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Venerdì, 19 Aprile 2024
La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

La disfida di Fratta: Secondo Casadei, le Terme e l’occhio vigile di Mussolini

Occorreva farsi venire un’idea. Leggenda vuole che sia stato lo stesso leader fascista a suggerirla a chi di dovere

Il cartello che vedete nella foto si trova all’interno del parco delle Terme di Fratta, comune di Bertinoro. Mi ci sono imbattuto qualche giorno fa, mi è tornata in mente la storia che vi racconto. Le cose, nel 1930, stavano cosi. Il duce aveva fortemente caldeggiato il rilancio del magnifico stabilimento termale di Fratta; l’idea di salubrità e benessere si coniugava perfettamente con la mistica mussoliniana, lui stesso era talvolta ospite della struttura situata a un tiro di schioppo dalla Forlì in cui faceva frequentemente ritorno  il sabato. 

Eppure, i numeri riferiti alle presenze del pubblico non entusiasmavano gli investitori, gli amministratori e, neppure, si diceva, Mussolini. Occorreva farsi venire un’idea. Leggenda vuole che sia stato lo stesso leader fascista a suggerirla a chi di dovere: non sappiamo se sia vero, appare improbabile, ma sappiamo che l’idea si rivelò eccellente. S’era notato che nelle domeniche in cui all’interno del parco si faceva un po' di musica l’affluenza era maggiore. E dunque, se musica doveva essere, che fosse grande musica! Al tempo musica folk e ballo costituivano lo svago largamente preferito dai romagnoli. Tutti, ma proprio tutti ballavano, agli intensi ritmi imposti dalle orchestre che suonavano quello che oggi chiamiamo, con una certa approssimazione, “liscio”. Le orchestre più rinomate costituivano grande attrazione. 

A Fratta si pensò d’organizzare una sfida, della quale il pubblico sarebbe stato insindacabile giudice, tra i gruppi più popolari. Ne vennero convocati, e discretamente remunerati, quattro. Tra essi quello costituito due anni prima dal ventiduenne Secondo Casadei, un violinista di Gatteo dal grande talento e dalla visione innovativa. S’era fatto le ossa suonando nelle aie e facendo serenate ambulanti assieme alla sorella Angela e al fratello Dino (il padre di Raoul Casadei). Poi, diciottenne, era stato assoldato dalla orchestra di Emilio Brighi, la più prestigiosa che ci fosse. Durante un concerto a Villafranca s’era esibito in un assolo sulla mazurca di Migliavacca di cui s’era parlato in tutta la Romagna e che lo aveva convinto ad abbandonare definitivamente il mestiere di sarto. 

A Fratta, una domenica di Agosto, per assistere alla fantasmagorica disfida, convennero circa quattromila persone, provenienti anche dal riminese, dal ravennate, dall’imolese. Un successo senza precedenti. Per quanto il paragone sia improponibile, neppure la venuta a Fratta, nel 1970, di Lucio Battisti alla Bussola, a qualche centinaia di metri di distanza dalle Terme, fece registrare un numero di spettatori tanto esorbitante. Anche se, va pur detto, la Bussola per almeno un trentennio convogliò montagne di persone e, aggiungo, quella di calcolare il numero dei presenti a un evento è scienza un po' stregonesca adesso, figuriamoci nel 1930.

Fatto sta che il successo della manifestazione fu enorme. Contro ogni previsione vinse l’orchestra Casadei, che in finale sconfisse quella, popolarissima, guidata da Emilio Brighi. Secondo sfoderò armi innovative e, fortunatamente, pacifiche: l’eleganza formale sua e degli orchestrali, i quali sapevano, per di più, esibirsi con strumenti diversi. Secondo guidava, infatti, la prima orchestra stabile, in Romagna: i musicisti s’arrangiavano con altri mestieri ma rispondevano esclusivamente alla chiamata del loro leader, che li guidava durante prove continue ed impegnative. C’era la batteria, strumento sconosciuto dalle nostre parti, che Secondo aveva introdotto: siccome sul tamburo aveva fatto apporre la scritta “jazz”, per tutto il novecento i batteristi romagnoli chiameranno la batteria, in dialetto, “e jezz”. E c’erano le composizioni di Secondo, anche se avrebbe inventato la canzone in dialetto solo un paio di anni dopo. La sua “Un bes in bicicleta”, allegra nel ritmo e birichina nel testo, contribuirà al cambiamento del costume, soprattutto in campagna.

Grazie alla disfida, la cui eco riverberò sui giornali nazionali, l’Orchestra Casadei prese il volo, venne chiamata a Milano a incidere per “La Voce del Padrone”. Il cartello esposto a Fratta ne restituisce la formazione che, fino al silenzio imposto dalla guerra, costituì la principale attrattiva musicale in Romagna: da sinistra, vedete Elmo Bonoli (Poiaga), violino e sax tenore, Guido Rossi (Poiali), sax clarinetto, Secondo Casadei, Primo Lucchi (Balilon), sax mibemolle, Giovanni Fantini (Pizarein), voce e  banjo, Olindo Brighi (Faraoun), batteria e contrabbasso.

La disfida costituì eccellente affare anche per le Terme di Fratta, il bagno di folla risultò benefico per il buon nome dello stabilimento. Si trattò di quella che oggi si chiamerebbe eccellente operazione di marketing, ma allora, attenzione, si potevano utilizzare esclusivamente termini tratti dalla lingua italiana. Il regime ascoltava. Mussolini? Non so quale giudizio dette della disfida: era violinista dilettante ma appassionato e un paio di volte fu presente quando si esibì nel forlivese Casadei, del quale apprezzava il talento. So per certo, invece, che il duce, anche assieme a Donna Rachele, si recò più volte all’interno dello stabilimento di Fratta, per un paio di ore di riposo in compagnia di autorità locali. Non ho usato il termine relax perché, pur avendo, che io sappia, radici greche e latine, non vorrei suonasse troppo esterofilo.

Da oggi “La domenica del villaggio” va in vacanza, se tutto va bene torna a Settembre. Il numero dei lettori della rubrica è andato oltre ogni più rosea previsione, ve ne ringrazio profondamente. Buona domenica, e un magnifico mese di Agosto.

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