vergine di Sulo. Nel 1618 Paolo Gambi e figlio Pietro erano alla fiera di Lugo quando il ragazzo vide una rozza ceramica in cui era l’effigie della Vergine col Bambino. Pregò il padre di acquistarla. Fu esaudito, e la portò alla sua villa a pochi passi dalla chiesa di Sulo. Come si voleva a quei tempi fu deliberato di appenderla ad un albero secco vicino alla villa. Dalla mattina seguente iniziò una serie di miracoli poi autenticati dall’autorità ecclesiastica. L'albero secco era diventato verde e fiorito, in seguito l'immagine mariana fu collocata nella chiesa risalente al 1692. Quindi si registrarono ciechi che riacquistarono la vista, persone tormentate da spiriti maligni che ne furono liberati, siccità interrotte da piogge abbondanti. Particolarmente cara alle madri, la Beata Vergine di Sulo dispensa grazie e benedizioni: il 29 settembre prossimo ricorrerà il 400esimo anniversario del primo miracolo. 

Vicenda simile è accaduta per la Madonna della Rovere. La quercia che ha dato il nome alla frazione tra San Varano e Terra del Sole, affonda le radici, infatti, ai tempi di Giovanni d’Appia. Poi, nel Seicento, un devoto fece dipingere un ritratto della Madonna del Fuoco e lo appese all’antica rovere non distante dalla chiesa di San Pietro in Arco. L’immagine, già nel 1629, fece prodigi: si narra che abbia ridato la vista a ciechi e compiuto altri miracoli, tanto che i forlivesi tenevano nelle proprie case un ramoscello tratto da questa rovere. L’immagine fu poi collocata nella chiesa di San Pietro in Arco dal vescovo Cesare Bartolelli, fin quando fu costruita una celletta nel luogo in cui si trovava la quercia. La celletta subì un rapido degrado a partire dal dopoguerra, il traffico di via Firenze rendeva impossibile le processioni, e non di rado il piccolo luogo di culto venne investito da automezzi o fu oggetto di atti di vandalismo. Poi la celletta rovinò soffocata da piante parassite. Nel 1974, inoltre, l’immagine contenuta fu rubata e fu sostituita da una sua fotografia in bianco e nero, acquerellata da don Mario Forani. Ripristinata da qualche anno, in seguito a un concorso è stata scelta la nuova immagine ora custodita nella celletta. Il tema, in stile semplice e popolare, doveva ispirarsi alle immagini della Madonna del Fuoco di Forlì e della Rovere: Madonna col Bambino, sole e luna negli angoli superiori. Ai lati le immagini di San Pier Damiani e San Romualdo. In basso Sant’Antonio da Padova, San Pellegrino Laziosi, San Pio da Pietrelcina, Teresa di Calcutta o altri Santi oggi venerati. Il Comitato parrocchiale esaminò le opere scegliendo e acquistando la vincitrice. 

Una certa quantità di altre devozioni tradizionali ha una lunga storia nelle campagne immediatamente a ridosso della città: a prova di ciò si scorgono le non poche cellette che occhieggiano, con ceri e fiori, a ridosso delle strade. 

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