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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

" Vi racconto la storia del ""Foro di Livio"". Insegno, ma sono anche giornalista. Sono dottore in Giurisprudenza ma anche in Scienze religiose. Osservatore curioso, sono appassionato di storia locale e di musica del Settecento. Ho il vizio di scrivere e pubblicare (con discrezione) saggi, manuali, racconti. Mi occupo anche di birra, ma questa è un'altra storia "

Il Foro di Livio

Un palazzo dalla lunga memoria

In restauro l'antica dimora degli Hercolani e di altre nobili famiglie. Un intreccio di storie in via Maroncelli.

Passando da via Maroncelli si nota un edificio racchiuso in un manto bianco: si tratta di Palazzo Hercolani in restauro. La cancellata chiusa cela la corte con macchinari e attrezzature per recuperare uno dei più importanti edifici della città. L'aspetto austero, come è stile da queste parti, lo fa passare inosservato all'occhio distratto che non distingue la facciata imponente anche per via della strada stretta. Eppure è uno stabile sontuoso e con una lunga storia benché rivisto secondo la moda dell'Ottocento. Infatti, la famiglia da cui prende il nome si estinse passando nel 1847 il palazzo a Sesto Matteucci. Fino a quel momento erano evidenti gli originari tre stabili eterogenei che formavano il palazzo, quindi il nuovo proprietario, il conte Matteucci, volle uniformare il tutto in un unico grande edificio. A quel tempo aveva ancora un solo piano ma nella sostanza stava diventando quello ch'è ora. La sensibilità della nuova proprietà chiamò pure artisti di fama come Pompeo Randi per decorare gli interni. La figlia di Sesto Matteucci sposò Filippo Guarini e così il Palazzo fu Guarini Matteucci fino al 1946, quando fu ceduto alla cooperativa “Carlo Marx”. L'ultimo passaggio di proprietà si ebbe nel 1985 quando fu comprato da Assicoop. Iniziò quindi una lunga campagna di restauro che ebbe termine nel 1992. In quest'occasione emerse dall'oblio un importante affresco del 1869 a firma di Pompeo Randi, raffigurante la Beata Vergine del Fuoco e i santi forlivesi. Recentemente si è saputo che diverrà sede di un'importante azienda forlivese nota in tutta Italia come catena di elettronica di consumo ed elettrodomestici. Dunque sono iniziati nuovi interventi di restauro.

Resta però l'antico nome, eredità di una famiglia che per più di mezzo millennio si è distinta in città e del cui campione Cesare si spera sarà “restaurata” la fama e ricordata dai forlivesi stessi al pari del grande palazzo ampio oltre tremila metri quadrati. Degli Hercolani si sa che furono presenti anche in quell'11 dicembre 1212, considerato il “compleanno di piazza Saffi”, cioè quando il Campo dell'Abate passò alla comunità di Forlì. Al momento dell'accordo vi era, infatti, tra gli altri Almerigo Ercolani, ancora citato senza quell'acca che, come un vezzo, come un pegno d'antico, in seguito sarà stabilmente anteposta. La famiglia s'insediò qui, a due passi dall'antica chiesa di San Martino in Castello (tra l'omonima via e via Maroncelli) da tempi immemorabili e numerosi esponenti furono ascritti al numero degli Anziani, molti della schiatta figurano come Gonfalonieri del Rione San Biagio o uomini di legge. 

Nel Quattrocento, tra gli Hercolani emergono dei nomi di “trafficoni”, fedeli agli Ordelaffi o a chi altri comandava ma specialmente ai loro interessi. Giovanni, per esempio, fu spedito come ambasciatore da papa Martino V. Si fa menzione di un Ettore che il 6 luglio 1438 avrebbe avviato una trattativa senza esito con un emissario del Duca di Milano per consegnare Forlì alla città lombarda. Dopo il mancato complotto, l'Hercolani ribadiva la sua posizione indossando un paio di calze con i colori di Milano. Essendoci, in quel momento, un vuoto di potere nessuno si premurò di far fuori lo spavaldo nobiluomo che alla fin fine sarà esiliato. A parte questo esponente destabilizzante, in genere gli Hercolani si dimostrarono cauti diplomatici determinanti per il consolidamento del potere. Troviamo, non a caso, Sigismondo tra il comitato di accoglienza, a Roma, del nuovo Signore Girolamo Riario, nipote del Papa e da lui mandato a Forlì con la giovane sposa Caterina Sforza. Anche qui Sigismondo trattò per dare alla sua città le migliori condizioni possibili per il cambio di gestione. Lodovico era siniscalco (cioè alto funzionario) di Girolamo Riario e, dopo la rivolta e l'omicidio del Riario, rimasto fedelissimo, riuscì a fare in modo che Caterina Sforza non fosse esautorata. Sarà tuttavia uno dei suoi figli, Cesare, a eternare il nome della famiglia. Di questo personaggio “Il Foro di Livio” si è già occupato, basti ricordare la lapide murata nel Palazzo a metà Ottocento per ricordare l'antico forlivese: “Difendendosi come un leone contro quattordici armati qui cadde ferito a morte Cesare Hercolani, celeberrimo condottiero forlivese, vincitore di Francesco I a Pavia. Il Conte Filippo Guarini pose questa memoria in onore a lui e a vergogna delle ire di parte che resero sempre l'Italia divisa e infelice”. Già, perché in una città a trazione risorgimentale come Forlì, Hercolani sarà visto come un antesignano del Risorgimento pur essendo morto nel 1534. L'ultimo esponente di questa stirpe: Fabrizio Gaddi Hercolani, appassionato di arti e lettere, fu nominato più volte Podestà di Forlì.

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