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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Una collezione da (ri)scoprire

A 85 anni dalla morte di Giuseppe Pedriali e a 150 anni dalla nascita, pochi conoscono la collezione d'arte da lui donata a Forlì. Visto che l'operazione Palazzo Romagnoli per la quadreria Verzocchi ha avuto successo, si attende un'analoga iniziativa per la Pedriali.

Un grosso interrogativo si pone davanti al collezionista. Se da un lato, com'è comprensibile, si prospetta l'eventualità di realizzare un guadagno da quanto ottenuto con sacrifici e – perché no – fortuna, dall'altro c'è chi desidera lasciare tutto, post mortem alla comunità, alla città. Questo secondo modo probabilmente è l'unico che mantiene la collezione integra, senza che si disperda in mille rivoli, legata al territorio, senza che vada chissà dove, e conferisce al collezionista e ai suoi eredi non tanto una soddisfazione economica quanto un perpetuare (anche narcisistico, ma di buon cuore) del proprio nome per sempre, legandolo così per l'eternità alle opere raccolte in una vita. Forlì è una città che - con la solita discrezione giusto per (come si dice in gergo locale) non fare troppe mosse - tutto sommato è generosa, ma si spera che si voglia corroborare sempre più questa generosità discreta, spesso importante e unica al mondo. Se un forlivese ha speso risorse, vita ed energia a raccogliere beni poi regalati alla città, i cittadini devono fruirne per essere orgogliosi di far parte di una bella comunità, e dall'altro mondo l'anima generosa guarderà con sorriso l'esecuzione delle sue volontà. Insomma, per farla breve, una città che voglia dirsi "d'arte" dovrebbe incoraggiare queste donazioni, e non stancarsi di valorizzarle una volta donate. 

Quando, il 21 giugno 1932, l'ingegnere Giuseppe Pedriali morì, lasciò la sua preziosa collezione di quadri a Forlì. Se è nota la “Verzocchi”, ospitata a Palazzo Romagnoli, meno conosciuta è questa raccolta che dal 1961, anno della scomparsa della vedova del donatore, è una parte curiosa della quadreria pubblica. La collezione Pedriali è il riflesso della vita romanzesca di un uomo nato nel 1890. La peculiarità della raccolta (poco meno di 30 opere) consiste nel carattere “internazionale” della stessa, cosa singolare per la Pinacoteca forlivese che – anche giustamente – dà luce alle eccellenze locali. Infatti, si notano quadri fiamminghi del Seicento (Van Croos, Van Ostade, Ruysch...) o francesi: nomi non troppo noti ai non addetti ai lavori, fatta eccezione per una grande tela di Giovanni Fattori (Buoi al carro, nell'immagine) lunga due metri. Il gusto della raccolta è tipico della borghesia del tempo, l'arte dev'essere una compagna rasserenante: paesaggi, nature morte, spicchi di quotidianità. In questo senso può definirsi “collezione”, cioè qualcosa di più sistematico di una “raccolta”. Si tratta di uno spaccato di una casa benestante della Belle Epoque. Particolarmente significativi, a parere di chi scrive, sono "La preghiera prima della cena" di Ferdinand De Braekeller il Vecchio, tavola che illustra una povera famiglia ottocentesca ringraziare per il pasto (non scontato) e i "Primi passi" di Jacques Sablet, ampia tela che rappresenta l'educazione: un bimbo in piedi su un tavolo, sorretto dalla madre, tende la mano a un uomo (il padre?) che per guardarlo distoglie l'attenzione dal libro che stava leggendo. Nel retro, un musicista allieta la scena con altri personaggi, mentre si apre, come in uno squarcio, un sipario bucolico. Ora, tali opere d'arte rimangono nel Palazzo del Merenda (bisognoso di urgenti cure), ignorate - come accade per altre raccolte cittadine - e scarsamente conosciute. 

Peccato, perché il personaggio che ha speso la sua vita raccogliendo per poi donare questi quadri è veramente interessante. Giuseppe Pedriali (1867-1932) - a proposito, sarebbe il centocinquantesimo dalla nascita - fu un ingegnere forlivese autore di progetti ferroviari in Belgio e Argentina. Il suo nome ora è noto per una strada di Borgo San Pietro. Scelta infelice perché sostituì un toponimo più suggestivo: via Ripa Verde, ovvero via del Sole che, costeggiando il canale e i suoi ponticelli, conduceva alla Torre Numai. 

Dopo la laurea, senza particolari mezzi economici, Pedriali si trasferì in Belgio dove umilmente svolse il lavoro di operaio. Si distinse tanto che in una manciata d'anni di permanenza brussellese divenne il direttore della locale Società tramviaria. La carriera fulminante del forlivese all'estero non interruppe lo zelo e lo studio tanto che divenne un'autorità anche per quanto riguarda le metropolitane (di Parigi, per esempio). Con lavoro geniale e indefesso, non dimenticò la solidarietà, creando dei sistemi assistenziali per i bambini dei suoi dipendenti. Durante la Prima guerra mondiale assumeva la carica di presidente della Commissione esecutiva del Comitato di Mobilitazione Civile di Buenos Aires. La raccolta o, meglio, collezione, per quanto sembri eterogenea, ha invece, al contrario, un tema comune: è la moda del tempo. Nomi rari e opere d'arte non di grido, ma con una storia lunga e ricca di peripezie che a “fine carriera” sono state donate a Forlì, ai suoi cittadini, ai suoi turisti. Questo era il mondo prima dello sparo all'Arciduca Francesco Ferdinando: fiducia nel progresso, nella possibilità di un'ascesa sociale, nel benessere per tutti.

Il numero delle opere non è elevato (una ventina), ma ciò basta per renderla una collezione non comune, proprio perché ritrae il gusto dei migranti (italiani) di allora, che da un lato guardavano con stupore e meraviglia tutto ciò che c'era di nuovo, dall'altro volgevano il capo con una certa nostalgia verso i paesaggi nostrani. Pedriali, dunque, ha saputo arredare casa con frammenti della sua vita: un po' di intimità domestica di maniera, spaziosi panorami fiamminghi, nature morte particolarmente intense, fiori da salotto, scenari della campagna laziale, cacciagione e pesci da portata, bestiame nella stalla, marine, ritratti, l'immancabile Venezia, nonché una curiosa "Schola cantorum" di Giuseppe Abbati dove l'artista imprime un quadro spigliato e naturale. Fino al '61 la quadreria si trovava a San Remo, da allora è a Forlì, in attesa di una sua riscoperta anche e soprattutto dei concittadini. Visto che l'operazione "Palazzo Romagnoli" per l'importantissima quadreria Verzocchi (e altre collezioni rinomate) ha avuto buon esito, si attende con speranza una giusta rivalutazione del patrimonio ancora nascosto

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