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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Quel sant'uomo da Venezia

Mentre ci si accinge a festeggiare San Pellegrino, occorre ricordare che a Forlì visse un altro taumaturgo a lui contemporaneo: il Beato Giacomo Salomoni.

Il 1° maggio, a Forlì, porta le bancarelle dei cedri che ricordano la festa di San Pellegrino, il taumaturgo che, dopo una gioventù turbolenta, svolse la sua missione nell'ordine dei Servi di Maria. Più o meno nello stesso periodo, cruciale per la storia urbana (gli anni del Sanguinoso mucchio), fa la sua apparizione un altro religioso benché la storia l'abbia messo in disparte. Eppure il Beato Giacomo Salomoni avrebbe molto da dire. Anch'egli, infatti, è invocato come intercessore per la guarigione da mali incurabili. 

Nato a Venezia nel 1231, apparteneva a una nobile famiglia di cui, a 17 anni compiuti, distribuì i beni agli indigenti per poi ritirarsi nel convento domenicano della città lagunare. Sua madre, rimasta vedova, scelse di diventare monaca cistercense. Il figlio seguì, o quasi, la medesima strada. Divenuto frate Predicatore, osservò per sessantasei anni la regola di San Domenico: morì a Forlì il 31 maggio 1314, nel giorno e nell’ora da lui predetti. Era, infatti, giunto in Romagna nel 1269 per entrare nel convento domenicano dell’attuale piazza Guido da Montefeltro. La destinazione fu scelta da lui proprio per vivere come uno sconosciuto, cercando in Romagna una vita nuova, senza onori né privilegi che gli derivavano dal ceto. Là, sulla laguna, era venerato e riverito anche da quel suo condiscepolo che poi, nel 1303, sarebbe diventato Papa Benedetto XI. In questo, Forlì l'ha assecondato: ora per i forlivesi è pressoché uno sconosciuto. Ora, allora no. Tanto che seppe meritarsi (qui e altrove) gli appellativi: Padre dei poveri, Padre della Patria, Apostolo di Forlì. Era suo desiderio imitare San Domenico.

Le fonti riportano che, pur non eccellendo nell’oratoria, era un’anima contemplativa e sapeva leggere nel cuore delle persone: divenne dunque l’Apostolo di Forlì. Accogliente e delicato nei confronti dei poveri, sapeva confortare gli infermi ed educare i ragazzi. I suoi doni straordinari, raccontati nell’agiografia, narrano di guarigioni prodigiose, episodi straordinari, estasi e profezie. Le suggestive cronache del tempo riportano che leggeva nelle anime e per ognuna di loro le sue parole erano balsamo e vita, che quando era in confessionale si vedeva una colomba posarsi sulla sua spalla e che la sua preghiera era taumaturgica e otteneva miracoli d'ogni genere. Ma il suo nome è scolpito anche nella storia “civile” della città. Il 1° maggio 1282, i forlivesi fecero dei francesi inviati dal Papa un Sanguinoso mucchio. La mattanza, consumatasi nell’odierna piazza Saffi, lasciò cumuli di cadaveri all’ombra di San Mercuriale. La pietà nei confronti dei defunti mosse il domenicano che convinse i forlivesi a rendere degna sepoltura ai cadaveri. Ridotti i francesi in fossa sotto il Campo dell’Abate, Salomoni consigliò poi di erigere una cappella espiatoria non lontano da dov’è ora la statua di Saffi. La Crocetta, così era chiamata, fu però demolita nel 1616 per ordine del cardinale Rivarola: alcune sue vestigia sono visibili all’interno dell’Abbazia di San Mercuriale. In questo presente smemorato, occorre interrogarsi se sia il caso di ricostruire la Crocetta, originariamente decentrata rispetto al cuore della grande piazza, per ricordare un episodio epico e le tante vittime massacrate. 

Altra traccia di Salomoni è in corso Mazzini. Il bel portale rinascimentale in marmo d’Istria che orna l’ingresso della chiesa del Carmine, scolpito dalla mano di Marino Cedrini (anche lui veneziano), reca le figure dei santi protettori della città. Uno tra essi è indicato essere, appunto il Beato Giacomo da Venezia, il Salomoni. La lunetta faceva da cornice alla porta della Cattedrale dal 1465 al 1841, quando da essa fu staccata per i lavori che hanno reso la chiesa madre della città un grandioso tempio neoclassico. Proprio la Cattedrale conserva un ritratto secentesco del Beato. A Forlì, poi, rimane la testa del Predicatore, inserita in un reliquiario, dove è presente pure il drappo che avvolgeva Salomoni: una preziosa manifattura veneta del Trecento. Ancora nella Cattedrale di Forlì si scoprono altre testimonianze della presenza del Beato ma occorre rispolverare un’oscura vicenda, un omicidio. L’assassino di San Pietro Martire, pentitosi, si recò a Forlì, nel convento dei domenicani, dove si abbandonò tra le braccia di Salomoni: il Predicatore divenne suo padre spirituale e lo convertì. Tanto che Carino da Balsamo, così si chiamava l’attentatore, morì in odore di santità e attualmente è Beato: il corpo è a Forlì e la testa a Balsamo. In Cattedrale c’è pure l’arma con cui la tradizione vuole che Carino colpì a morte Pietro da Verona. Per scovare altre tracce dell’Apostolo di Forlì (non ci sono vie in suo nome), occorre tornare nel vecchio convento di San Domenico. Là era e là è tornata l’urna preziosa in marmo bianco che conteneva le spoglie del Predicatore. È conservata nei locali della Pinacoteca e merita una visita essendo uno dei capolavori più preziosi e imponenti delle Raccolte civiche forlivesi.

Il sarcofago gotico a capanna sostenuto da sei colonne fu donato a Forlì dalla Repubblica di Venezia nel 1340 per riporvi il corpo di Salomoni. Era in origine collocato nella quinta cappella a sinistra della chiesa di San Domenico, sotto una tela che rappresentava il Beato mentre risuscita un morto. L’urna contenne il corpo fino al 1879, da allora Salomoni fu esposto in una teca e collocato in un altare del Duomo. Nel 1939, però, il corpo fu portato a Venezia, là da dove era partito, ed ora è venerato nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo (San Zanipolo), sull’altare della Cappella del Nome di Gesù nella navata destra. Fu proprio una piaga cancerosa al petto, sopportata senza rinunciare alla missione, che condusse il Beato alla morte. Si narra che i suoi funerali, nel capoluogo romagnolo, riuscirono trionfali e Forlì lo elesse a patrono. Nel 1526 fu il cardinale forlivese Cristoforo Numai a ottenere da Papa Clemente VI l’approvazione della festa, da celebrare il 31 maggio, “con ufficio proprio di rito doppio” e messa solenne. Il 22 settembre 1622, Papa Gregorio XV approvò universalmente il culto dell’Apostolo di Forlì, dichiarandolo Beato. La sua festa ricorre il 31 maggio, quasi un mese più tardi di quella del più noto San Pellegrino Laziosi. 

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