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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Forlì e i dodici Papi

Pur essendo ghibellina per antonomasia, Forlì è stata visitata da numerosi Pontefici che furono accolti con un apparato festoso e caloroso. Quali successori di Pietro soggiornarono in città?

Forlì, città ghibellina per antonomasia, nella sua storia ha ospitato almeno dodici Pontefici. 
L'ultimo della lista è (per ora) San Giovanni Paolo II che trent'anni fa fu acclamato in città, momento importante della storia urbana di cui molti conservano il ricordo. Si apprende del passaggio probabile di almeno altri due: Nicolò V (860) venne in Romagna per sedare i soliti dissidi interni, Adriano III poco prima di trovare la morte nel modenese nell'885. E chissà quanti altri saranno transitati da qui. Non si può non citare Pasquale II (eletto nel 1099) che fu a Forlì, se non come Papa, come monaco vallombrosano tra Fiumana e San Mercuriale e, tra l'altro, era originario dell'alta valle del Bidente. Senza contare un cardinale forlivese, Fabrizio Paolucci, che per un soffio Papa non fu: papabile più forte per ben due conclavi (1721 e 1724) gli fu impedito il soglio di Pietro per il veto dell'Imperatore d'Austria (allora poteva andare così). Il cardinale forlivese, comunque, ricoprì incarichi importantissimi a Roma e grazie a lui Forlì ebbe il palazzo della Missione (ora della Provincia) e il palazzo Paolucci de Calboli a due passi dall'Abbazia di San Mercuriale. 
Quali altri Pontefici soggiornarono in città?

Martino V fu a Forlì sabato 18 febbraio 1419. Entrò in città di sera, con cinque cardinali e alti prelati, attraversando Porta Schiavonia. In Duomo benedisse il popolo entusiasta e, uscitone, salì a cavallo precedendo il tabernacolo che conteneva il Santissimo circondato da ceri accesi e da sei cavalli bianchi. Giunse in piazza (ora Saffi) dove fu acclamato dalla folla con rami d'ulivo. Il Palazzo (ora Municipio) era adornato con drappi bianchi e rossi e qui, in una camera con stoffe d'oro, riposò. Il giorno dopo ricevette Lucrezia, moglie di Giorgio Ordelaffi, e seguì la cerimonia del baciapiede che, per la folla, proseguì fino a sera. All'imbrunire, Giorgio Ordelaffi ricevette la benedizione papale e quindi fu legittimato a governare Forlì. Lunedì si affacciò per guardare dall'alto il mercato, il più fornito della Romagna, e il giorno dopo, alle undici, si sporse ancora dal Palazzo con una croce in mano per benedire una folla di diecimila persone. Ripartì poche ore dopo alla volta di Castrocaro, per raggiungere Firenze ove non sarà accolto con altrettanto calore. 

Giulio II visitò Forlì dal 9 al 17 ottobre 1506 e il 25 febbraio 1507. Dal 1504 si poteva considerare “Papa Re” in quanto lo Stato forlivese fu assorbito da quello Pontificio. Così, con 18 cardinali e cinquecento cavalieri, visitò i suoi nuovi dominii. Durante la prima permanenza, il Santo Padre entrò dal ponte del Ronco dove fu acclamato da numerosi giovani. Cavalcava una mula bianca finemente adornata preceduta dal Santissimo Sacramento in una preziosa teca protetta da un panno d'oro. Fu ricevuto a Porta Cotogni dai maggiorenti che gli offrirono le chiavi della città ma egli le rifiutò con dolci parole. Raggiunse la piazza sotto un baldacchino al suono di campane, trombe e pifferi. Un'ampia porta posticcia fungeva da arco trionfale per l'ingresso in piazza: porta che si aprì all'arrivo della processione e si chiuse una volta terminata. Quindi il Papa ascoltò alcuni versi poetici in lingua forlivese, in seguito il corteo proseguì verso la Cattedrale. Dopo la messa, fu portato sulla sedia gestatoria nel Palazzo dove fu alloggiato nella camera delle ninfe. Soldati, corte e cardinali furono distribuiti tra conventi e famiglie aristocratiche. Visitò più volte la Rocca di Ravaldino. Il giorno 14, in forma solenne, la cittadinanza forlivese giurò fedeltà al Papa. Il 17, però, nonostante tutto l'apparato di sicurezza, qualcuno rubò baldacchino e preziosi paramenti d'oro. 
Giulio II tornerà a Forlì l'anno successivo ma questa volta quasi in forma privata: tra i luoghi visitati, la Rocca e Fornò. 

Clemente VII onorò Forlì con la sua presenza due volte: il 25 ottobre 1529 (andata) e il 1° aprile 1530 (ritorno). Era una delle tappe in vista dell'incoronazione di Carlo V. 

Paolo III transitò a Forlì nel 1541. Di questo passaggio rimangono documenti che testimoniano quanto il Papa stimasse la neonata magistratura dei Novanta Pacifici di cui promosse l'attività di pacificazione tra le opposte fazioni che allora dilaniavano non solo Forlì, ma anche tutta la Romagna. Pochi anni dopo sarebbe iniziato il Concilio di Trento.

Clemente VIII entrò in città il nei primi giorni di dicembre del 1598 da Porta Schiavonia con prelati, cavalieri e fanteria preceduti dal Santissimo Sacramento. L'accoglienza all'ingresso della città fu data dalle autorità locali e da dodici fanciulli vestiti di damasco bianco che agitavano rami d'ulivo argentati. Furono offerte le chiavi della città ma il Santo Padre le restituì in quanto certo della fedeltà dei forlivesi. Quindi procedette in lettiga verso il Duomo, accolto da folla festante e archi costruiti in suo onore. Dopo la messa di ringraziamento, si recò a Palazzo per la cerimonia del baciapiede. Partì da Forlì il 3 dicembre: si fece condurre alla Porta di Ravaldino da una mula bianca e concesse il titolo di cavaliere ai giovani che l'avevano servito. Quindi raggiunse Meldola, Forlimpopoli e tornò a Roma.

Pio VI, romagnolo, fu nelle vesti papali a Forlì il 7 marzo 1782 per venerare la Madonna del Fuoco. Due anni dopo, concesse una messa e un ufficio propri per la Patrona.

Pio VII, altro romagnolo, venne a Forlì il 15 aprile 1814. Era notte: ricevette, a Porta Schiavonia, l'omaggio del prefetto e del podestà. Le campane suonavano a festa, un ingente numero di persone accorse arrampicandosi perfino sugli alberi e scavalcando siepi pur di essere il più vicino possibile alla carrozza. Ci fu chi staccò la vettura dai cavalli per tirarla a mano fino al Duomo solennemente apparato. Accolto dal Vescovo, si diresse sotto il baldacchino verso la cappella della Madonna del Fuoco. In piazza c'erano trentamila persone e il Papa entrò a Palazzo tra acclamazioni e applausi. Fu una visita veloce ma spettacolare: di notte la città era così illuminata che sembrava giorno. Per il clamore suscitato, il podestà Antonio Gaddi (marito di una nipote del Pontefice), agli sgoccioli dell'epoca napoleonica, mutò il nome di Borgo Cotogni che così divenne Borgo Pio, e l'attuale piazzale della Vittoria fu chiamata piazza Pia. Sul luogo dell'incontro del Papa con le autorità cittadine era stata costruita una celletta dedicata a Maria del Divino Amore. Fu in piedi fino agli anni Sessanta (del Novecento), quando venne abbattuta per far spazio alla pista ciclabile (sic!) e ricostruita in stile moderno un po' più all'interno rispetto al bordo stradale. 

Dal 3 al 5 giugno 1857 fu a Forlì Pio IX. Il suo arrivo fu salutato dal fragore dei cannoni e accompagnato dalle bande cittadina e svizzera. Entrò da Borgo Pio, e anche in questo caso la gente era stipata in ogni dove. Le autorità scortarono il Papa fino al Duomo (in piedi sulla carrozza a capo scoperto). Dopo la messa, a piedi si recò nel Palazzo dal cui balcone si affacciò e il popolo ricevette la benedizione a capo chino. In piazza fu collocato un “tempio della pace” con oltre trecento lumi, struttura creata per l'occasione e smantellata subito dopo. Il giorno successivo, accortosi che l'altare del Duomo era di legno, s'impegnò a procurare per Forlì un altare più appropriato, in marmi di Roma, cosa che avvenne nel 1860. Fu ospite di conventi ed enti assistenziali, quindi accolse tanta gente desiderosa di parlare. Il Pontefice non prese parte al pranzo ufficiale di Stato perché preferì mangiare da solo. Per la seconda sera forlivese, dopo la cerimonia del baciapiede, si accese una macchina di fuochi d'artificio particolarmente spettacolare. 
Il 5 giugno era all'ospedale (Palazzo del Merenda) per visitare gli infermi. Il bilancio della visita, proprio per l'accoglienza calorosissima, fu straordinario e fu l'ultima volta di un Papa a Forlì fino al 1986 e l'ultima come sovrano dello Stato Pontificio. 

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