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Giovedì, 25 Aprile 2024
La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

In Romagna sindaci alla sinistra e parlamentari alla destra: chi detiene il potere?

L’esito del voto politico apre, in Romagna, una questione nuova: chi detiene il potere? Il centro destra che ha trionfato nei collegi o i sindaci di centro sinistra?

L’esito del voto politico apre, in Romagna, una questione nuova: chi detiene il potere? Il centro destra che ha trionfato nei collegi o i sindaci di centro sinistra? Ricapitoliamo, rapidamente, la sequenza degli eventi. Il Pd, grazie al campo largo delle alleanze, aveva, tra 2020 e 2021, confermato o riconquistato quasi tutte le proprie storiche roccaforti. A Rimini, Ravenna, Cesena, Faenza, Cervia, Cesenatico, Riccione, Cattolica, Lugo, etc. Rimaneva Forlì, ove peraltro Gian Luca Zattini, pur eletto dal centro destra, si è sempre dichiarato disponibile a politiche di area vasta. Pareva, dunque, fosse tornato il sereno stabile sulle bandiere dem, ma l’esito delle urne settembrine ha mostrato la debolezza di quella previsione. La tempesta ha raso al suolo la rappresentanza parlamentare di centro sinistra. 

Neppure uno dei candidati dem ha vinto il proprio scontro diretto. Lo hanno perso, tra gli altri, volti di primo piano della iconografia dem come Andrea Gnassi a Rimini e Massimo Bulbi a Forlì e Cesena, con Gnassi ripescato nel listino proporzionale. Vado oltre: a Ravenna, considerata inespugnabile, vincitrice è stata la candidata di Fratelli d’Italia, Alice Bonguerrieri, avvocato, intelligente e preparata, ma da poco in politica e, per di più, proveniente da Bagno di Romagna.

Circostanze che evidenziano, oltre ai clamorosi errori strategici del Pd nazionale (affrontare l’uninominale senza coalizione è come, per una squadra di calcio, scegliere di giocare una finale in otto contro undici) e a quelli compiuti localmente, un’irrefrenabile voglia di nuovo espressa da un elettorato che fino a pochi anni fa era disposto a dare credito ai meriti storici della sinistra romagnola. Nei circoli romani, nelle terrazze fiorite ove si ritrova a cena la bella gente della sinistra capitolina, non si ha percezione esatta della storia di questa terra, fatta di fatica, riscatto sociale, percorsi identitari, che alimentarono, fin dal primo novecento, le passioni politiche di donne e uomini. A Roma la sconfitta della sinistra è messa in conto con una certa leggerezza, tra una conversazione puntuta sul profilo del nuovo segretario e una tartina al salmone; in Romagna, al contrario, essa rappresenta il tramonto di una storia, di una economia condivisa, di un benessere largo e diffuso, che costituirono modello invidiato. 

Aggiungo qualcosa sulla questione di genere. Il centro destra romagnolo, che pur non è costituito da tutti giganti della politica, ha saputo, un mese fa, spedire in Parlamento ben cinque donne lontane dai riflettori ma radicate in collina e in riviera: la già citata Bonguerrieri, la rocchigiana Rosaria Tassinari, la brisighellese Marta Farolfi, la corianese Domenica Spinelli, la riccionese Beatriz Colombo. Il Pd risponde con la ravennate Ouidad Bakkali. Cinque a uno e palla in centro. Domanda: non era possibile, al Pd, candidare qualcuna delle donne che fanno bene il sindaco, in mezzo alla gente, nelle comunità più piccole (nei centri maggiori di donne prime cittadine non c’è traccia), collocandole adeguatamente nel listino proporzionale? 

Ma la questione che spunta dietro la collina, come in “Generale” di Francesco De Gregori, è quella della notte buia: con una tale dicotomia tra poteri, i sindaci a sinistra e i parlamentari a destra, si riuscirà a far qualcosa di buono per la Romagna, che da tanto necessita di cure, visioni e infrastrutture? O prevarrà la diffidenza reciproca, la logica dei veti incrociati? Chi farà cosa? Dove si battezzeranno scelte condivise, se mai verranno prese? Chi andrà a Roma, a Bologna, a proporre istanze, se mai ci andrà? Incrociamo le dita.

Urgente sarebbe, invece, far squadra visto che i tempi non sono duri ma durissimi. La questione bollette genererà condizioni di vita incompatibili con la modernità acquisita da generazioni. La questione non ballerà solo sul tavolo del Governo ma anche su quelli degli enti locali. L’attuale discussione su quali luci pubbliche spegnere a Natale rischia di apparire l’ultimo ballo di signori eleganti sul Titanic condannato. Ben altro bolle in pentola.

C’è già chi, tra le rappresentanze, fa proposte solo ieri impensabili: la Uil ha chiesto ai Comuni, a Hera e compagnia, di rinunciare, per destinarli al sociale, agli extra profitti. Che nessuno, tra la gente comune, sa bene cosa siano e quanti siano ma che, evidentemente, esistono. I Comuni hanno respinto la proposta con sdegno. Ma sarà ancora possibile offendersi quando le miti temperature lasceranno posto all’inverno?

Occhio alle piccole imprese che hanno annunciato chiusura, non scherzano. Occhio a quegli imprenditori più grandi, lo scrivo perché ne ho notizia, che, senza ostentazione, hanno già scelto di pagare esclusivamente le somme che versavano gli scorsi anni e non quelle, strabilianti, richieste oggi. Aspettando che un giudice imponga loro quel pagamento in futuro, caso mai. Non so se sarebbe gestibile, dalla politica, il massacro generato dalla eventuale interruzione punitiva della erogazione di luce e gas a imprese e famiglie.

E occhio ai social, talvolta beceri ma sempre rivelatori di stati d’animo. I politici li utilizzano quasi esclusivamente per piazzare le proprie foto mentre inaugurano rotonde e supermercati. Generalmente, non leggono le opinioni altrui, non partecipano a discussioni, non fanno la grazia di apporre un like. Per molti di loro i social sono un cazzeggio tra perditempo, un ronzio di fondo che li infastidisce mentre sono occupati a dire e fare cose molto importanti.

I pochi tra loro che seguono i social con autentica curiosità, invece, si stanno rendendo conto di cosa va montando. Molta gente non può pagare le folli somme richieste, altrettanta non è disposta a farlo, per principio o per sfiducia nelle classi dirigenti. Può succedere qualcosa di inaspettato e di mai visto. Di certo, politica e pubblica amministrazione, di sinistra e di destra, saranno chiamate a una prova di  credibilità più grande di quelle affrontate negli ultimi decenni: dobbiamo augurarci che sappiano esserne all’altezza. 

Per chiudere, scherziamo un po'. Come saggiamente avvertiva Rita Pavone nell’insuperato Gian Burrasca televisivo in bianco e nero, il rischio è che venga a mancare “la pappa col pomodor” e che diventi profetico il celebre incipit canoro: “la storia del passato ormai ce l’ha insegnato, il popolo affamato fa la rivoluzion!”.

Buona domenica, alla prossima.

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