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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Un albergo per la città

L'Hotel della Città è nel cuore della città. Ora ha le porte chiuse. Ha sessant'anni di storia e si spera non sia finita qui.

Esagoni nell'esagono: così si potrebbe riassumere, in linguaggio geometrico, l'Hotel della Città. Con le festività natalizie e connesse luci brillanti, si nota la lacuna a metà di corso della Repubblica dove, fino alla primavera del 2015, era aperto il complesso architettonico progettato da Gio(vanni) Ponti nel 1953. Da allora le sue luci sono spente e il grande spazio che si estende tra corso della Repubblica, via Fortis e via Fronticelli Baldelli è lì, in attesa di un futuro dignitoso e lucente, come si confarebbe a un simile edificio. L'esagono è la forma che più si avvicina al centro storico e alle finestre della struttura malinconicamente chiusa. 

Un tempo non lontano, su Borgo Cotogni si estendeva una fila di abitazioni come le case Albanesi e Bazzotti. Quell'isolato fu sventrato già negli anni Quaranta, ove furono edificati condomini con alloggi per impiegati statali verso via Oberdan. Con la guerra, l'opera non fu completata e metà dell'isolato (verso via Fortis) rimase vuoto. Rimase in sospeso anche il desiderio di dare a Forlì un "Grand Hotel", degno della città: in origine s'immaginava una vasta struttura ricettiva in piazza Saffi, cosa che poi rimase sulla carta. Tale esigenza era sentita anche dieci anni più tardi, e così, grazie all'editore forlivese Aldo Garzanti, fu costruito un edificio intitolato alla memoria dei genitori Livio e Maria. L'intento era quello di creare un'istituzione per ospitare letterati e artisti in "pensione". A sostegno della stessa, oltre all'omonima Fondazione, fu progettato un albergo a cinque piani, i cui redditi servivano a mantenere gli artisti ivi alloggiati. 

Incaricato per la progettazione Gio Ponti, l'albergo fu realizzato dalla ditta Enea Orioli e poté essere inaugurato nel 1957. Oltre all'albergo-ristorante, Aldo Garzanti aveva in mente, appunto, un centro di ospitalità per artisti, studiosi, scienziati e letterati bisognosi di sostegno economico e/o particolarmente eccellenti. Così nacque il centro studi Fondazione Livio e Maria Garzanti. Sorse con questo curioso e generoso impeto di mecenatismo l'Hotel della Città, per il quale a questo nome si volle aggiungere Et de la ville, una ripetizione, certo, ma nella lingua degli artisti fin de siècle. La facciata del corpo centrale è caratteristica per le venticinque grandi finestre esagonali. Un altro settore, sulla via Fronticelli Baldelli, ha per anni ospitato l'asilo statale Garzanti. Per lungo tempo sede dei più prestigiosi consessi della città, la struttura non fa ombra a corso della Repubblica perché un giardino imbandierato la protegge, e non manca una curvilinea vasca d'acqua con ponticello.

Nell'ampio complesso, ci sono saloni e sale destinate alla ristorazione: nei menù campeggiavano suggestivi "petti alla principessa" o "scrigni di Venere", mentre sull'unico corpo che aggetta su corso della Repubblica c'era un negozio di dischi, quindi di elettrodomestici e poi una banca. Ora rimangono tristi vetrine vuote. 

All'interno, era caratteristico il notevole corredo d'arte (quadri, in particolare) mentre l'arredamento originario anni Cinquanta fu rivisto e cambiato notevolmente con l'avvento del ventunesimo secolo. Così, chiuso l'accesso al ristorante - albergo su via Fortis, fu privilegiato l'ingresso su corso della Repubblica e la parte ristorativa prese il nome di "Bella Romagna". Il recente restauro ha tolto la patina "antica" (come il lustrascarpe elettrico nel guardaroba), sostituendo tra l'altro preziosi lampadari e riallestendo i saloni (come quello in cui traboccavano gagliardetti internazionali). 

La struttura rinnovata, però, non ha avuto lunga vita e ora attende un futuro degno dell'importanza architettonica, unica per la Forlì del secondo dopoguerra. Già pare (o si spera) che si stia muovendo qualcosa. Nel frattempo, a chi non ha occhi distratti potrebbe sorgere una domanda: le piastrelline bianche sul lato di via Fortis, rimosse con l'ultimo restauro, hanno lasciato una lacuna grigia di cemento a vista. Torneranno al loro posto? Il vicino mosaico con l'immagine dell'abbazia di San Mercuriale le sta aspettando. 

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