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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Perché Forlì è una città bizzarra

Come interpretavano gli antichi il misterioso (ancora oggi) carattere dei forlivesi? Sotto l'influsso di Saturno e Marte, all'ombra del capricorno. Ecco cosa immaginavano.

Sempre è bene ricordare, in tempo di Natale, che Forlì ha almeno due Natività particolarmente significative: la lunetta di San Mercuriale che contiene il Sogno e adorazione dei Magi (il più antico presepe a tutto tondo della storia), e quella contenuta nel monumento sepolcrale di Luffo Numai in San Pellegrino. Su queste opere d'arte ci sarebbe tanto da dire, ma forse conviene semplicemente contemplarle. Ora, saltando in un abisso tra sacro e profano, è lecito anche sussurrare che secondo studi antichi in questi giorni cadrebbe il compleanno di Forlì. O quasi. 

Sarebbe interessante scrivere un volume sull'antropologia dei forlivesi. Romagnoli bizzarri, più inclini al chiudersi in casa che a fare baracca, alla spiaggia. Salvo generalizzazioni, sono quelli che si lamentano che "a Forlì non c'è niente" ma sotto sotto stanno bene nel silenzio nebbioso e ovattato, sospeso in un'aristocratica oziosità. Questo carattere sostanzialmente pigro, che magari s'infiamma come un fiammifero spegnentesi in un attimo, pare essere scritto nelle stelle. Ebbene, quando l'astrologia era assimilata alla scienza, si credeva che questo, più o meno, fosse il mese di nascita di Forlì. Infatti, gli storici antichi convergono sul segno zodiacale della città: è il capricorno. La cultura forlivese tra Quattro e Cinquecento è ancora intrisa del "mito" di Guido Bonatti, singolare maestro delle previsioni, osservatore di stelle e fenomeni celesti alla fine del Duecento dal campanile di San Mercuriale. Con la conferma di Tolomeo e Ticone, Forlì, per questioni di cosmografia che sfuggono al rigore scientifico, sarebbe dominata dal capricorno, casa di Saturno ed esaltazione di Marte. La definizione può far sorridere ma si pensi che per quel sistema di conoscenze, Saturno era considerato il pianeta opposto al sole e alla luna, quindi sarebbe il distruttore che si distingue per l'oscurità e la tenebrosità. Marte, invece, sarebbe il rivale di Giove (quindi poca giovialità da queste parti). Da tale "combinato disposto" trarrebbero il carattere anche i forlivesi stessi. Quindi, sarebbero speculativi, valorosi con un pizzico di superbia. Pertanto, ancora nel Seicento, si deduceva che la città fosse portata a produrre uomini insigni nelle armi e nelle lettere.

Nel 1650, Francesco Scotti Senatore di Anversa, nel suo "Itinerario overo nuova descrittione de' viaggi principali d'Italia" si sofferma anche da queste parti, e colpisce com'è descritto il capoluogo romagnolo. Nel "Sonetto per le Città d'Italia", tra le 31 località scelte c'è pure Forlì che viene definito bizzarro (al maschile, come allora si soleva) mentre, per esempio, Roma è pomposa e santa, Venezia ricca, saggia e signorile, Rimini è buono, Ravenna è benigna. Inoltre, quasi a prova della "marzialità", si sofferma sulla fondazione "bipolare", così scrivendo di certi soldati ormai vecchi che, in onore del console Livio Salinatore fondarono un Castello chiamato Livio. A un miglio e mezzo dal Castello, e cioè dove è Forlì al presente c'era una bella contrada nella quale si facevano i mercati, pertanto chiamata Foro. 208 anni dopo, però, considerando gli abitatori di Livio, che era più comodo stare nella detta contrada, che nel suo Castello, s'unirono ad abitare insieme: e così di commun consenso con licenza di Augusto, il quale la concesse volentieri ad istanza di Livia sua consorte, e di Cornelio Gallo Liviense, congiunsero quei due nomi che erano Foro e Livio e chiamarono il luogo Forlì. La città gode di aria dilicata con Territorio fertilissimo di vino, d'oglio, di frumento, e di altre biade. Infine l'autore loda curiosamente i suoi abitanti bravi fuor di modo, e ritengono della martialità de' loro primi fondatori fino a definire i forlivesi gente di bell'ingegno. Tra i molto segnalati cita Cornelio Gallo, Guido Bonatti, Raniero Arsendi, Giacomo della Torre e Flavio Biondo. 

Il capricorno, secondo - appunto - Guido Bonatti, sarebbe un segno freddo, secco, femminile, notturno, di sapore acre; è vizioso, tortuoso ma proprio di chi conduce una vita buona e iraconda, chi sa dare saggi consigli, chi sa provvedere a sé e agli altri. Da ciò deriva che gli abitanti di Forlì avrebbero una natura subita (impulsiva), ignea e colerica e con malinconiaNon solo: questo si manifesta anche nel modo di esprimersi e nelle azioni: parlano in modo spiccio, conciso, sincopato e con quantità di continuate consonanti, nella guisa si sente ne' tedeschi. La riflessione degli antichi studiosi porta a concludere che, in buona sostanza, i forlivesi abbiano un carattere bilioso e malinconico. Brutta cosa? Mica tanto: esso risulterebbe essere il più adeguato alle scienze, alle lettere e alle armi. Ciò è confermato nel Seicento dallo storico Paolo Bonoli che vede i forlivesi come marziali e saturnini. Un secolo prima, il filosofo e teologo domenicano bolognese Leandro Alberti aveva ribadito che i liviensi, seguendo l'influenza di Marte, volientieri maneggiano l'armi sia contro loro stessi sia contro gli altri, e tuttavia eccellano nelle lettere, nelle armi e nella mercatura. 

Se questo sapere è assimilabile a una qualche scienza, si può anche aggiungere che il capricorno sarebbe l'ascendente di Ottaviano Augusto (sua moglie Livia, come già scritto, avrebbe avuto un ruolo importante nella storia della città: nulla ricorda Augusto e consorte, adesso, a Forlì), e di Cosimo I de' Medici, primo Granduca di Toscana e nipote di Caterina Sforza. Il segno, dunque, apparterrebbe a uomini di potere, a persone passate alla storia: col solo vizio della viltà e con lo sguardo spesso compromesso dalla malinconia. Questo sistema di erudizione viene a cadere alla fine del Seicento, quando Emanuele Tesauro pubblicherà La vergine trionfante et il capricorno scornato (1680). Le certezze secolari vacillano, fino a soccombere. Si fa strada l'idea che quanto sostenuto tempi addietro altro non fosse che un tentativo dotto di nobilitarsi rispetto al resto della Romagna sanguinaria e violenta. La superstizione dell'oroscopo, quindi, perde la dignità scientifica ma, al di là degli abbagli storici, resta il fatto che i forlivesi si discostino, e non di poco, dai luoghi comuni con cui si ama generalizzare i romagnoli. La bizzarria di Forlì, inoltre, è lampante fin nel nome, tronco: quale altro capoluogo di provincia italiano ha l'accento? Nessuno. 

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