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Martedì, 23 Aprile 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Una Rovere sul confine

Lungo la strada per Firenze, la storia di una frazione “verde”

Terra di confine per secoli, la Rovere sorge su un terreno dalla storia lunga. Rovere, il cui nome ricorda ai latinisti il genitivo irregolare di vis, la forza, cioè roboris, che significa anche “della quercia”. E ciò suggerisce una pianta robusta, ben piazzata. Indicata pure ufficialmente come Villa Rovere, all'inizio del Ventunesimo secolo, almeno nella lingua del Palazzo, perse la Villa. Se una frazione della città prende un nome simile, significa che l'albero di cui si parla era un punto di riferimento o per la posizione (come ultima ombra prima del Granducato) o per la possanza. Così, la Rovra è rimasta tanto impressa da aver prevalso finora. Si sa di più di questa pianta? Le strade che si aprono sono principalmente due. 

Che si riferisca a un albero miracoloso?
Un'antica pianta era nei pressi della chiesa di San Pietro in Arco. Nel Seicento, un devoto vi fece appendere un'immagine mariana che fece prodigi: si narra che abbia ridato la vista a ciechi e compiuto altri miracoli, tanto che i forlivesi tenevano nelle proprie case un ramoscello tratto da questa rovere. L’immagine fu poi collocata nella chiesa di San Pietro in Arco dal vescovo Cesare Bartolelli, fin quando fu costruita una celletta nel luogo in cui si trovava la quercia. La celletta attuale, sempre sulla via Firenze, è la riproposizione dell'antica, edificata in posizione più arretrata e più lontana dalla strada. 

Che si riferisca a un albero ghibellino?
Ai tempi di Giovanni d'Appia (cioè nel Duecento) esisteva, come punto di riferimento, una grossa rovere. Qui, per esempio, si sarebbe appostato l'esercito francese durante l'assedio a Forlì in quel 1282 che lo vide ridursi in sanguinoso mucchio. 
Non si può nemmeno escludere, vista la longevità di questo tipo di quercia, che le due ipotesi afferiscano alla medesima pianta. 
Non si può nemmeno escludere, inoltre, che il toponimo sia un omaggio al papa Giulio II, nato Giuliano della Rovere: del resto, di qua c'erano le chiavi di San Pietro, di là le palle dei Medici. Il Pontefice che recava sullo stemma un albero con ghiande e foglie lobate avrebbe posto fine per sempre alla Signoria forlivese, da allora dipendente da Roma. Qualche decennio più tardi, Firenze risponderà fortificando il suo confine di Terra del Sole, immaginando una città perfetta. 

Certa, invece, è la presenza della chiesa di Santa Maria della Rovere, sorta sull'antico monastero di San Pietro in Arco, così chiamato perché edificato entro un'ansa del Montone. La chiesa che oggi si vede ha eleganti e austere forme secentesche, pur mancando, però, la cupola, crollata in seguito al terremoto del 1870. Se il centro abitato rimane addensato sulla Tosco-Romagnola, la parrocchiale rimane un po' defilata ma sa farsi notare. I suoi volumi si stagliano sulle vigne, regalando un punto di vista prezioso a chi attraversa la Statale ombreggiata da pini caratteristici a nove chilometri da piazza Saffi. Gli interni del luogo di culto, conosciuti più che altro da chi frequenta la frazione, sono arricchiti da manufatti che un tempo erano collocati nella chiesa forlivese di San Giacomo. Sarà per il toponimo, si nota che i nomi delle strade principali, qui, ricordano alberi: il gelso, il pino, le vigne. Tutto questo verde sa tingersi anche di rosso: una curiosità della frazione è la collezione di macchine sportive create da Ilario Bandini, genio autodidatta delle auto da corsa, raccolte in un museo visitabile su appuntamento. 
 

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