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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Il compleanno di corso Mazzini

Il 10 marzo 1878, al Borgo San Pietro fu dato il nome attuale. Se l'Ottocento cambiò il nome, il Novecento lasciò interventi che snaturarono l'estetica della via.

Il 10 marzo 1872 muore il genovese considerato l’apostolo del Risorgimento. Giuseppe Mazzini aveva 66 anni quando spirò a Pisa: la voce si sparse a Forlì e i repubblicani locali furono pervasi dalla commozione. Chi c’era, annoterà che la città si presentava vestita a lutto: negozi semichiusi, bandiere abbrunate, lampioni oscurati, manifesti listati in nero di tutti gli enti e associazioni tappezzavano i muri della città. Il cordoglio forlivese si palesò forse ancor più accentuato quando la salma fu portata a Genova, allora si vedevano coperte e veli neri ai balconi. 

Il 10 marzo 1878 può considerarsi la nascita di corso Mazzini, infatti una targa con questo nome venne affissa al posto della precedente (“Borgo San Pietro”), dopo una delibera comunale che aveva previsto il mutamento di denominazione sei anni dopo la sua scomparsa. Nello stesso 1878 erano morti anche Vittorio Emanuele II (9 gennaio) a 58 anni non compiuti, e Pio IX (8 febbraio) a 85 anni. Si può perdonare, a distanza di tempo, al Risorgimento l’aver stravolto i nomi antichi delle strade del centro, forse, vero è che – come si vedrà – non tutti coloro che contribuirono all’unificazione dello Stivale saranno ritenuti degni di memoria. Nel giro di qualche anno, sparirono i “Borghi”, nomi che affondavano le radici nell’alto medioevo e che ormai solo i più accorti forlivesi conoscono. Anche qui, vien da dire: “peccato!”. Il Borgo San Pietro, infatti, rimembrava antichi pellegrinaggi, la via che conduceva i romei qui, ospitati in San Pietro, una chiesa completamente scomparsa già in tempi lontani (oggi sarebbe tra via Pedriali e via Biondini, più romanticamente via del Sole), nota, a quanto pare, per l’accoglienza degli scozzesi o irlandesi (scotti) che vi facevano tappa prima di proseguire il lungo cammino per Roma. Non lontano, nella chiesa del Carmine, si erano insediati i carmelitani, e vi fu una delle prime comunità italiane di quest’ordine, che, dopo quasi 670 anni di storia, venne sciolta alla fine del maggio 2015. 

Per come lo conosciamo noi, sostanzialmente il corso Mazzini ha, almeno nel suo tratto rettilineo e largo, un impianto tardo ottocentesco; era la via dei borghesi, dei traffici commerciali, tra la ferrovia (la “vecchia stazione”), la tranvia (che attraversava il manto stradale), le industrie (Mangelli, Forlanini, Eridania), il Foro Boario e la grande piazza del mercato e degli uffici. La parte iniziale, invece, è sinuosa e in pendenza (a causa dei sedimenti dell’antico corso del Rabbi che poi fu canalizzato e scorre curvando verso la torre Numai), benché, anche in questo tratto, il Ventesimo secolo abbia lasciato la sua impronta ingombrante. Il Novecento, infatti, ha cambiato molti di tali fattori e oggi, dell’antico tessuto vivace e opulento, si conservano scarse tracce. Restano però non pochi tratti quasi inalterati e riconoscibili ancora a confronto con l'immagine, scorci che hanno resistito al tempo. Come diverse facciate e la passeggiata sotto le logge. Chi guarda dove mette i piedi avrà notato il curioso “portico dei dieci anni” la cui pavimentazione, recentemente danneggiata, reca la testimonianza della gara che si svolse dal 1873 al 1883 tra i migliori selciatori locali. Umili capolavori che meritano una tutela, mutilati negli anni Sessanta in seguito alla costruzione della mastodontica “Galleria Mazzini” snaturando l’atmosfera del Borgo. Il corso ha risentito in modo cospicuo della smania di edificare propria dei decenni della ricostruzione, con palazzoni alti molto al di sopra della cubatura tradizionale, senza particolari riguardi per la storia e per l’impatto estetico. Del resto, si è proceduto a stravolgere il fu Borgo San Pietro già novant’anni fa circa, innalzando da una parte il Palazzo degli Uffici Statali e dall’altra quello delle Poste e Telegrafi. Non vi sono mai stati dimore particolarmente sontuose né palazzi nobiliari, ma, come detto, era la strada della borghesia e, come tale, si affacciano palazzine dignitose, con porticati in vario stile e aggraziati, proporzionati. Sempre solo su un lato, il sinistro. Ci sono anche piccole gemme molto antiche, bisogna avere l’occhio allenato. Già la chiesa del Carmine meriterebbe molta più attenzione essendo ritenuta da alcuni la più bella di Forlì, ma le sorprese sono pure in piccoli dettagli. Si noti la Casa Cantoni (al civico 91, dove nacque Achille, colonnello garibaldino), col bel porticato impreziosito da colonne aventi capitelli rinascimentali. O le case Ceccarelli (quella della farmacia), e Pettini, nel tratto iniziale, dove si scorge una pregevole formella in terracotta disegnata da Luigi Righi, la Madonna col Bambino. Sul lato opposto, sporge quello che era l'Albergo Roma (civico 30). Altre cose si rimandano alla curiosità di chi vorrà farvi una passeggiata non distratta.

Così il corso, sincretistico e camaleontico, mostra diversi stili ed è cambiato più volte nella sua lunga storia. Per la sua denominazione fu scelto Giuseppe Mazzini, caro ai forlivesi che avevano Saffi come campione. Carbonaro, carcerato, esiliato, ideologo, fondatore della "Giovine Italia" e della "Giovine Europa", tessitore per la causa dell'unificazione italiana, triunviro della Repubblica Romana, letterato, saggista: insomma, una vita intensa tra "Dio e Popolo" e "Pensiero e Azione". A lui sarà dedicata anche la Barriera alla fine del corso, in sostituzione dell'antica e preziosa Porta San Pietro e anch'essa cancellata nel Novecento. Con quello dedicato a Garibaldi, in direzione Bologna, il Mazzini, verso Ravenna, resta l'altro "corso risorgimentale". V’è da dire che in origine tutti e quattro i corsi erano risorgimentali: a Saffi era dedicato l’attuale Diaz, mentre a Vittorio Emanuele II quello poi chiamato “della Repubblica”. 
A Saffi sarà poi offerta la piazza, mentre al primo Capo di Stato dell’Italia unita non verrà dedicato un bel niente, restando così mutilo il pantheon risorgimentale che vede, dal punto di vista odonomastico, tutti i protagonisti del periodo escluso il Re che fino al 1944 dava il nome alla piazza Maggiore e, appunto, al corso. Quest’anno ricorre il bicentenario della nascita di Vittorio Emanuele II ma viene da escludere che ci siano iniziative a Forlì, né tantomeno dediche (un suo busto in bronzo, collocato nella già Sala del Consiglio Provinciale oggi Calamandrei in via delle Torri, è sparito da tempo), perpetrando una damnatio memoriae dalla dubbia opportunità. 

A proposito di statue e manufatti, il 26 gennaio dello stesso 1878, il Consiglio comunale vedeva un appassionato dibattito: il Comune di Forlì avrebbe dovuto partecipare o no alla costruzione del monumento a Vittorio Emanuele II a Roma? Si decise per conferire 1000 lire (4100 euro, oggi) per la grande statua che ancora campeggia sul Vittoriano. Alessandro Fortis, però, propose di destinare la medesima cifra pure per erigere un monumento a Mazzini su quello che a breve sarebbe diventato il suo corso forlivese. Che fine ha fatto il progetto per questo simulacro in Borgo San Pietro?

Il compleanno di corso Mazzini

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