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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

S'udiva in piazza uno squillo di tromba

Fino al 1861, al tramonto, dal Municipio si avvertiva uno squillo di tromba. Cosa significava? Ricordo di un antico rito che con l'Unità d'Italia venne abbandonato.

Accade che la chiesa del Patrono accolga la Patrona. Accade nella città dove le lotte tra guelfi e ghibellini andarono ben oltre il medioevo. E una festività metteva e mette d'accordo tutti. Per chi crede o no, si tratta di un periodo comunque forte per la città quello della Madonna del Fuoco. Tutti (si spera) conoscono la storia della scuola che, forse per una stufa non spenta, s'incendiò sull'attuale via Cobelli e da essa fu tratta indenne soltanto un'antica xilografia già opera d'arte di per sé per la sua unicità. L'Immagine mariana, conservata in Duomo, ogni anno è visitata e celebrata il 4 febbraio. Fino a tempi non lontani c'erano anche altri giorni festivi dedicati alla Patrona di cui poi, la maggior parte dei forlivesi, si è dimenticata. Ma il 4 febbraio ha sfidato il tempo dal 1428 e resiste con una tenerezza ben radicata. Era notte: una scuola andò a fuoco, il sogno di ogni studente, forse, il segno di un prodigio che dura nel tempo, certamente.

Dal Quattrocento è festa di popolo, ed è una delle rare occasioni in cui Forlì si fa bella proprio perché la parte ghibellina e la parte guelfa, addolcite anche dalle piadine dolci, entrano in Cattedrale e salutano l'Immagine ornata da fiori. Potrebbe proporsi di allungare il “tempo della festa”, almeno quella profana – con le bancarelle – perché un giorno solo, in fin dei conti, non è poi così tanto.

Eppure, se è vero che spesso si notano formelle con riproduzioni della Patrona qua e là per le case del centro, segno chiaro che l'identità popolare della città è indissolubilmente legata alla Madonna del Fuoco, ci si dimentica che, per ragioni per lo più ideologiche, furono rimosse dalla "pubblica piazza" due importanti immagini mariane. La colonna della Madonna del Fuoco e un rilievo in marmo (meno conosciuto, di cui si tratterà qui), entrambi di notevole importanza storica e artistica, testimonianza di un secolare connubio tra senso religioso e potere civile. 

Un altorilievo in marmo di Carrara, di quattro quintali di peso, fu scolpito nel 1761 dai fratelli Toselli di Bologna. Raffigura la Madonna del Fuoco con una particolare graziosità e il Bambino sembra guardare chi lo guarda. Attorno, le fiamme e sopra il sole e la luna, come iconografia vuole. Difficile ricordarsi che questa era una delle Madonne in piazza che furono fatte sparire senza troppi complimenti negli anni tra l'Unità d'Italia ai primi del Novecento. La statua di Clemente Molli, sulla colonna, è dal 1928 in piazza del Duomo dopo aver subito lo “sfratto” per far spazio, poi, a Saffi pensoso. La Madonna marmorea “da parete”, invece, era in un angolo della piazza che non esiste più. In quello che oggi è noto come Rialto Piazza, nel cantone dove s'incontrano la piazza Saffi, corso Garibaldi e corso Diaz, si estendeva il Ponte del Pane, una specie di “Ponte Vecchio” alla fiorentina (di dimensioni ovviamente più ridotte), con botteghe e forni. Canalizzato il fiume, coperto il corso d'acqua e livellato il ponte per ridurlo a “rialto”, fu edificato un arco che ancora si scorge in riproduzioni secentesche della piazza: collegava il Municipio col Palazzo del Podestà. Di stile barocco, ospitava, sulle due facce, sculture di marmo tutt'ora esistenti, ma altrove: il busto del cardinale Merlini guardava la piazza, e questa Madonna del Fuoco, particolarmente venerata dalla popolazione, era sul lato opposto. Nel 1824 l'arco fu abbattuto (ah, il traffico!) e la Madonna fu murata nel fronte esterno del Municipio, allora Palazzo Apostolico. Per essere più precisi: l'Immagine era collocata al secondo piano, al posto della finestra centrale. Al tramonto del sole, un "donzello" del Comune accendeva due lampade davanti alla Vergine e uno squillo di tromba invitava i forlivesi a venerare Maria. Il rito fu abolito con l'Unità d'Italia: già dal 1862 le trombe tacquero e le lampade rimasero spente. In Emilia, per esempio a Modena, riti simili sono tutt'ora vigenti e sul Municipio c'è un'effigie mariana. A Forlì, evidentemente, a qualcuno dava fastidio e, come accadde per la colonna, furono smantellati manufatti e tradizione. 

Infatti, il 19 giugno 1888, l'anticlericalismo locale, facendo leva sui restauri al palazzo Comunale, riuscì nottetempo a rimuovere la scultura. La cittadinanza, indignata, non vide esaudito il desiderio di rivederla dov'era: rimase giacente nei sotterranei della Pinacoteca per almeno dieci anni. Finché nel 1898, per interessamento dei Servi di Maria e di alcuni cittadini particolarmente sensibili alla storia e alle tradizioni dell'urbe, il manufatto fu collocato nella chiesa di San Pellegrino, dapprima in una cappella laterale, poi dov'è ora: nel muro al termine della navata sinistra, sopra la porta che conduce al Capitolo. Così, la chiesa che accoglie le spoglie del Patrono, il Santo ghibellino Pellegrino, dà ricetto anche all'altorilievo marmoreo della Patrona, la Madonna del Fuoco, per lungo tempo venerato tra lumi (tradizione che nelle case più accorte non cessa) e squilli di tromba. 

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