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Giovedì, 28 Marzo 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Livia, la "signora Avgusta"

Forlì e la moglie del primo Imperatore di Roma. Legami possibili o spezzoni leggendari?

Passato Ferragosto, rimane tempo per suggestioni di una storia nella quale la fantasia ha un buon campo di gioco. Chi è ancora in vacanza si può dedicare a enigmi, rebus, cruciverba: in questo caso la soluzione sarà nel "prossimo numero", ma sarà un numero consultabile difficilmente in questa vita. Agosto, prima di Augusto, era chiamato sestile, sesto mese di allora, seguito da settembre. Il primo Imperatore imitò dunque Cesare che si era intestato Luglio (da Giulio). Con tale premessa si sposti il riflettore sulla di lui moglie, Livia Drusilla Claudia. Che c'entra Forlì? Al lettore attento non sfuggirà un'evidenza nel nome. E poi? Nebbia.

Fino al Quattrocento si conservava un affresco, all'interno del Palazzo Comunale sull'odierna piazza Saffi, dove si potevano vedere Augusto e Livia benefattori della città. Eppure qui nulla richiama alla memoria dell'Imperatore, non c'è un "Arco di Augusto", un "Ponte di Tiberio" (figlio di Livia ma non di Augusto), vi sono a malapena tracce di un "Acquedotto di Traiano" ma non è questo il tema. Spiace notare che nulla sia dedicato alla coppia imperiale: Ottaviano Augusto e Livia, appunto, i quali - vero o mistificato che sia - secondo gli antichi si sarebbero prodigati per il primo "piano regolatore" di Forlì. Dispiace altresì che ancora (e lo si è ripetuto, in questa sede, svariate volte) il Museo Archeologico sia chiuso da quasi trent'anni nel sostanziale disinteresse generale e che importanti testimonianze del mondo antico restino sconosciute ai più. Si spera siano accolte, prima o poi, entrambe le proposte, perché anche Roma, la Roma imperiale, qui ha fatto la sua parte benché abbia lasciato tracce discrete, segrete, a quanto pare scarse. Scarse fino a un certo punto: il nome della città perpetua un Forum che lo vuole come "scalo commerciale", sede di mercati e tribunale, di un Castrum più vecchio della via Emilia. Così il foro (di Livio) e il "castello" (detto Livia) sono stati ingoiati dalla storia. Castello è tra virgolette, termine che per noi fa venire in mente altro; in tal caso si tratta di un accampamento militare. Ma anche qui stiamo fantasticando, si parla di un periodo che va dal 208 al 188 a.C. e si deve fare affidamento a quel po' che c'è. Curioso che gli storiografi antichi tramandino una vicenda simile a quella di Romolo e Remo che vede Livio Salinatore (Marco o Gaio) fondatore del Foro di Livio e il di lui centurione Lucio Ermio che avrebbe tracciato il solco di Livia.  Nel corso dei secoli, si sarebbe sviluppato il Foro, mentre Livia, collocabile tra i Romiti e San Varano, avrebbe prosperato fino all'arrivo dei Goti che l'avrebbero incendiata e devastata per sempre.

Ora si perdonino i salti temporali e la vaghezza nelle informazioni, ma ci si concentri tra il 27 a.C. e il 14 d.C., il tempo del principato di Ottaviano, il primo Augusto di Roma. Quando si unì con Livia avevano entrambi matrimoni alle spalle e lei aveva già avuto figli. Nozze dettate da convenienze politiche, certo, ma che nel tempo hanno dato prova di stabilità esemplare tanto da consentire i festeggiamenti delle "nozze d'oro". Livia, agli occhi dei sudditi, appariva composta e seria, non bellissima ma carismatica e assai influente: niente sfarzo, donna pratica e spiccia, amatissima dal popolo. Aristocratica già ricca di suo, longeva (morì a 87 anni), leale nei confronti del marito ma con una coda consistente di clientele, fu comunque tanto brava sia come arzdora sia come politica, misurandosi nell'apparenza (non era certo sgargiante), tramando per i suoi interessi. E, a dar retta a Sigismondo Marchesi, storico secentesco: "Ordinò che gli Habitatori del Castello Livio (...), insieme con molti altri Castelli, ò Borghi posti intorno al Foro di Livio, fossero tutti intromessi nel Foro, e tutti si componesse un sol luogo, che fosse veramente degno del titolo di Città". Secondo questa tradizione, si fa riferimento al "Castello Livio" (Schiavonia), "Castello Merlonia" (Ravaldino), e altri due in corrispondenza delle attuali via Castello e via San Martino in Castello. Una questione confusa, questa, che dev'esser presa con beneficio d'inventario, e solo i Liviadae (gli abitanti di Livia-castello) e i Livienses (quelli del Foro-città), sotterrati da almeno ventidue secoli, sanno com'è andata la faccenda. La "signora Avgusta", come la avrebbero potuta chiamare con la cadenza locale, apparteneva alla gens Livia, e poteva dire in giro che era parente con i fondatori di Forlì, noti a quel tempo per altri motivi. Sembrano dunque ovvie le istanze che vogliono raccomandata l'urbe romagnola, consentendo così il primo piano regolatore per codesta città. 

La stessa storia era raccontata anche da Paolo Bonoli, precisando che Augusto passando "in queste parti" fece in modo che "gli abitatori di Livia, come d'altre contrade intorno, si trasferissero in Forlì; aggrandendo e l'ambito e le strade, spiananando i luoghi suddetti". Avrebbe dunque reso Forlì una vera e propria città "a compiacimento di Livia la moglie". Insomma, anche questa fonte ha ben pochi dubbi: essendo Livia "della schiatta dei Salinatori, studiava alla conservazione ed aggrandimento di quelle cose, che servivano a gloria di tanta famiglia: e piacemi dare a questi principi non solo titolo d'ampliatori di Forlì, ma di ristoratori ancora". Infatti, Bonoli notò che alcuni geografi dell'antichità avevano menzionato le città della Romagna fuorché Forlì, come Strabone che nella sua vasta compilazione scritta pochi anni dopo la nascita di Cristo salta a pié pari il Foro di Livio. Secondo lo storico lo fece perché, in seguito alla guerra tra Mario e Silla (e Forlì appoggiava Mario) venne saccheggiata e forse rasa al suolo. Ciò ha pochi appigli in quanto un'altra figura mitica sarebbe nata in quella Forlì, Cornelio Gallo, letterato amico di Virgilio, Ovidio e soprattutto sostenitore politico di Ottaviano Augusto, e avrebbe favorito, per il tramite della signora Livia, la sua città natale grazie a esplicite richieste al suo amico Imperatore. Con la premura dello storico contemporaneo, si tenga conto che nulla conferma che il Foro di Livio sia stato distrutto dai seguaci di Silla e che Cornelio Gallo fosse indiscutibilmente liviense. Ma come in tutte le leggende, un fondo di verità ci sarà pure. 

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