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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

La ferrovia: passato o futuro?

Con il 1861 Forlì ha la sua stazione ferroviaria. Ritenuta in seguito troppo piccola, sarà sostituita nel 1927. Sono passati novant'anni, ma le direttrici dei treni sono sempre quelle.

Certo che, guardando la foto di un secolo fa, è un punto di vista che difficilmente si riesce a decifrare nella congerie contemporanea. Un viale spazioso conduce a un edificio che - e non potrebbe essere altrimenti - è una stazione ferroviaria. Una struttura sobria e dignitosa, con un carattere da signora che si trucca poco. Esiste ancora oggi, ma la città è più grande e nasconde le cose piccole. Si sta parlando della vecchia stazione, in via Monte Santo, già "via della Stazione" poi "via IX febbraio". Dal 1861 al 1927 fu lo scalo della città che ancora vagheggiava collegamenti ferroviari con Arezzo e l'Umbria, cose che - com'è evidente - nonostante decenni di studi e di progetti (già pronti e in parte finanziati), sono rimaste sulla carta, sperando magari in un futuro che sa di utopia. Ma chissà. 

L'aspetto è quello della classica stazione ferroviaria di piccole dimensioni, un po' in stile plastico del trenino. Aspetto che mantiene, benché si perda il "punto di vista" (sostanzialmente, all'occhio distratto, la vecchia stazione si cela) e il "viale" altro non è che una stretta via con auto parcheggiate su ambo i lati. Ben diverso il tono magniloquente della nuova stazione, attiva dall'autunno del 1927 e inaugurata in pompa magna, con tanto di prospettiva perfetta su quello che era viale Mussolini. Se il pregio architettonico della struttura anni Venti è suggestivo, benché, purtroppo, paia avvilito da quei soli due binari per una città di circa 120 mila abitanti, più riservata rimane la vecchia stazione, ora utilizzata per scopi ricreativi e scampata a bombe, piani regolatori, demolizioni indiscriminate. Rappresenta una fase storica di transizione dallo Stato Pontificio al Regno d'Italia. Infatti, fu l'amministrazione romana a volere la linea "da Ancona al Po" per saldare, attraverso la "Strada Ferrata Romana Pio Centrale", uno Stato che avrebbe avuto ancora poco da vivere. Sono attestati espropri nel forlivese già nel 1859, proprio per favorire la ferrovia ancora inesistente da queste parti. Fu in quell'anno che iniziarono i lavori per la linea (a un solo binario) da Bologna a Rimini. Il primo tronco: Bologna-Forlì, fu aperto nel settembre del 1861, mentre un mese dopo fu transitabile la Forlì-Rimini. 

Ancora nel 1913, sulla stampa locale, si trovano tracce cospicue di quello che sarebbe funto da capolinea per una vicenda finita lì, sebbene ci fosse molto ottimismo e sembrava cosa fatta: tante erano le aspirazioni per la ferrovia Forlì-Umbertide. Così riporta "Il Pensiero Romagnolo" del 6 aprile 1913: "Forlì, che diverrebbe capoluogo della nuova ferrovia umbra tosco-romagnola ha lungamente contribuito alla spesa del progetto e continuerà ad essere valida coadiutrice del Comitato promotore nella sua azione futura". Di lì a poco, con lo scoppio della guerra, queste belle parole furono accantonate per sempre. Nemmeno negli anni ruggenti della "Piccola Roma" forlivese si diede esito all'annosa questione e tutto rimase com'è ora.

Nel frattempo, la stazione di Forlì aveva beneficiato di un secondo binario: il tronco Faenza-Forlì fu inaugurato il 28 febbraio 1910 mentre il tronco Forlì-Forlimpopoli circa sei mesi più tardi. Qualche anno dopo la vecchia stazione fu ampliata, specialmente nel fabbricato viaggiatori (che inizialmente sembrava una casa di campagna con ampio terrazzo sopra un portico che fungeva da ingresso) finendo ad avere la forma che ha tutt'ora. Tuttavia, già alla fine degli anni Dieci, la struttura stava stretta alla città e si tentarono altri ampliamenti, tra cui un secondo scalo (in quella ch'è ora l'area ex Mangelli) che non entrò mai completamente in attività. Nel frattempo, però, Forlì era diventata una città industriale e una stazione così era palesemente insufficiente. I binari di carico e scarico non riuscivano a contenere l'affollamento dei carri pieni di merci, ciò cagionava lunghe soste. Arrivò la guerra e - come già scritto - congelò tutto.

Nel 1921 Forlì aveva oltre 55 mila abitanti (ventimila in più rispetto al 1861) e politici con operatori economici della città e dintorni chiesero a gran voce di riproporre l'ipotesi del secondo scalo. Più che un secondo, però, fu scelta la soluzione più drastica: chiudere la stazione centrale per costruirne un'altra, in una zona che allora doveva sembrare decisamente decentrata. Anche perché ormai dalle parti di via Monte Santo era difficile creare un innesto per una linea diretta a Ravenna (cosa di cui si sentiva l'esigenza già nel 1876, quando fu stilato un primo progetto, anch'esso non uscito dalla carta). Tra il 1929 e il 1930 fu smantellata del tutto pure la tranvia che, con lentezza, collegava Forlì a Ravenna e Meldola, e la pista ferrata fu rimossa. Ora rimangono in città due stazioni (e una terza, più recente, cioè lo scalo di Forlì-VillaSelva) ma le direzioni sono sempre quelle dello Stato Pontificio. Resta però, almeno in chi scrive, anche per ragioni ambientali, la speranza che sia veramente presa sul serio la necessità di una linea ferroviaria almeno per Ravenna. Del resto, le strade asfaltate da Forlì al mare, nonostante gli aggiornamenti, possono risultare "bizantine". Tra l'altro, anche i paesi verso la Toscana meriterebbero un collegamento ferrato quasi immaginando una "metropolitana di superficie". Sono idee più o meno realizzabili - sognare non costa nulla - che affondano radici nella storia e che forse potrebbero essere utili per il futuro. 

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