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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Pescecane a Sant'Agostino

Settembre 1796: cosa mangiavano le monache di Santa Chiara? E gli agostiniani? Un confronto sulle liste della spesa di due monasteri forlivesi.

Cosa mangiavano nei monasteri prima che le soppressioni napoleoniche buttassero via una storia antichissima? Entriamo, purtroppo solo virtualmente, in Santa Chiara, a Forlì, con ingresso sull'attuale via Dandolo, all'angolo con via Battuti Rossi. Suor Angelica Pellegrina Castellini annota con cura le spese alimentari del settembre 1796, l'ultimo anno sereno di tale antica testimonianza. 
Nel mese indicato, le monache (una ventina) si recano a fare la spesa sedici volte, spendendo complessivamente 62 scudi e 10 baiocchi in generi alimentari. Certo, avendo terreni, di tanto in tanto il macellaio porta loro carne di manzo, vitello, agnello e pecora. Quindi, ciò che acquistano in città, è per lo più pesce, come si vedrà. Si nota intanto che in un mese comprano 68 uova. Tra le altre cose in lista troviamo le sfogliatte (acquistate 2 volte per complessive 50 libbre). Una libbra forlivese è pari a circa 330 grammi. Per quanto riguarda il pesce, si nota l'uso di ruscioli (cioè triglie, comprate due volte per 40 libbre complessive), calamari (50 libbre complessive per due volte), sardelle (120 libbre una volta sola). Il 16 settembre comprano 30 libbre di raggia (razze) e lo stesso giorno 15 libbre di frittura. Il 22 settembre è la volta del pesce bianco (20 libbre) e cavoli (36 libbre). Il giorno successivo comprano 25 libbre di calamari e 17 di tamazzi (grandi razze come trigoni o pastinache). Il 30 settembre, invece, portano a casa 16 libbre di cefali. Tra gli altri pesci acquistati spiccano le mazze (in un mese, 42 libbre) anche dette mazzole o gallinelle. Come verdura si trovano unicamente le bietole, richieste due volte, ed è chiaro che i terreni del monastero fornissero altro. Nella lista si trovano anche formaggi (complessivamente 34, comprati tre volte al mese, come la ricotta) e qui si indica che erano per la cena quando se ne consumavano 8 in ognuna. Il 19 settembre, poi, comprano 20 libbre di salsicia. Il 24, invece, acquistano 42 filzi (fusti di giunco come spiedini) di rani

Rimanendo sempre al settembre 1796, entriamo nel grande complesso di Sant'Agostino (nell'immagine particolare della parte superstite), tra via Romanello e piazza Dante. Più variegata pare la dieta, vero è che la spesa cibaria del mese risulta simile: poco più di 60 scudi. Forse si tratta di cose meno raffinate ma è plausibile che i religiosi fossero in numero ridotto. Tuttavia la spesa è pressoché quotidiana. Il priore, frate Romano Agostino Roberti, non annota le quantità, ma riporta giorno per giorno gli acquisti alimentari in modo tale per cui riesce possibile risalire a una sorta di menù più preciso. Così si osserva spesso l'uso di soprano (oggi si chiamerebbe bovino adulto, si tratta di un vitello di due anni, quasi un manzo), di castrato e di vitello. Il 2 settembre, per esempio, in tavola si trova: tomazzo, roscioli, vitello per li ammalati, perre (pere usate anche per la preparazione di piatti salati), zucche per la minestra, pesce cane, calamari, animelle, frutti, fagiolini, ova. Il 4, ancora vitello, fegato di vitello e salsicia. Il giorno dopo pure vitello e soprano, con erbe per la minestra. Il 6: soprano, cervelle, salsicia, pomi d'oro e carotte. Il giorno dopo si ripete una carta simile, specificando cervelle di vitello e aggiungendo le pere. L'8 ancora vitello e due coradelle d'agnello, ova, sardelle. Il 10 è indicato: perre, buttiro, zuccaro, pesce, candito, finochi, sardelle e pomi d'oro. L'11 ancora ova e vitello, con due para di polastri, fegato di vitello e frutti. Il 12 i monaci acquistano: soprano, vitello, cervelle, bragiole di porco mentre il giorno successivo spuntano per la prima e unica volta i macharoni. Particolarmente impegnativo il 15 settembre dove, oltre ai soliti fegato di vitello e vitello, cervelle, soprano e castrato, si trovano finochi e selleri, codeghino, candito. Il 16, spiccano le fravole per tre volte mentre si presume che a tavola ci fossero finochi, tomazzo, pesce cane, sardelle, fichi. Il pesce cane torna il 20, con le sfoliatelle e i roscioli. Il 22 settembre ancora tanto pesce: sardelle, tomazzo, mazzole e baracole ma anche soprano, vitello, fegato di vitello. Viene citato, il giorno successivo, un pesce squadro (detto anche squalo angelo) con baccalà, sardelle e pepe. Si alternano giorni con salsicia, cipolla e cervelle. Eppoi bragiole di porco e codeghini con insalata (il 27). Il mese finirà così: polastri, ceffali, calamari, ova, finochi, pepe, cannella e garofoli (chiodi di garofano).

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