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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Un desiderio che si chiama tram

Fino al 1929, Meldola, Forlì e Ravenna erano collegate da un trenino lento ma volano per i trasporti e per l'economia. Con le dovute modifiche, sarebbe un'infrastruttura indispensabile anche oggi.

Difficile capire perché a Forlì, popolarmente, si stenti a dire autobus preferendo a questo termine un improbabile tram. Improbabile perché le uniche rotaie che solcano queste parti sono quelle del treno. Eppure, prima del 1930 un tram collegava Forlì con Ravenna e con Meldola. Tram nel vero senso della parola: su rotaia. L'iniziativa ebbe origine nel 1879, anno in cui due professionisti: Giulio Romagnoli e Giovanni Brusaporci, l'uno forlivese e l'altro meldolese, presero sul serio un problema. Cioè: come sviluppare l'economia dell'entroterra con un collegamento verso il mare? E come fare uscire Ravenna da un isolamento che, nonostante il porto, la separava dalla Romagna interna? La mente, l'avvocato Brusaporci, non aveva compiuto trent'anni quando coinvolse con entusiasmo il braccio, l'ingegnere progettista Romagnoli, e altri soci. Così si mise a progetto una linea tranviaria interurbana a vapore. Il primo tratto a entrare in uso fu la linea Forlì-Ronco-Meldola (dal 19 novembre 1881). Durante l'inaugurazione, il Cav. Farneti disse: "E finalmente un fischio acuto e prolungato percorse lo spazio... strappò dal petto di quel popolo un grido di gioia". Era stato steso un unico binario a Meldola, con capolinea nei locali prima occupati da un convento, poi dall'ex Consorzio Agrario Provinciale. Altre fermate erano Magliano, Montale, Carpena e Ronco. Il tracciato, appunto, accompagnava l'attuale viale Bidente da Meldola al Ronco (nella "vecchia" versione ombreggiata dai platani) poi viale Roma fino a viale Matteotti: qui, all'altezza di piazzale Indipendenza, c'era il capolinea e l'inizio del tratto per Ravenna. 

Per cinque anni, dal 1882, vi fu anche un tronco che consentiva di percorrere sui binari corso della Repubblica (già Vittorio Emanuele) e piazza Saffi (già Vittorio Emanuele). Il servizio venne sospeso perché i binari risultarono degradati ma soprattutto perché il rumore e i fumi della locomotiva non erano graditi ai residenti di Borgo Cotogni. Di fatto non fu più ripristinato. Si hanno notizie anche di un tronco che nel 1883 univa piazza Vittorio Emanuele a via Ravegnana. Forse il tratto fu fatto sparire con quello di Borgo Cotogni che ad esso era collegato, sul lato destro del senso di circolazione stradale. 

La stazione principale del tranvai era sull'attuale viale Matteotti; l'originale fabbricato viaggiatori venne abbattuto e oggi, all'angolo con viale Oriani, c'è un edificio che ne conserva alcuni aspetti. Nei pressi, altri locali, strutture, spazi dedicati alla linea, alcuni dei quali sono ancora visibili. 

Poi fu la volta di Ravenna: essa aveva un unico terminale ferroviario, una diramazione da Castelbolognese della linea Bologna - Ancona, per il resto era tagliata fuori. Forlì dista meno di 30 km, ma per raggiungerla in treno occorreva (e occorre) circa il doppio. Il tram risolse drasticamente la distanza. Il 10 novembre 1883 i primi passeggeri poterono fruire della nuova infrastruttura. Le fermate intermedie erano Ospedaletto, Durazzanino, Coccolia, Ghibullo, Longana.

Ogni 3 km c'era un cantoniere, sulla locomotiva non mancava il macchinista e un agente per segnalare con un fischio o corno l'arrivo dei convoglio ai veicoli e persone sul soccorso. Ogni vettura aveva un frenatore. La tranvia, almeno all'inizio, vantava 3 locomotive a vapore da 6 tonnellate, 6 vagoncini chiusi, 6 giardiniere, 8 carri merci.

Vero è che raggiungere il porto di Ravenna da Forlì richiedeva 98 minuti di viaggio: la locomotiva spingeva fino a 18 chilometri orari (di notte 11) ma nei centri abitati non superava i 6. Tanto che in ultimo molti vedevano più conveniente la bicicletta: quella lentezza, quel rumore, la possibilità di sostare alla stazione di Durazzanino sono spariti (si spera non per sempre) nel 1929. I ruggenti anni Venti avevano reso obsoleto il trenino, dalla velocità non tanto differente da quello che si vede oggi tra il Parco urbano e piazza Saffi. Già prima si era messa in mezzo la guerra, con il blocco del porto di Ravenna che aveva duramente provato le casse della Società. Durante la Prima guerra mondiale, l'Ufficio Speciale delle Ferrovie ridusse le assegnazioni di carbone, costringendo la tranvia ad interrompere il servizio nel giugno 1917. Tale sospensione temporanea genera fatti curiosi: in quello stesso anno viene arrestato Aurelio Montanari, detto Piripèn, noto fabbricatore di carrozze che si serviva dei binari per i suoi affari privati. Tempo un anno e tutto riparte. Purtroppo la redditività rimase bassa così da far registrare già a metà degli anni Venti un calo di dipendenti anche se il bagaglio mezzi era notevole in rapporto alle altre tranvie italiane. Altra questione: nel frattempo si andava potenziando il trasporto su gomma, così il trenino risultò fuori gioco. 
Sulla Ravegnana è intuibile ancora il tracciato del binario e di tanto in tanto si scorge ciò che resta delle stazioni obsolete, con ovvio cambio di destinazione (quella di Ghibullo è ora una struttura ricettiva che si chiama, appunto "Vecchia stazione"). In città, tra l'altro, per ovviare all'intersezione con la ferrovia del treno, fu fatta "scendere" la via Ravegnana che ancora presenta un abbassamento sotto l'attuale Ponte del Vapore.

Il tram a scartamento metrico, svolgeva un servizio di prima e seconda classe per i passeggeri e un servizio merci imperniato sul collegamento fra il porto di Ravenna e le attività agricole e industriali dell'entroterra romagnolo. 
Per vari motivi Brusaporci e soci ben presto passarono la mano a una società belga, appositamente costituitasi con il nome di “Società Anonima dei Tramways delle Romagne”, avente sede a Liegi e direzione di esercizio a Forlì, il cui logo arzigogolato è raffigurato nell'immagine. Dopo il 1885 s'incrementò il traffico merci e negli anni seguenti vennero aperti i raccordi con la Fonderia Forlanini di Forlì ed alcune fornaci. Furono incrementati il servizio e il parco rotabili: nove locomotive erano in servizio nel 1905, trenta carrozze e due carrelli di manutenzione. In quell'anno la società conta 104 dipendenti e vanta un traffico relativamente modesto ma in crescita, che ha toccato 181 mila viaggiatori e 54 mila tonnellate di merci. Nel suo complesso, la linea misura 46 km, essendo stata inaugurata, il 3 agosto del 1900 anche la parte Ravenna-Classe, lunga poco più di 4 chilometri, destinata prevalentemente al trasporto delle merci, più che altro barbabietole destinate allo zuccherificio. La tranvia, così, fu un sogno durato cinquant'anni, sogno e segno di una città dinamica e che non si lasciava spaventare e ambiva a crescere, svilupparsi, migliorarsi anche attraverso progetti che adesso (!) sembrano irrealizzabili o sovradimensionati. Allora si vedeva il bisogno, si progettava, si faceva. Poi avvenne il disfacimento: dopo il tramonto del 31 dicembre 1929 partì da Meldola l'ultimo mesto convoglio. Da allora più nessuno scampanìo e inevitabili danni economici immediati specialmente per Meldola.

Nonostante la lentezza, però, il tram, rispetto al treno, ha un punto di forza non indifferente e che può tornare assai utile nel mondo contemporaneo: infatti, può entrare nelle città. Per esempio, a Ravenna c'era una fermata davanti al teatro Alighieri. A Forlì, per qualche anno, il percorso, come detto, fu urbano e si poteva scendere dal vagone davanti a San Mercuriale. Oggi, così avviene nelle città tedesche delle dimensioni di Forlì o Ravenna: un treno che entra in città, risolvendo problemi di polveri sottili, blocchi del traffico, parcheggi e parchimetri, e via discorrendo. Darebbe una bella ossigenata un po' a tutti un collegamento ferroviario tra il porto di Ravenna e l'aeroporto di Forlì, se ci fosse la volontà di realizzarlo. Evidentemente nell'Ottocento si era molto più coraggiosi di adesso. Sulla carta sono rimasti i progetti del collegamento piazza Vittorio Emanuele-Porta Schiavonia che poi avrebbe raggiunto Castrocaro e Faenza (1885). Altro progetto che nello stesso anno fu bocciato fu la linea Ronco-Forlimpopoli-Cesena. Scartata fu anche l'ipotesi Cesenatico-Mercato Saraceno. Un'altra idea propugnata dal Deputato Alessandro Fortis fu una proposta di modifica del tracciato tra Meldola e Forlimpopoli che comprendesse anche Bertinoro. In città, invece, si pensò anche a un raccordo con la vecchia stazione (mai realizzato) mentre altri furono eseguiti (per la Forlanini, l'Eridania, la Saom-Sidac e altre industrie). Se tutti questi progetti fossero stati approvati e perfezionati, o mantenuti, vi sarebbe una vera e propria metropolitana di superficie in Romagna. Un collegamento ferroviario Forlì-Ravenna e Forlì-paesi di collina, anche in questo secolo, potrebbe essere sia un'opportunità sia una necessità. Per il momento (sperando di non aspettare troppo), ci si accontenti degli ormai sbiaditi detti dialettali: Chevat d'ilè con che tranvai! oppure Sèl che tranvai?


 

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