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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Luce su Forlì!

Strade illuminate a gas per la lotta contro le tenebre nel cuore della città. Poi venne l'elettricità. Bagliori all'alba della tecnologia contemporanea.

Nonostante tutto, si sono allungate le giornate. Com'è evidente che, in più parti, i punti luce della città siano stati sostituiti dai più contemporanei led (o diodi ad emissione di luce, cioè del, in italiano) e, in effetti, la visione notturna sia decisamente migliorata. Ma bisognerebbe ricordare che il 28 febbraio 1864 è un giorno importantissimo per la storia della luce artificiale a Forlì: viene inaugurata la nuova illuminazione pubblica a gas nelle vie principali e in piazza Maggiore. Dopo le grandi città, tocca così alla più umile città di Livio sperimentare la nuova diavoleria del progresso, con buona pace di Guido Bonatti che, in un medioevo ben lontano dall'inquinamento luminoso, scopriva nuovi corpi celesti dal campanile di San Mercuriale. La data citata è solo una delle tappe del cammino lucente che affonda le radici nella primavera del 1798 quando vennero brutalmente staccati i lampioni che davano chiarore all'immagine mariana che un tempo era affissa alla facciata del Municipio. Ecco, questi antichi bracci di ferro servirono per i primi lampioni della pubblica illuminazione cittadina: uno era sul Cantone del Gallo (inizio di via delle Torri) e l'altro nell'Arco di Piazza (tra il Municipio e il Palazzo del Podestà). Il primo lampione (a olio) a essere acceso fu quello del Cantone del Gallo, il 24 maggio 1798. Qualche settimana più tardi (18 giugno) sarà acceso l'altro. La delinquenza notturna non si faceva mettere certo in difficoltà da soli due lampioni, quindi nel 1804 il Prefetto invitò la Municipalità a installare altri cento punti luce. L'era dei lampioni a olio finì, come detto, nel 1864: fu scelta la tecnologia del gas. Solo dal 1890 si comincerà a parlare di luce elettrica per rischiarare la città. 

Il 2 marzo 1890, al Teatro Comunale viene presentato l'Agioscopio gigante rischiarato a luce elettrica. Si tratta di uno di quei tipi di spettacoli che poi si sarebbero chiamati "cinema". Un cinema prima del cinema, quindi, a Forlì, e in teatro. Il termine "agioscopio" è desunto dalle finestre che, dall'interno di un monastero, permettono di scrutare la chiesa durante una funzione religiosa. In questo caso ha lo stesso o quasi significato di "lanterna magica" attraverso la quale vennero proiettati alcuni filmati: "Il giro del mondo ovvero le meraviglie dell'Universo", la "Conversazione Poetica eccentrica mefistofelica" e "40 minuti nelle tenebre", cioè un viaggio nell'elettricità che scolpisce. E nello spettacolo si faceva di tutto pur di sbalordire i forlivesi davanti al portento della luce elettrica, e via di suggestioni come "apparizioni di fantasmi", "battaglie", "paesaggi al chiaro di luna" eccetera. I nomi danno il sapore di quei tempi, come la "Catottrica brillantissima" cioè effetti "prismatici rischiarati a luce ossidrica". In seguito, nel 1905, di fronte alla chiesa di Santa Lucia, aprirà il "Cinematografo Permanente", la prima vera e propria sala cinematografica forlivese. Però in quel 1890, l'agioscopio solleciterà una discussione di non poco conto: e se i prodigi dell'elettricità si applicassero anche all'illuminazione pubblica? E così una nuova tecnologia si fa strada e ben presto il gas sarà soppiantato, almeno nei lampioni che combattono il buio sulle strade. 

Nell'aprile del 1893 fu impiantata la prima centrale elettrica forlivese: venne pertanto riconvertito il molino Ripa (in via Silvio Pellico) con una turbina idraulica che, dall'acqua del canale, ricavava energia per accendere 667 lampadine a incandescenza e 8 ad arco. La nuova trovata fu sfruttata da un centinaio di imprenditori, artigiani e borghesi: così si accesero i principali Caffé della città. Poi fu la volta del Teatro Comunale e a poco a poco la moda dilagò: i possidenti facevano a gara per allacciare l'elettricità onde illuminare i propri palazzi. Fino a quel momento, e per lungo tempo ancora, le case erano illuminate da semplici candele o qualche lume a petrolio da appoggiare sui mobili o appendere alle pareti o al soffitto. Per risparmiare, si andava a letto al buio Qualche anno dopo fu la volta (ebbe successo più duraturo) della centrale elettrica dei Romiti, con l'acqua del canale di Schiavonia. I forlivesi, in seguito all'ennesima novità tecnologica, rimasero a bocca aperta, come si legge ne "Il Presente" del 29 settembre 1900: "In principio, e la cosa è spiegabilissima, fuvvi qualche breve interruzione, ma poi una vera onda di chiarore, sicuro e limpido, si sprigionò da quei magici fili che ormai han formato una vera rete per ogni via". Ma la luce elettrica, per la stragrande maggioranza dei liviensi, rimase ancora per lo più o un tabù o "cosa da locali pubblici", in quanto erano rarissime le utenze (nel 1902 se ne contano appena 500). La gente comune, infatti, continuò per un po' a preferire il gas, o il petrolio, irritata dagli inconvenienti tecnici e dalle interruzioni della corrente. Insomma, per diversi anni ancora la luce elettrica rischiava di far precipitare improvvisamente nel buio chi ne avesse beneficiato. E fin qui, il positivismo tecnologico aveva acceso tutti di entusiasmo. Quindi il buio tornò necessario. In anni più drammatici, dal novembre 1916, i lampioni della città verranno coperti di una tinta azzurra. Per brillare meno, per dare meno nell'occhio in occasione di eventuali incursioni di aerei o dirigibili: l'Italia era in guerra e l'Austria non stava poi così in là (oltre l'Adriatico). Il risultato, secondo la penna di Filippo Guarini, appariva come uno "spettacolo terrificante e malinconico". 

Con un'operazione encomiabile, alla fine del dicembre del 2000 fu restaurato l'apparato luminoso di una stretta strada sopravvissuta al tempo: via Gaddi. Così, dal 4 gennaio 2001, venne ripristinata l'illuminazione a gas. Nuovi lampioni di foggia ottocentesca furono dunque restituiti all'antica tecnologia. Per specificarlo, era stata apposta un targhetta dorata che indicava, appunto: "Antica strada illuminata a gas". Questa delicata accortezza per il vicolo più caro ai forlivesi venne lasciata da parte nell'estate del 2011. Perché? Si disse che non c'erano pezzi di ricambio per l'ordinaria manutenzione. Per qualche giorno seguirono lamentele, specialmente da parte dei residenti del rione. Poi la vicenda cadde nel dimenticatoio tanto che oggi c'è chi è convinto che la stradina sia ancora illuminata a gas. Cosa che, peraltro, sarebbe da ripristinare (si tratta di appena otto lampioni, uno di essi è nell'immagine). Via Gaddi era una delle ultime in Italia ad aver mantenuto l'alimentazione a gas: quella luce particolare, con cui era iniziato il ventunesimo secolo, è stata accantonata ma ora si potrebbe ripensare a un ritorno all'antico, caldo e romantico. 

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