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Il Foro di Livio

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A cura di Umberto Pasqui

Morgagni e il caso Cleopatra

Il sommo medico forlivese, morto 250 anni fa, indagò sulla morte dell'ultima Regina d'Egitto e ne stabilì le cause

A Padova, il 5 dicembre 1771, moriva il massimo medico forlivese: Giovanni Battista Morgagni. I suoi concittadini odierni sanno associare il suo nome a istituzioni apparentemente distanti come il Liceo Classico e l'Ospedale. Lo si immagina accigliato e con teschio in mano, nella posa da sommo anatomico, tra libri polverosi e con parruccone degno di chi ha studiato tanto. È noto il suo principale campo d'azione: la medicina, l'anatomia di cui è riconosciuto il padre mondiale. Eppure, a duecentocinquant'anni dalla morte, rimane lì come una statua, un professore burbero di marmo tra ghiande di leccio e piccioni. La città natìa lo tiene, per così dire, imbalsamato. La sua casa di via Missirini, di un privato, è da decenni in condizioni pietose senza che per essa siano noti progetti in merito. Insomma, perfino il sommo anatomico a quanto pare merita di essere bistrattato come i più prestigiosi figli di Forlì. 

Ma qui si vuole ricordare uno dei tanti “studi minori” di un uomo dal multiforme ingegno. Se è vero che il suo capolavoro, il “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatum” è effettivamente affare di pochi, vuoi per il latino scientifico, vuoi per gli argomenti comprensibili a chi si mette al seguito di Ippocrate, il forlivese, nella sua lunga vita, si è occupato un po' di tutto. La sua erudizione era nota in tutta Europa, tanto da essere un esempio di quegli uomini dal sapere completo che oggi si è perso tra mille specializzazioni. Così lo si trova in uno scambio epistolare con Giovanni Maria Lancisi, archiatra (medico) papale su una questione che a noi posteri pare irrilevante: come morì davvero Cleopatra? L'argomento era stato un cavallo di battaglia delle dissertazioni dei dotti per secoli, in effetti le fonti del tempo non sembrano o non sembravano chiarissime. 

Cleopatra VII Tea Filopatore, ultima “faraona” d'Egitto, trovò la morte nell'agosto del 30 a.C., dopo una serie di intrighi mal gestiti, amori romanzeschi. Roma, sull'altra sponda del Mediterraneo, avrebbe fatto ben presto suo il vasto granaio dell'Africa. Quando si rese conto che tutto era perduto, si tolse la vita, si dice per mezzo del morso di un aspide. Luogo comune? Bufala? Morgagni volle vederci chiaro. In effetti Lancisi sospettava qualcosa di diverso:  non ci sono informazioni di prima mano che testimoniano questa morte “romantica”. Si suicidò, Cleopatra, ma forse bevendo qualche veleno, non tanto con il morso di un aspide, più simile a una messinscena, a un colpo di teatro cui la donna fatale era certamente avvezza. Insomma, al 24 maggio 1717 pareva più probabile una dose letale di narcotici. Ma come si fa a indagare su una morte avvenuta tanti anni prima? Senza corpo da analizzare, con testimonianze da interpretare?

Il sommo anatomico risponde osservando una statua che ritrae la Regina adagiata con un serpentello in atto di morderle il braccio. Morgagni dà fondo alle sue competenze non solo di medico, ma di capace selezionatore di fonti classiche. Così va a leggersi e rileggersi testi e autori anche poco battuti, ben capace nell'orientarsi tra lettere greche e latine, pubblicando poi una serie di epistole riassunte nel titolo “De genere mortis Cleopatrae”. Così prende in mano le discordanze già diffuse nel mondo antico: fu uccisa su ordine di Ottaviano? Si avvelenò? Si fece mordere da un serpente? Morgagni dimostrò di essere pure un erpetologo, citando il “cerastes cornutus” più che la “vipera berus”, nomi antichi di serpenti velenosi dei quali il secondo, chiamato anche marasso, ha un morso doloroso ma raramente mortale. A dire il vero anche la ceraste, vipera cornuta, non pare sia così letale e soprattutto non ha nessun interesse a colpire se non si sente in pericolo, preferendo nascondersi. Quindi Cleopatra avrebbe scelto una specie per nulla aggressiva? Se si lascia agire il tossico e si è in condizioni emotive particolarmente sensibili, gli effetti potrebbero essere terribili e irreversibili. Nessuno, quindi, si premurò di soccorrerla. Il tempo fece il resto e morì. Insomma, per Morgagni fu senza dubbio un serpente a causare la morte di Cleopatra. Più probabilmente il temibile cobra egiziano: i primi effetti del morso si verificano dopo pochi minuti, con gonfiori, nausea, vesciche, paralisi. La morte sopraggiunge per insufficienza respiratoria o arresto cardiocircolatorio. 

Cinquant'anni dopo, nel “De sedibus”, Morgagni riprenderà la questione trattando di avvelenamenti. Questa volta corroborerà le sue deduzioni non solo con l'aiuto di Aristotele o Plutarco, ma pure servendosi degli studi dei più recenti Grozio e Vossio, nonché delle osservazioni sperimentali dei suoi contemporanei John Freind, Maupertuis e Réamur. Insomma, per il sommo anatomico forlivese  il morso di un serpente concluse la storia dell'Egitto dei faraoni.

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