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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

IL FORO DI LIVIO - I venti castelli di Forlì

La domanda che ci si pone è: quanti castelli ci sono a Forlì? La risposta più comune potrebbe essere: "uno", identificando con la parola "castello" la Rocca di Ravaldino. Eppure, nel corso della sua lunga storia, sul territorio del capoluogo romagnolo si sarebbe succeduta una ventina di edifici difensivi. Quali e dove sono?

Non le è bastato avere “gli occhi belli”: fece comunque una brutta fine. Eulalia Torricelli da Forlì è la bella proprietaria di tre castelli: uno “per mangiare”, uno “per dormire”, e l'ultimo “per amare De Rossi Giosuè”, una guardia forestale di cui si era invaghita. Il testo di Nicola Salerno, in arte Nisa, è datato 1947. La ragazza, abbandonata dall'amato, si toglierà la vita con gli zolfanelli (!), lasciando in eredità i tre castelli agli autori del brano. Al di là di questa orecchiabile e triste vicenda fittizia, narrata da una canzone che sta per compiere settant'anni, la domanda che ci si pone è: quanti castelli ci sono a Forlì?
La risposta più comune potrebbe essere: “uno”, identificando con la parola “castello” la Rocca di Ravaldino. Eppure, nel corso della sua lunga storia, sul territorio del capoluogo romagnolo si sarebbe succeduta una ventina di edifici difensivi
E con “territorio” si esclude tutto ciò che è oltre i confini comunali (come, per esempio, Monte Poggiolo, o la Rocca delle Caminate), perché altrimenti non si finirebbe di contare il numero di torri, bastioni o avanzi di rocche che sono disseminati nell'Appennino, in particolare sul confine, allora vicinissimo, tra Granducato di Toscana e Stato Pontificio. 
Se il numero “venti” sembra un'esagerazione, proviamo a fare qualche indagine per capire ciò che resta.

Partiamo da Forlì città
Secondo gli storici antichi, la città antica sarebbe sorta unendo quattro castelli vicini: Castel Livio (di origini romane), Castello Merlonia (a metà dell'attuale corso Diaz), Castello di San Martino (vicino a via Maroncelli, dove c'è via San Martino) e un quarto nei pressi dell'attuale via Castello. Erano anni in cui erano all'ordine del giorno devastazioni e ricostruzioni, quindi dei quattro castelli, oltre a toponimi, restano più che altro supposizioni. Fu grazie agli Ordelaffi se la fisionomia urbana del centro diventa quella che è oggi. La cerchia muraria si allarga fino a comprendere due rocche: quella di Ravaldino e quella di San Pietro (dal lato opposto della città, alla fine di corso Mazzini). La Rocca di San Pietro fu atterrata nel Settecento, però rimase quasi intatta la porta omonima fino a metà dell'Ottocento quando fu sostituita dalla Barriera che a sua volta, dall'ultimo conflitto mondiale, non c'è più. Una fotografia ritrae quest'ingresso, simile se non uguale alla bolognese Porta San Felice. Attorno ad essa sorgeva una rocca semplice, composta da un edificio squadrato e massiccio. Qui Caterina Sforza fu rinchiusa coi figli dopo l'assassinio del marito Girolamo Riario. Nel 1862, un provvedimento di scarsa lungimiranza ordinò l'abbattimento di ciò che rimaneva della rocchetta, cioè la Porta San Pietro. 
Di successo, e quindi superstite, è la Rocca di Ravaldino (nell'immagine). Di origini misteriose come il nome, è il frutto di ripetuti rimaneggiamenti tra il Trecento e il Quattrocento. La grande cittadella nascondeva un palazzo sontuoso, denominato Paradiso, giardini e una vasta piazza d'armi. Un fossato pieno d'acqua, ora in secca, fungeva da ulteriore protezione. Due rivellini, uno dei quali ancora esistente (oltre via della Rocca, nel giardino dell'Ausl), estendevano la già amplissima dimensione della struttura. Cadde al lungo assedio del Duca Valentino nel gennaio del 1500, quando tutta la città ormai era Borgia. Caterina Sforza si ostinava a resistere finché fu aperta una breccia (coperta poi da un fregio) e la sua signoria ebbe termine. Machiavelli aveva già avvertito che, come difesa, Ravaldino non poteva essere una garanzia. Durante l'effimero governo Borgia, fu affidato il restauro della rocca a Leonardo da Vinci: non si sa che esito abbia avuto tale progetto. 
Sono visibili, benché nascosti dal traffico, i resti della piccola Rocca di Schiavonia, che oggi fa da “cornice” alla più recente porta. I bastioni proteggevano la città dal pericoloso lato esposto a Faenza. 

Se si esce dalla città, la storia ricorda altri nomi di edifici difensivi, identificati come “castelli” in senso lato. Dei più rimane più che altro il nome, o qualche toponimo legato a case coloniche, strade vicinali, località. Alcuni sono, poi, di difficile collocazione: Carpineta, per esempio, già Castrum Carpeneti costruito nel 1174 contro Castrocaro. O Come Casaficaria, nei pressi di Vecchiazzano, venduto nel 1001 dall'Arcivescovo di Ravenna a tale Erchenfredo. Lavori agricoli hanno cancellato quel po' che rimaneva di quest'antica struttura lungo l'attuale via Veclezio. 
Castel Leone, nome che poi sarebbe mutato in Castiglione, è sempre stato conteso tra Forlì e Faenza, oggi dà il nome alla frazione collinare. Fu distrutto in una delle numerose guerre tra le due città vicine nel 1201: era una forte rocca, simile a quella di Monte Poggiolo, posta su un rilievo adibito poi a coltivazione. 
Il vicino Castrum Pedrignoni, da cui Petrignone, era dei Calboli ma fu conquistato dai fiorentini nel 1313 che lo atterrarono definitivamente nel 1482. Sui suoi resti sarà poi costruita la chiesa.
Castel Latino sarebbe stato costruito sugli avanzi di una fortezza tardoromana fino al suo atterramento avvenuto nel Duecento. Ha dato il nome alla frazione Ladino.
Di un certo rilievo sarebbe stato anche il Castrum Sancti Martini in Strata, castello e mura bastionate costruiti nel Trecento dal governo della Chiesa per tenere a bada i forlivesi. Oggi, a San Martino in Strada, ci sono nomi di strade che ricordano la presenza di quest'antico fortilizio sul Rabbi. 
Non vi sarebbe traccia, a Roncadello, della piccola rocca chiamata, appunto, Roccatella.
Di Loreta, poco si sa: è citato fino al 1371 ma non se ne conosce l'esatta ubicazione, forse nei pressi di San Lorenzo in Noceto. 
C'è un pure un Castello di Ravaldino in monte, citato fin dal 1154. Fu per un certo periodo degli Ordelaffi, in particolare Antonio, negli anni '30 del Quattrocento vi costruì una bellissima torre. Non ne rimane niente, al suo posto ora c'è il cimitero della frazione collinare.
Un nome suggestivo, quasi operistico, per il Castello di Belfiore (zona via Monda), già menzionato nell'888 quando apparteneva ai Berengari di Forlì. Ricostruito dagli Ordelaffi nel 1378 fu occupato temporaneamente dai Malatesta per poi tornare ai forlivesi. A ben cercare, qualche traccia di questo edificio esisterebbe ancora. 
Anche Collina aveva il suo castello, posseduto dagli Orgogliosi già nel secolo X. Distrutto dal 1236, è stato ingoiato dalla storia. È possibile che si ergesse sulla sommità del rilievo in cui oggi si trova la chiesa di Sant'Apollinare in Collina.
La Bastia di Ronco fu costruita nel 1358 da un Abate di Cluny. Sulla struttura sorse poi la chiesa di Ronco. 
I forlivesi eressero anche la Bastia di Poggio nel 1283 nell'omonima frazione. Ebbe vita breve, già un secolo dopo era scomparsa.
In zona, è menzionato anche un Castel Lucio, distrutto dai faentini nel 1235: sull'ubicazione ci sono ipotesi confuse, ad ogni modo doveva trovarsi nei pressi del Castello di Barisano, o Castrum Barigiani, noto perché vi soggiornò Matilde, moglie dell'Imperatore Enrico V. Anche questo fu atterrato dai soliti faentini nel 1235, se fino a tutto il Seicento i ruderi erano ben visibili oggi è sparito. Era nei pressi della chiesa della frazione. 

Questo lungo elenco fa capire quanto fosse "movimentata" la storia del medioevo forlivese: ci sarebbero altri nomi, altre vicende, ma il tempo passa e non tutto resta. 

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