Al Liscio, alle sue emozioni e ai suoi sudori: adesso serve l’affetto di tutti
Le giornate trascorse a Forlì lo scorso fine settimana hanno costituito un successo, per qualità degli interpreti, per partecipazione popolare, per interesse mostrato dai media. Ce n’era bisogno: chiunque, tra i musicisti e cantanti presenti, potrebbe confermare l’importanza dell’evento
Nelle domeniche d’Agosto questa rubrica ha cercato di descrivere l’epopea del folk romagnolo da metà Ottocento in avanti, appoggiandosi sulle leggendarie figure di Carlo Brighi, Secondo Casadei e Raoul Casadei, “I giganti del Liscio”. Anticipando i temi di “Cara Forlì”, la fortunata manifestazione che si tiene da tre anni e che ha avuto il merito di porre all’attenzione del pubblico e delle istituzioni storia e attualità del Liscio.
Le giornate trascorse a Forlì lo scorso fine settimana hanno costituito un successo, per qualità degli interpreti, per partecipazione popolare, per interesse mostrato dai media. Ce n’era bisogno: chiunque, tra i musicisti e cantanti presenti, potrebbe confermare l’importanza dell’evento. Gli artisti che animano la tradizione folk traggono energia e felicità da una Piazza vasta e partecipe come quella forlivese.
Ho potuto frequentare il retrobottega della manifestazione: ho verificato l’orgoglio, la commozione, di donne e uomini che pur sono abituati a scorgere manifesti che riportano i loro volti e che da decenni incantano con le loro voci e le loro note. Non credo esista un romagnolo adulto che non conosca, solo per fare qualche nome, Roberta Cappelletti, Mauro Ferrara, Luana Babini, o Renzo il Rosso. Eppure, credetemi, prima e dopo le loro esibizioni i loro volti trasudavano tensione. Anche in ragione del fatto che l’ambiente del Liscio da un decennio guarda con preoccupazione al futuro.
Il pubblico, invece, e questa è la notizia, esiste, folto e appassionato. A Forlì tantissima gente ha seguito concerti che, in quei due giorni, si sono susseguiti a ritmo serrato dalle sedici fino alla mezzanotte.
Non volava una mosca, in Piazza Saffi, quando la band guidata da Moreno il Biondo, cofondatore degli Extra Liscio e di molte altre cose, ha eseguito pezzi che Carlo Brighi, Zaclen, aveva composto a fine ottocento e sulle cui armonie prese abbrivio la gloriosa storia del folk romagnolo. Un’operazione di recupero culturale e di meravigliosa resa artistica mai tentata in precedenza in cui si sono cimentati, assieme a Moreno, musicisti del calibro di Vince Vallicelli, Giuseppe Zanca, Edilio Nicolucci e Danilo Rossi, il figlio di contadini che per trentasei anni si è esibito nel mondo da prima viola solista alla Scala di Milano.
Identico clima s’è registrato allorchè Rossi ha messo in spalla il violino di Secondo Casadei, amorosamente conservato a Savignano da Riccarda Casadei, e, in coppia con Alfredo Nuti che imbracciava la chitarra utilizzata negli anni Sessanta di Raoul Casadei, ha eseguito un pezzo composto da Brighi nel 1903, suscitando una spontanea standing ovation. Performance probabilmente irripetibile, anticipata dalle parole di di Giordano Sangiorgi, che ha condotto a ritmi intensissimi l’intera manifestazione, affiancato dalla comunicatrice televisiva Letizia Valletta, figlia di Riccarda e nipote di Secondo Casadei.
I giovani? C’erano, numerosi e sparsi per la grande Piazza, coinvolti dalla trascinante esibizione di Mirko Casadei, figlio di Raoul, che trasporta il Liscio verso sonorità sempre più attuali e che con la sua orchestra s’esibisce senza tregua in Italia e all’estero. Segno che quella musica traguardatempo e mode, se le dai occasioni.
Tutti artisti che sudano. Ho avuto il piacere di complimentarli con loro al momento della discesa dal palco: rammento la loro gioia, i sorrisi, i volti sollevati dalla perfetta riuscita della esibizione. E’ un mondo ansiogeno, il loro. Un mondo che suda. Il Liscio non lo si fa in punta di forchetta, è voce, fiato, movimento. E’ pulsare di cuori e corpi tirati al limite. Trasmettere gioia è faticoso, per quanto gratificante. Il folk non lo si registra in studio, lo si condivide.
E’ un mondo che merita attenzione e coccole. Ce ne si sta convincendo. Grazie al Comune di Forlì e alla Regione Emilia Romagna è sorto un convinto movimento volto ad ottenere, per il Liscio, il riconoscimento di Patrimonio Culturale dell’Umanità da parte di Unesco. Dal palco, il Sindaco, Gian Luca Zattini, che promosse la manifestazione nel 2020, e l’Assessore regionale alla cultura, Mauro Filicori, hanno ribadito il loro impegno sulla questione. E’ un gran buon segno.
Sarebbe un risultato storico, ribadirebbe la socialità della cultura romagnola, e darebbe ossigeno al vasto movimento di passioni, professionalità e tradizioni che il folk romagnolo incarna.
Vi ho parlato del sudore degli artisti sul palco, che è poi quello di chi balla su quei ritmi da cento cinquant’anni, perché richiama quello dei poveri che, sul finire dell’ottocento, trovarono nella musica di Carlo Brighi, composta espressamente per loro, occasione di ritrovarsi e motivo d’orgoglio. Era la musica di quel novanta per cento della popolazione che viveva alla giornata, sognando un futuro diverso. Erano donne e uomini sudati, provvisti di un solo vestito per l’estate e per l’inverno, abituati a fatiche quotidiane che oggi apparirebbero irreali. Gente cui la frenesia di quel nuovo ballo trasmetteva allegria, gente cui il sudore non faceva alcuna paura. Si sudava ballando tra le aie nella bella stagione e all’interno di cameroni asfittici d’inverno. E intanto si sognava una qualche certezza per se e i figli che sarebbero venuti.
E’ grazie a tali origini che il folk romagnolo sopravvive, è l’espressione di un popolo. Non c’è musica altrettanto identitaria, in Italia. Dobbiamo volerle bene, non è solo la colonna sonora ma anche il filo conduttore della nostra storia. Quel sudore si trasmise a generazioni successive, quelle che trasformarono la Romagna in uno dei luoghi più socializzati ed attrattivi del pianeta.
Sarebbe bello se tutti gli enti e le istituzioni promuovessero il Liscio. E se tutti noi dedicassimo un po' d’attenzione a quella musica, che ha bisogno d’essere vissuta in presenza. Offriremmo opportunità a questi magnifici artisti e daremmo corda alla identità romagnola. La Romagna è abituata da sempre ad accogliere il mondo, non ha nessuna paura di rimarcare la propria specificità culturale. Se c’è una espressione musicale che rende tutti uguali, quella è il Liscio.
Buona domenica, alla prossima.