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Martedì, 23 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Il "caso" delle panche blasonate

In centro, c'è una chiesa che, per altri motivi, è bellissima. Ma forse non tutti notano un particolare che la rende ancor più interessante.

C'è chi dice che sia la più bella di Forlì e su di essa c'è un'ampia bibliografia. Ma la chiesa del Carmine, fulcro del Borgo San Pietro, racchiude una particolarità che non tutti notano. Nella navata ci sono due file di panche (18 per fila), robuste e pesanti, massicce, verniciate con una tinta di grigio e verde. Come accade in ogni chiesa, le panche recano un cartiglio, nel retro, col nome della famiglia o della persona cui è dedicata alla memoria o che ha contribuito a fare un'offerta. Le sedute delle chiese, quindi, “parlano” e sarebbe interessante, se ci fosse ancora qualche discendente o conoscente, apprendere le storie dei donatori. Alcune di esse, però, hanno una particolarità: sono ornate da stemmi araldici di buona fattura, talora recano graffi, ma complessivamente sono ben conservati. Pare, appunto, che questo, almeno a Forlì, capiti solo nella chiesa dedicata a Maria Annunziata, meglio conosciuta come “del Carmine”.

Sui blasoni appoggiano le schiene i fedeli, alcuni proprio non se ne accorgono, altri, specialmente i bambini, ne colgono i tratti come “gioco”, specialmente in quello in cui compaiono degli uccellini (nella foto). Gli appassionati di araldica si potranno divertire a cercare tra le panche e anche altrove vari stemmi, non certo una novità per le chiese di un tempo. Come, per esempio, quello di padre Luigi Laghi (aquila bicipite coronata e onde), Priore Generale dell'Ordine Carmelitano quando, nella prima metà del Settecento, fu ampliata la chiesa. Se ne troveranno altresì incastonati in alcuni altari laterali oppure è ben evidente sul pavimento il grande scudo dei Carmelitani (ordine che per oltre seicento anni ha custodito il luogo di culto fino al 31 maggio 2015) con le tre stelle a otto punte e il colore bianco alternato al più scuro tanè. Se fosse solo questo, sarebbe più o meno nella norma.

Vero è che, come detto, ce ne sono anche sulle panche, a testimonianza di offerte o donazioni fatte dalle famiglie (nobili o meno) credenti. I blasoni di cui si tratta, infatti, appartengono all'aristocrazia ma non solo: vi sono pure borghesi, possidenti. La differenza, come chi è del ramo sa, sta nella corona. In alcuni casi, i nomi indicati dal cartiglio dietro la panca corrispondono esattamente allo stemma, in altri casi probabilmente no. Se qualcuno avesse informazioni più dettagliate, prego inviarle alla pagina Facebook di questa rubrica (@ilforodilivio). Sull'origine di tali panche, nell'opuscolo “Ianua Templi” (1915), pubblicato in occasione della collocazione, sulla facciata del Carmine, del bel portale marmoreo che un tempo ornava l'ingresso del Duomo, si intuisce, attraverso un paio di foto, che il pavimento era grezzo, si notano molte sedie e poche panche, forse sei per parte. Vi si legge, tra l'altro: “La Chiesa ha bisogno di grandi restauri e, in questi ultimi tempi i Religiosi, coadiuvati dalle elemosine dei Forlivesi, sono riusciti a fare i nuovi impiantiti a tutte le cappelle e sarebbe già stato condotto a termine l'impiantito della grande navata se la guerra non fosse venuta ad impedirlo”. Per chi non lo sapesse: impiantito è sinonimo, più o meno, di pavimento. In effetti, nella foto si nota che ancora non si vedono le mattonelle quadrate in graniglia bicolore. Il “novo pavimento”, come si legge nell'iscrizione in latino prossima al presbiterio, fu terminato “Anno Domini MCMXXXI”. È plausibile che entro il 1931 furono collocate anche le panche blasonate.

Vi si leggono nomi aristocratici e nomi popolari, in ordine sparso, sei sul lato destro (Paulucci, Morgagni-Amadio-Fabbri, Enrico e Geltrude Pettini, Savorani, Bondi, In memoria di Paolo Baldini) e sei sul lato sinistro (Conti Orsi Mangelli, Famiglia Frassineti, Giuseppina e Orestilla Fabbri, Geltrude Mambelli, Luigia Camporesi, Gaetano Sughi).

Delle 18 panche, tutte con dedica, le seguenti sono blasonate:

Orsi Mangelli: il manzo dorato è davanti a un pino su fondo turchino. Lo stemma, purtroppo, mostra graffi bianchi ma è inequivocabilmente quello della famiglia citata.

Frassineti: campeggia un pino ma questa volta su fondo rosso. La corona è un anello, pertanto non proprio nobiliare. Accanto al pino, due volatili speculari passeggiano su un prato piuttosto scuro.

Fabbri: stemma complesso e diviso in quattro parti, ricco di simboli araldici tipici: gigli, stelle a otto punte, una rosa. Sulla metà inferiore, rosa e blu, campeggia un quadrupede appoggiato su un ramo. Questa parte ricorda il leone degli Aspini. Accanto, un singolare triangolo d'oro.

Mambelli: anche qui la corona non è propriamente nobiliare, sembra più un nastro. Il fondo è celeste e, accanto a un sole che, con i suoi raggi, lascia trasparire un volto che ammicca a una coppia speculare di stelle a otto punte. Sotto, divisi da una fascia paonazza, tre cipressi.

Camporesi: sotto tre stelle a otto punte dorate su campo blu campeggia un'aquila nera, coronata, su fondo grigio: stringe nel becco un serpente e ghermisce una penna (o un ramo) nero e una bianca.

Sughi: altre tre stelle a otto punte dorate su fondo blu, in alto. Al centro tre gigli in campo rosso e sotto una pianta che sembra una spiga di grano spampanata tra la nebbia.

Paulucci: la corona è importante e lo stemma pure. Una rosa bianca nel primo quarto su fondo rosso sovrasta tre fasce nere fra tre fasce d'oro. A metà, una striscia bianca gigliata di rosso. L'altra metà dell'arme è occupata da una mezza aquila nera su fondo oro. È proprio dell'inclita stirpe.

Morgagni-Amadio-Fabbri: il blasone, con corona semplice, nella parte superiore è verde oliva e bianca, e sotto, su fondo bianco, una mezza luna disposta a mo' di sorriso. Le due parti sono intervallate da una fascia blu con le classiche tre stelle dorate a otto punte.

Pettini: colori dominanti: turchino (sopra) e bianco (sotto). In alto le tre stelle dorate a otto punte, in basso una freccia nera che indica la scritta, centrale e su fondo oro: “Pro fide”.

Savorani: complesso arzigogolo dorato su fondo turchino. Sembra più che altro un monogramma (ictu oculi pare “G C”). La corona, semplicissima, è rossa.

Bondi: sotto la semplice corona rossa, uno stemma tripartito. In alto, aquila nera su fondo turchino, sotto, un'ancora nera immersa nel bianco. A metà, una fascia rossa. Si tratta dei Bondi allora residenti alla Pianta, tra viale Gorizia e via Cadore. È proprio di tale famiglia.

Baldini: la corona è nobiliare e lo stemma è su fondo oro. In alto, un'aquila nera, sotto, tre fasce nere. Il cartiglio della panca recita: “In memoria di Paolo Baldini” ma lo stemma è quello dei conti Guarini.  

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