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Martedì, 16 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Scoperto il Mercato Coperto

Il Foro Annonario di Forlì è oggetto di un progetto di recupero. Per guardare avanti, occorre voltarsi indietro e ricordarsi della sua lunga storia.

In questi giorni si può finalmente “toccare con mano” il progredire dei lavori di recupero e di valorizzazione del Foro Annonario, nome proprio del Mercato Coperto. Eppure quest’area nasce da una ferita insanabile. Dal Duecento, parte dell’attuale piazza Cavour era occupata dalla chiesa di San Francesco Grande, la terza per ordine d’importanza della città, probabilmente la più bella. Con una sbrigativa noncuranza un privato cittadino, Luigi Belli, faccendiere filofrancese, rase al suolo quanto era rimasto dell’antico luogo di culto alla fine dell'estate del 1815. Si era aggiudicato al pubblico incanto gli avanzi della chiesa, l’orto e il convento e, come già fatto per altre zone da lui acquistate, fece letteralmente piazza pulita. Parti del convento risparmiate erano state destinate a uso militare, divenendo la caserma Misura. 

Rimase così una lacuna, la piazza divenne una vera e propria piazza o, come si diceva allora (e perché oggi non più?), “campo”. Il “campo San Francesco” divenne “piazza Camillo Benso conte di Cavour” nel 1860. Lo statista piemontese non è stato particolarmente fortunato per l’odonomastica forlivese, dopo essere subentrato al Patrono d’Italia e, per un certo tempo, addirittura a Garibaldi, si trova a condividere l’intestazione della piazza a nomi popolari come “delle Erbe” o “delle Ortolane”. Dal 22 novembre 1822, infatti, sullo spazio del tempio demolito di allestirà il mercato delle granaglie il lunedì e il venerdì. Prima, questo commercio era in piazza della Misura (perché vi si misurava il venduto). A dire il vero, sembra che si tratti di una consuetudine medievale. Sul lato del “campo” in cui si estendeva la grande chiesa, tra il 1837 e il 1840 fu poi costruito il Foro Annonario. La struttura, progettata da Giacomo Santarelli, prevedeva una piazza chiusa su due lati opposti da due corpi che anticamente facevano parte del convento di San Francesco (ne erano i bracci). Il terzo lato è di nuova costruzione, con un portico a sette fornici. I bassorilievi, posti sulla facciata dell'edificio, rappresentano i due fiumi, Montone e Ronco fra i quali siede la città di Forlì, e portano la firma dello scultore Luigi Righi. Gli altri lavori in stucco del medesimo artista e il gruppo colossale dell'Ercole e il Toro, modellato dal forlivese Apollodoro Santarelli, che adornavano il Foro, furono maldestramente distrutti. Sul retro, un’elegante esedra, sorretta da colonne tuscaniche, ospitava anticamente il mercato del pesce, compito che è stato appena ripristinato. Buona parte di quanto detto sopra non è visibile perché coperto da una tettoia in ferro e plexiglas che dal 1970 spenge l’armonia e la grandiosità della struttura. Da allora, sono sorti i chioschi all’interno di quella che, ora non sembra, è una piazza. 

Il costo della costruzione destinata a riunire in un solo punto la vendita della carne e del pesce fu a carico del Comune, allora retto dai Legati pontifici Nicolò Grimaldi e Alessandro Spada. Nel 1839, le beccherie di piazza San Carlo, all'interno del Palazzo Comunale, vennero trasferite nella nuova struttura allestita ad hoc con banchi di marmo per i pescivendoli. Fu scelto un ingresso assai simile a quello dei Giardini Pubblici nella versione originale; i due progetti, in effetti, sono fratelli. Il luogo era ideale, a pochi metri dal canale di cui ancora è ben distinguibile il corso coperto purtroppo da un manto di cemento. Nella piazza attigua, dal 1890 al mercato delle granaglie si aggiunse quello delle erbe che aveva avuto sede in piazza Maggiore. All'interno del Foro Annonario, intanto, si andava allargando la tipologia dei beni venduti: non solo carne e pesce, ma anche altri prodotti commestibili. La merce entrava con mezzi a trazione animale, segno che, in tempi in cui non si parlava di chilometro zero, lo si faceva e lo si viveva. Nel Novecento, dagli anni Quaranta in poi, sono stati fatti dei lavori di adattamento e trasformazione che hanno in parte alterato il primitivo aspetto solenne. Per altri vent'anni fu sede pure di un mercato agroalimentare all'ingrosso con sei ditte grossiste che si approvigionavano esclusivamente da coltivatori locali. Si ampliò il raggio d'azione, anzi, s'incentivarono le merci provenienti da altrove: molti prodotti arrivavano da Bologna, i cocomeri e le patate da Ferrara. Venne poi il tempo degli agrumi di Sicilia, delle banane e di altri frutti esotici. Nel 1961 fu aperto il nuovo mercato ortofrutticolo di viale Vittorio Veneto e il Foro Annonario perse quest'aspetto. Poco più di dieci anni dopo, dalla lontana Nuova Zelanda, si diffusero sui banconi del mercato i frutti dell'actinidia, detti kiwi, che ben attecchiranno in Romagna. 

Sono degli anni Settanta i tigli che fanno ombra alla piazza, hanno sostituito l'alberatura tagliata negli inverni dell'ultimo conflitto mondiale per riscaldare qualche casa del centro storico. Ma ormai, all'ombra di quei tigli, al posto delle bancarelle colme di ortaggi e frutta era stato previsto un più prosaico parcheggio. Fu preferito, pertanto, trasferire all'interno del Foro gli eredi dei mercanti di erbe e granaglie, chiusi in chioschi che hanno trasformato la piazza interna, coperta dalla tettoia, in un labirinto chiassoso e affollato. Entrare nel mercato dava luogo a trattative per ottenere un buon prezzo (cose da professionisti), appostamenti, sondaggi tattili e olfattivi, levatacce per accaparrarsi le primizie, chiacchiere. Nelle ore di punta, un andirivieni di sportine piene usciva dagli spacci alimentari come la polleria e la macelleria. Spesso nel freddo inverno, con i mercanti imbacuccati, tra foglie di ortaggi di scarto per terra e il forte odore dei prodotti ittici che usciva dalle pescherie, si svelava un mondo per intenditori o, meglio, per intenditrici. Molte donne, talora con bambini, si avventuravano con destrezza tra i banchi mentre i mariti preferivano aspettare fuori appoggiati alla bicicletta. Nel 2009 fu applicato a uno dei piloni dell'ingresso un bassorilievo in bronzo dove l'artista Angelo Ranzi ha raffigurato l'arzdora, figura femminile che ha sempre saputo condurre le trattative in piazza delle Erbe. Quando sembrava un fenomeno avviato al limbo delle obsolescenze, pare che oggi lo si voglia riscoprire tornando all'antico. Il vociare e il chiasso del mercato che andava ben oltre la struttura stessa non sarà mai più come prima. I tempi, è ovvio, sono cambiati sebbene sembri che il fascino del centro commerciale ottocentesco stia riprendendo vigore. Si resta oggi con l’auspicio che il Mercato Coperto (o, meglio, il Foro Annonario) sia “scoperto”, cioè privo della tettoia che mortifica la struttura. Se poi a qualcuno venisse in mente di promuovere la ricostruzione e il ricollocamento degli stucchi monumentali del Santarelli...

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