La Forlì degli Orgogliosi
Un'antica famiglia caduta in disgrazia contendeva il primato agli Ordelaffi. Chi era questa stirpe un po' ghibellina e un po' guelfa?
Tra le antiche famiglie forlivesi occorre citare quella forse più controversa: gli Orgogliosi. Perfino il bel cognome varia di tanto in tanto in Argugliosi, Rigogliosi mentre i puristi preferiscono Argogliosi. Chi erano gli esponenti di questa stirpe che sette secoli or sono vennero fatti fuori dalla storia di Forlì? Questo nome emerge fin dalla fine del IX secolo, insieme con altri che poi si sarebbero distinti nelle vicende della Città: Ordelaffi e Calboli. Già, se i primi erano stabilmente ghibellini e i secondi storicamente guelfi, fu fin dall'inizio non facile sgomitare in questa bipolarità. Pure gli Orgogliosi si collocavano, almeno inizialmente, tra i ghibellini. Tuttavia il campo amico era già sagacemente occupato dai più scaltri Ordelaffi. Se oggi esistessero, gli Orgogliosi vanterebbero i titoli antichissimi di Signori di San Martino e di Collina, di Belfiore e di Meldola e sarebbero tra i patrizi di Forlì con le origini più remote. Ma si sa che i forlivesi non sono orgogliosi della propria città, chissà, questo antico vizio potrebbe avere radici antiche.
In particolare è Superbo degli Orgogliosi che nell'889 mosse l'esercito forlivese contro Bologna insieme con i prischi esponenti delle illustri famiglie cittadine. Un nome così eccessivo che sarà tradito da un futuro da schiatta perdente. Il blasone rosso con lune bianche e stella d'oro non sarà mai troppo amato tra le mura urbane ma godrà pur sempre di uomini di spessore, con residenze vicino alla Cattedrale, più o meno ove oggi si trova l'omonima via. Si cita il crociato Azzo che nel 1110 era cardinale, ma i più furono uomini di legge o magistrati, come i pretori Superbo (1202), Orgoglioso (1214), Paganino (1284), Lambertuccio (1301), Orgoglioso II (1313), Pietro (1313), mentre Guido rifulse quando ormai la famiglia a Forlì era caduta in disgrazia, tanto che lo si ritrova pretore a Treviso (1326). Si annoverano anche famosi uomini d'arme, famosi certamente più altrove che in patria, come Superbo II (1241) che divenne capitano del popolo a Faenza, Giovanni che nel 1273 si distinse nell'ennesima battaglia contro i bolognesi e Rambertuccio (1312) celebre per virtù militare un po' in tutta Italia. E perfino Dante non dimenticò di citarne un esponente di cui si chiacchierava non solo a Forlì, allora: Marchese.
Il 1277 fu un anno singolare: la Forlì comunale vantava due campioni come Orgoglioso degli Orgogliosi e Teodorico degli Ordelaffi, amici, saggi, ben voluti, autorevoli. Questa fama, però, innescava l'invidia della generazione più giovane che, ancora una volta, non trovava il suo spazio. Così Paganino Orgogliosi e Guglielmo Ordelaffi si accordarono con Francesco Calboli e i guelfi per consegnare Forlì a Bologna e Firenze. Insomma, meglio lo straniero che l'ingombrante familiare. Tentarono un vero colpo di Stato: presero di mira il Palazzo, lo saccheggiarono, lo incendiarono. Ma i forlivesi ben si guardarono nel seguirli e la rivolta fu fuoco di paglia. Grazie al loro cognome, i due rampolli ribelli furono graziati ma esiliati. Tramarono ancora, questa volta da Firenze, cosa che li portò giustamente in carcere. Se inizialmente, forse accontentandosi del ruolo degli eterni secondi, gli Orgogliosi erano amici e alleati degli Ordelaffi, da questi anni le cose cambiarono e i Signori di San Martino vollero salire sul gradino più alto.
Sarà infatti Marchesino o Marchese degli Orgogliosi il personaggio eternato da Dante e che in tale contesto diverrà protagonista. La sua figura, però, è una specie di Falstaff romagnolo. Sì, è vero, la storia è scritta dai vincitori, quindi lo sconfitto verrà ritratto da Dante (amico dei suoi rivali, gli Ordelaffi) solo per la sua proverbiale ingordigia. Si tratta del patrono di tutti gli amanti del vino.
Inserendolo nel Purgatorio, di “Messer Marchese”, Dante scrive “ch'ebbe spazio / già di bere a Forlì con men secchezza, / e sì fu tal, che non si sentì sazio”. Una macchietta, citato altrove come “valens in bibacitate” (cioè volentieri avvinazzato), in realtà potrebbe meritarsi una rilettura. La cronaca ha lasciato ricordare che Marchese degli Orgogliosi si dimostrò politicamente inconsistente, e questo forse è anche vero, tuttavia spunta il suo nome come podestà di Faenza (1296) e capace di prendere Predappio (1304).
Costui e la sua schiatta, dopo una lunga amicizia con gli Ordelaffi, erano passati dalla parte guelfa o comunque non testimoniavano certo saldi valori ideali se non opportunismi propri di chi non trova spazio per primeggiare.
L'unico modo, ahiloro, per mettersi sul gradino più alto del podio era infatti quello di ingraziarsi i personaggi più odiati e più odiosi: come, appunto, prima i bolognesi e i fiorentini, e questa volta Gilberto di Santiglia, una specie di don Rodrigo catalano che ricopriva il ruolo di Conte di Romagna per conto del Papa e degli Angioini. Il suo ruolo, in buona sostanza, era neutralizzare le fazioni rissose, mortificare ogni pretesa di autonomia per Forlì, cosa che fece rendendo inservibili i fossati delle mura e le fortificazioni. Nel 1311, Gilberto imprigionò i ghibellini e tirò le orecchie ai guelfi, tra cui gli Orgogliosi. Anzi, li fece promuovere a capitano (Orgoglioso) e podestà (Marchesino) di Forlì. E costoro, con varie intimidazioni, riuscirono a mandar via i Calboli che tornarono nelle colline da dove erano venuti. Il predominio Orgogliosi, caro a Roberto d'Angiò campione dei guelfi, sarebbe durato fino all'estate del 1315. I Calboli, stanchi di stare a guardare dalle loro colline, si erano messi d'accordo per tornare a Forlì. Si accordarono nientemeno che con gli Ordelaffi e con Uberto Malatesti (figlio di Paolo l'amante di Francesca).
Così il 2 settembre irruppe un esercito dalle colline ed entrarono in città gridando “Viva gli Ordelaffi e i Calbolesi”. Marchesino Orgogliosi, in mezzo a tale frastuono, organizzò la difesa condita di altrettante urla. Il risultato fu una carneficina: tra i caduti si vedevano Orgoglioso e una trentina di suoi familiari. Marchesino, quindi, chiese aiuto a Gilberto di Santiglia che mandò le sue truppe. Il popolo forlivese, però, corse in piazza buttandosi nella mischia a favore degli Ordelaffi: il Conte di Romagna quindi preferì evitare Forlì e dirottò il suo esercito su Castrocaro. Marchesino rimase isolato, gli Orgogliosi furono rovesciati e con essi l'età dei Comuni, aprendosi quella della Signoria. Il 1° gennaio 1316 Cecco Ordelaffi era il capo indiscusso di Forlì e per i restanti Orgogliosi fu la fine: l'8 marzo vennero processati e impiccati. Quando il superstite Marchesino seppe della fine della sua famiglia, morì per la rabbia e la disperazione: una tragedia nella tragedia.