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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Protegge dall'alto Forlì

Gli epigrammi in latino di un sacerdote del Settecento dedicati alla Patrona che si festeggia il 4 febbraio fin dal Medioevo

La festa della Madonna del Fuoco è una memoria scolpita nel cuore dei forlivesi dal 1428, anno di quel Miracolo per cui oggi, appunto, è giorno di festa. Solo oggi, come da tempo si fa notare invano, mentre sarebbe opportuno – così altrove si fa per il Patrono – prolungare le manifestazioni esteriori (mercatini ed eventi festosi) per qualche altro giorno. Pare lecito ricordare questa proposta anche perché si scopre che nella storia di Forlì sono innumerevoli i tributi di ogni genere dedicati all'Immagine della Beata Vergine che vinse le fiamme di un incendio scolastico. 

Nel 1961 venne pubblicato un libretto intitolato “Alla Madonna del Fuoco” per la Tipografia Poliglotta Vaticana. Il contenuto è particolare perché in esso si leggono dei componimenti in Latino dedicati alla Patrona di Forlì. Il testo, in tale versione novecentesca, è curato da mons. Amleto Tondini che cura prefazione e traduzione dei testi. L'autore è uno sconosciuto Pietro Giovanni Fantini, sacerdote forlivese che nel Settecento ebbe velleità letterarie. Visse tra il 1710 e il 1779 lasciando scarse informazioni sulla sua vita, si sa che fu Mansionario della Madonna del Fuoco, in Duomo. Non c'è traccia del suo nome nell'allora in voga Accademia dei Filergiti, questo perché, secondo Tondini “non fu mai un letterato, diremmo oggi, ufficiale; ma coltivò la poesia latina per suo personale diletto, contento forse di leggere i suoi versi ad amici ed estimatori”. 

Tuttavia, pur nella sua modestia, riuscì ad attirare l'attenzione del cardinale Camillo Paolucci che “gli fu largo di lodi e di incoraggiamento”. A tanta stima conseguì, nel 1747, la raccolta di una raccolta di epigrammi con un titolo lunghissimo che può essere ridotto in “Sertum Poeticum”, cioè “ghirlanda poetica” ovvero “antologia”. Il volume, apprezzato dai colti dell'epoca e successivamente caduto nell'oblio, si componeva di quattro libri: nel primo (231 epigrammi) si tratta di alcuni Santi, il secondo (27 epigrammi) è centrato sulla Madonna del Fuoco, il terzo (58 epigrammi) commenta i Vangeli della liturgia quaresimale, il quarto (38 epigrammi) illustra alcuni passi della Genesi. Per “epigrammi” s'intende una serie di brevi componimenti dedicati a un tema, più o meno didascalie in poesia, un genere letterario antico che il sacerdote forlivese, in tutta evidenza amante della classicità, si sente di ripetere agevolmente. 

Per Tondini, quello dedicato alla Madonna del Fuoco è “il più riuscito” perchè in esso pare evidente un “sincero ardore per il soggetto trattato”. Per meglio dire: “Qui si sente il cuore di un romagnolo che, posto in presenza delle fiamme dell'amatissima e veneratissima Patrona, si riscalda ancor più, e canta con spontanea naturalezza”. Insomma, alla sensibilità di oggi tanto ardore riesce di difficile lettura, forse per la forma, forse per la lingua, ma lo stile è proprio del tempo. Vero è che l'autore dimostra una solida conoscenza della storia antica, della mitologia, della teologia e della Sacra Scrittura. Insomma, un erudito forlivese tra i tanti che poi sarebbe stato dimenticato. 
Per Fantini il mondo classico rimane nella sua forma, nella sua armonia, ma viene completamente riempito di un significato superiore, perfino Giunone è messa a tacere dai prodigi della Beata Vergine, e perfino Giove si calma. Il paganesimo tutto, compreso “i fasti del Nilo, piramidi ed alti obelischi”, è passeggero e destinato alla distruzione, alla morte. L'eternità, invece, passa attraverso il riconoscimento del segno di quel fuoco prodigioso. 
Simbolo evidente di questa fede è l'alta colonna che “in piazza s'inalza” (presente in quasi tutti i componimenti) la quale, benché non fatta da Prassitele e nemmeno dal “grande Policleto” resiste ai secoli perché fu prodotta da “un fuoco d'amore”, cioè “La Madre un artefice esperto donò alla città, e diede a modello se stessa, benevola, ai figli”. Passando attraverso le più disparate fasi della storia forlivese, la colonna ora appare tranquilla lì dov'è, accanto al Duomo, col suo basamento di cent'anni fa e la statua, là sopra, originale. 

Chi non si fosse annoiato, potrebbe leggere uno degli epigrammi dedicati alla Madonna del Fuoco che qui si riporta integralmente, sia nella versione originale, sia nella sua traduzione:

"Quae tua vota, tuo quae sit in pectore flamma,
indicat haec medio sacra columna foro.
Quis Rhodiae mihi iactet opus nunc, Livia, molis,
pulvere deiectum quod brevis hora tegat?
Alta tui hae animi monumenta in saecula vivent,
aeternumque ardens hic tuus ignis erit".

"Qual siano i pensieri tuoi casti, qual fiamma ti bruci,
lo dice, o Forlì, la colonna che in piazza s'ammira.
Chi mai parla più del famoso colosso di Rodi,
che il tempo in brev'ora distrusse, e la polvere copre?
Ma questo tuo segno d'amore per sempre vivrà,
e mai cesserà questa fiamma, che l'animo accese".
 

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