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Il Foro di Livio

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A cura di Umberto Pasqui

Il passaggio segreto di Caterina Sforza

Una via sotterranea tra la Romagna e la Toscana? C’è chi dice che tra la Rocca di Ravaldino e Monte Poggiolo ci sia molto da scoprire...

Fin dall’inizio occorre una precisazione: da qui in poi è alto il tasso di fantastoria e probabilmente risposte definitive non ne arriveranno. Dunque, si permetta questa digressione basata su alcune testimonianze antiche, quelle voci di popolo che si tramandano nel tempo e che forse sotto sotto nascondono barlumi di verità. Talora, anche per spargere un po’ di spezie su argomenti altrimenti un po’ sciapi al palato poco avvezzo alla storia, s’immaginano cose suggestive e misteriose. Vi sono castelli, anche in Romagna, che hanno costruito un indotto turistico su presenze ultramondane, su fantasmi che lascerebbero impronte sul soffitto o le cui grida irrompono dal fondo di una scala. Che sia paccottiglia buona per turisti da spiaggia o che vi sia un qualcosa di vero lo giudicherà qualcun altro; per ora, e qui, ci si dedichi agli affari della nostra Forlì. 

Ogni tanto fa capolino la vicenda del “tunnel di Caterina Sforza”, un condotto sotterraneo che collegherebbe la Rocca di Ravaldino al fortilizio di Monte Poggiolo. Sarebbe ancora tutta da scoprire la via privilegiata tra le terre pontificie, la Romagna, e la Toscana già incombente sulle prime alture forlivesi. Strada conosciuta a pochi eletti che, per motivi di sicurezza o per segreto militare, si portarono eventuali verità nella tomba. Questa galleria scavata nel terreno sarebbe stata percorribile persino a cavallo. È esistita? Esiste? Non è, Forlì, città propensa a inventarsi storie per turisti, anzi, chiude a chiave ben volentieri tesori ed essa stessa, per così dire, è un mistero. Così questa vicenda parrebbe vera o verosimile, oppure l’esito di cospicue bevute. 

La Rocca di Ravaldino è già di per sé “sotterranea”, un po’ perché al di sotto dell’attuale manto stradale, un po’ perché resta senza certezze di tempo la questione del carcere: a che punto è, per esempio, il cantiere del Quattro? Ultimamente si vuole spendere il nome di Caterina Sforza. Il suo “passetto” sarebbe servito da sentiero di fuga in caso di aggressione, anche se la Tigre non aveva certo l’indole per scappare con la coda tra le gambe. Tra la Rocca di Ravaldino e quella di Monte Poggiolo ci sono circa dieci chilometri (due ore a piedi), se anche solo l’avesse progettata sarebbe ancor oggi un progetto avveniristico. Il percorso avrebbe avuto dapprima un ostacolo importante: il fiume. Come l’avrebbe potuto attraversare? Sul cosiddetto Ponte Rupte, quello che affiora d’estate quando il Montone è in secca? Quindi si possono accettare riverberi tratti dalla toponomastica: il condotto sotterraneo sarebbe passato per l’attuale via Forreta (laddove “forra” indica un solco profondo a pareti verticali e vicine) e Villagrappa, con “grappa” intesa come “graffa di ferro” buona a sostenere pietre da costruzione, magari di una costruzione al termine di una tappa del percorso nascosto. O forse semplicemente la via di fuga è stata soltanto iniziata e non terminata, collegando in modo ancora da chiarire e da scoprire la Rocca con il fiume Montone. A ciò basterebbe, peraltro, il tratto nascosto del canale di Ravaldino e forse è già sufficiente per porre termine a tutta questa storia. Dall'ipotetico capo opposto, dentro la Rocca di Monte Poggiolo in effetti esiste una galleria in direzione Forlì ma dopo una decina di metri è murata. 

Eppure si leva una testimonianza proveniente da qualche decennio fa. Mila Danesi riporta quanto gli disse un ortolano chiamato Giovannino. Forniva ai ragazzini canna, cordoncino e un pezzetto di tessuto di ombrello vecchio per pescare le rane nella vasca della Fornace Malta e in cambio chiedeva loro di portare alcuni di questi anfibi. Costui, oltre a recarsi al mercato sul calesse trainato dal cavallo Giorgio per vendere quanto da lui coltivato, viveva in una casa all’angolo tra via degli Spalti e via Fiume Montone, per meglio dire dove ora inizia via Maceri Malta. Era una casa antica, a pianta quadrata, col primo piano più stretto rispetto al pianterreno immersa in una zona ricca di orti ordinati, con pozzo, canaletti, rane e grilli: tale doveva essere l’atmosfera di quell’angolo di Forlì negli anni Sessanta. A Giovannino piaceva raccontare che la sua casa era una roccaforte di Caterina Sforza e le cantine, tramite una lunga galleria sotterranea, collegavano la Rocca al fiume, dando, se ce ne fosse stata necessità, una sicura via di fuga a Caterina Sforza. La suggestione finì con la costruzione degli attuali condomini sotto ai quali si nasconde, forse, qualcosa di questa storia.

Massimo Bazzocchi, in un suo volume intitolato “Cronache di Vecchiazzano”, ricorda che un suo antenato, tra il 1815 e il 1860, possedeva un terreno tra Villa Rovere e Monte Poggiolo. Costruisce quindi una narrazione che pone le radici sul fatto che vi fosse, in tale fondo, un camminamento sotterraneo tra lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana, proveniente forse dalla Rocca di Ravaldino e che, ancora forse, adatto a collegare diverse fortificazioni o punti di osservazione. La tradizione della sua famiglia vuole che poi sia stato quello stesso antenato a occultarlo per non avere problemi con la giustizia. In effetti era diventato un percorso utile a contrabbandieri o briganti e, se ciò fosse stato vero ed evidente, Giuseppe Garibaldi avrebbe penato molto meno per arrivare in Toscana. Da San Varano, invece, giunge la voce di Rina Ravaioli che ricorda che la famiglia di suo marito confermava la presenza di un passaggio sotterraneo che portava a Monte Poggiolo nei pressi dell'edificio che ospitava la Cassa Rurale. Sarebbe stato chiuso perché un ragazzo vi entrò senza più uscirne. E chissà quante altre storie simili circolano. Ecco, ascrivere tutto alla voce “leggenda” è facile e chiude a ogni ulteriore approfondimento. E se qualcosa di vero ci fosse? 

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