rotate-mobile
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

La lotteria delle zitelle

L’opera assistenziale dei Battuti Bigi in un isolato del centro storico oggi stravolto e senza memoria, e un piccolo incidente del 1721

Il tempo (e diversi amministratori) hanno fatto sì che gli occhi del forlivese contemporaneo stentino a riconoscere molti scorci della città di qualche secolo fa. La zona che da San Mercuriale raggiunge piazza del Carmine era detta “vigna dell’abate”, e ciò perché – si capisce – anticamente era il vigneto di San Mercuriale. Della “Vinea Abbatis”, tale era il nome del quartiere, non rimane neppure un tralcio, se non il toponimo “via Maceri” che ricorda i maceri per la canapa che storicamente vi erano.

Esisteva una piccola chiesa dalla storia importante e antica, San Pietro dei Battuti Bigi, associata originariamente a un convento francescano (qui, per esempio, giunse Sant’Antonio di Padova altrove detto “di Forlì”). Col tempo divenne una vera e propria fabbrica assistenziale: scuole, un ospedale per pellegrini, case di carità. La sensibilità dell’amministratore forlivese anni Sessanta (del Novecento) volle che, in seguito a un terremoto, nel 1965 o giù di lì venisse spianato l’isolato compreso tra via Francesco Nullo e via Maceri. Nessun abbozzo di recupero, si preferì demolire in fretta e furia. La chiesina di San Pietro (detta anche “delle povere” o “delle mendicanti”) con tutta la sua storia quindi scomparve: negli ultimi anni gli edifici di sua pertinenza erano stati una scuola elementare. La lacuna fu sanata – per così dire - solo nel 1980, con la costruzione delle case a schiera il cui colpo d’occhio, a distanza di quarant’anni, non fa certo innamorare. 

Meglio mettersi gli occhiali che permettono di vedere questo luogo nel passato. Qui, come detto, i Battuti Bigi prestavano assistenza a poveri e pellegrini. Il sodalizio medievale, pur mantenendo gli scopi delle origini, si era a via a via adeguato ai tempi trasformandosi in “Confraternita di Santa Marta dei Battuti Bigi detta dei Maceri”, divenendo così un'associazione di signori volenterosi e particolarmente attivi, col desiderio di contribuire al benessere delle classi più svantaggiate. Tra chi aveva meno possibilità di sostenersi erano le donne senza matrimonio pur avendo passato – secondo il giudizio del tempo - l’età “da marito”, le “cittelle”, come si chiamavano allora. Così si arriva al Settecento.

Il signor Francesco Bruni, laico devoto e presentissimo volontario nella confraternita, aveva lasciato per testamento alla Compagnia una casa in via Panieri e relativa rendita, somma con la quale si poteva, tramite una lotteria (“ballottazione”), assegnare una piccola dote ad alcune donne non sposate di Forlì. Nel primo Settecento, dunque, gli eredi dei Bigi sorteggiavano chi avrebbe avuto un aiuto pari a 6 scudi pontifici. La somma oggi corrisponderebbe circa a 250 euro, rimane tuttavia difficile capire meglio quanto incidesse, secondo il costo della vita di allora, tale cifra. Tutti gli anni, a metà giugno, venivano quindi candidate quattro o cinque donne, e per esse – non si sa bene con quale criterio – una commissione di “uffiziali di Santa Marta dei Maceri” lasciava segretamente in un “cartoccio” per ciascuna una pallina bianca a suo favore, oppure al contrario una pallina nera.

La dote sarebbe arrivata a chi, aperto il cartoccio, avrebbe trovato più palline bianche rispetto alle altre candidate. Pare giusto riportare i nomi di alcune signorine coinvolte, quelle del 1715 si chiamavano: Maria Camilla di Giuseppe Brunacci, Lucia di Giuliano Bottassi, Maddelena Bandeggiani, Santa Cicognani. Per il 1720 si leggono: Domenica Maria Bendi, Giacoma Paganelli, Maria Garavini, Maria Vernocchi, Antonia Catterina Brunaccini. Ancora, per il 1723 sono citate: Maria Dannesi, Camilla Bodellacci, Teresa Cicognani, Catterina Baccarini, Osanna Camerani e, “nominate da Giuseppe Bezzi”, Domenica Maria Brazanti, Francesca Antonia Bagnoli (“in luogo di Maria Teresa Boffondi”). 

Tutto pare scorrere nella regolarità, a parte l’anno 1721. Negli atti della Compagnia, conservati all’Archivio di Stato, emerge uno scritto intitolato “annotazione”. Così si legge: “Essendo seguito sotto li 19 giugno 1721 la solita ballottazione delle cittelle secondo la disposizione del devotissimo Francesco Bruni, ed essendo accaduto in quella, che aprendosi li cartocci delle cittelle ballottate per videre, e numerare, li voti di ciascheduna, et arrivatosi al cartoccio d’una tal Rosa Baldi si trovò essere eccedente il numero de voti mentre dovevano essere solo dieci, e si ritrovarono undici, cioè sei neri e cinque bianchi, si proseguì ad aprire li cartocci delle altre cittelle dopo lei rimaste in numero di sette, e veduti li voti di queste si ritornò a ballottare di nuovo la Rosa Baldi quale ottenne in seconda ballottazione sette voti bianchi, e tre neri”. Insomma, qualcosa andò storto: qualcuno barò? Dunque nacque il sospetto “dell’invalidità non solo della prima ballottazione ma anche della seconda”. Pertanto “fu fatto ricorso al signor Giuseppe Bezzi” che era l’esecutore testamentario di Francesco Bruni. Egli fu perentorio: “non sborsare a Rosa Baldi la dote di scudi sei”. Convennero poi di “fare di nuovo la ballottazione delle cittelle che havevano havuti maggior numero di voti oltre quelle che erano passate con l’istessa Rosa Baldi”, cioè quattro donne che dovettero passare per una seconda volta “avanti il signor vicario” e a tutta la commissione di “uffiziali” dei Bigi.

Il 31 agosto 1721, gli “uffiziali” furono quindi riconvocati “a fare la balotta” e si registrarono, come votanti: don Giuseppe Pantoli (“capellano e depositario”), Giuseppe Merendi (“priore”), Giovanni Battista Roberti (“sottopriore”), don Stefano della Croce, Simone Roberti, Pier Andrea Collinelli, Anton Maria Nicolini (“li quattro della Compagnia”), Pietro Celestini Buffon (“sacrestano”), Sebastiano Feralli (“sacrestano”), Pier Maria Zauli (“segretario”). Domenica Maria Siboni ottenne tre ballotte bianche e sette nere; Giacoma Armuzzi quattro bianche e sei nere. Nulla di fatto, questa volta, per Rosa Baldi: anch’essa ottenne quattro ballotte bianche e sei nere. La “cittella” vincitrice fu dunque Anna Maria Brunini, con sette bianche e tre nere. 

Si parla di

La lotteria delle zitelle

ForlìToday è in caricamento