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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Storie di ordinaria femminilità: Lisa, tra l’amata Africa e il distretto bio-simbiotico

"Preso da curiosità, le telefonai per farmi raccontare la sua storia, le biografie m’intrigano. Appresi che Lisa è nata e cresciuta in Sud Africa, ove suo padre, originario di Roncofreddo, ex funzionario di banca, s’era trasferito per condurre un’azienda di installazioni elettriche"

Avvertenza: in questo raccontino oltre a Lisa incontreremo, incidentalmente, diverse persone assai conosciute in Romagna: non è forse, del resto, come recita il titolo di questa rubrica, la Romagna un villaggio? La storia comincia qualche anno addietro. Gianluca Zattini (attuale sindaco di Forlì, allora sindaco di Meldola) ed io andiamo a Rimini, nel magnifico teatro Galli, ove si celebra una ricorrenza dell’Istituto Oncologico Romagnolo. L’organizzazione dell’evento è amichevole ma anche, nella sua perfezione, teutonica. Il direttore dell’Istituto, Fabrizio Miserocchi, riminese, manager con esperienze europee, ha fissato regole ferree. Nel viaggio, Gianluca ed io ci siamo chiesti se quelle raccomandazioni Fabrizio, amico e persona squisita, le abbia fatte, conoscendoci, solo a noi due.

Fatto sta che siamo puntuali e, almeno per i nostri parametri, ben vestiti. All’ingresso incrociamo una giovane signora, Lisa Paganelli, che entrambi conosciamo, seppur per motivi diversi. 
Gianluca l’ha frequentata perché Lisa, veterinario, opera a Meldola e perché è portatrice di progetti di cui il Comune è partner. Io, invece, tempo prima, avevo letto che una imprenditrice della valle del Bidente aveva vinto un concorso europeo riferito alla innovazione agroalimentare. Avevo chiamato Cleto Malara, lughese, direttore di Coldiretti di Forli, Cesena e Rimini, per chiedergli se la conoscesse: "Certo che la conosco", mi aveva risposto Cleto, è Lisa Paganelli, coordinatrice provinciale delle donne di Coldiretti. Invitai, dunque, Lisa in tele: conobbi una donna composta, preparata, entusiasta della propria attività. Descrisse a me e agli spettatori i segreti della agricoltura biologica. Come mi capita a “Salotto blu”, in qualche passaggio feci finta di capire ma una foto mi lasciò a bocca aperta. Ritraeva due piante: la prima coltivata con metodi tradizionali, la seconda con tecniche bio-simbiotiche di cui Lisa è studiosa. La seconda appariva in splendida salute rispetto alla prima. In trasmissione dissi che la prima rappresentava me, la seconda Brad Pitt. Lisa spiegò che il processo bio-simbiotico (uno scambio mutualistico tra i microrganismi del suolo e le radici delle piante) consente produzioni più salubri per l’uomo e più vantaggiose per l’ambiente.

AL Galli, Lisa ci confidò, timidamente, che, poiché un parlamentare aveva dato forfait lasciando sguarnito il posto in prima fila, le era stato chiesto di sedersi lì.  Noi le raccomandammo di non contraddire l’organizzazione. Ci era successo che, poiché i posti a noi riservati erano lontani l’uno dall’altro, Gianluca aveva chiesto di potersi spostare dalla prima fila per starmi vicino, incorrendo però nello sguardo severo della signora che si occupava della faccenda. Ci dividemmo, assistemmo a uno spettacolo emozionante, ci ritrovammo all’uscita. Convinti che Lisa fosse arrivata in auto dal forlivese ci incamminammo assieme in Piazza Cavour.

Ci fermammo con altri appena usciti dal teatro. Luca Panzavolta, leader di Conad per il nord Italia, che certo non immaginava che sarebbe stato un giorno chiamato alla presidenza dell’Istituto Oncologico, ruolo che svolge da qualche mese. Carlo Battistini, ex direttore di Confcommercio ed ex vicesindaco di Cesena, in queste ore al centro del dibattito sulla futura presidenza della Camera di Commercio della Romagna. Giancarlo Petrini, direttore del Credito Cooperativo Romagnolo, manager bancario formatosi a Londra, figlio di un minatore cesenate emigrato per lavorare e tornato dal Belgio in precarie condizioni di salute. Tutti abitanti del villaggio Romagna. Conversazioni cordiali, cui Lisa partecipò con quella abitudine a far tesoro delle opinioni altrui che la contraddistingue. Incamminandoci, le chiedemmo dove aveva l’auto, rispose che abitava a Rimini. La cosa ci sorprese. L’accompagnammo, dunque, sotto casa, a trecento metri dal Galli. Sapevamo che l’azienda agricola che conduce è a Seggio, sull’alto crinale, in comune di Civitella. La foto che accompagna questo pezzo la ritrae nel suo habitat professionale, in mezzo a natura e animali, e giustifica la nostra sorpresa di quel giorno.

Preso da curiosità, l’indomani le telefonai per farmi raccontare la sua storia, le biografie m’intrigano. Appresi che Lisa è nata e cresciuta in Sud Africa, ove suo padre, originario di Roncofreddo, ex funzionario di banca, s’era trasferito per condurre un’azienda di installazioni elettriche. Dunque, Lisa, fino all’adolescenza, ha parlato prevalentemente in inglese e si è confrontata con culture diverse. L’Africa, in famiglia, non era una new entry: il nonno materno, che ha 102 anni e vive a Pretoria, non l’ha mai abbandonata dopo che, durante la Seconda guerra mondiale, vi era stato imprigionato assieme ad altri novanta mila soldati italiani. Tornata in tempo per frequentare gli ultimi anni di ragioneria a Forlì, Lisa, che ha una figlia di nove anni, ha come sede operativa l’azienda di Seggio, che conduce assieme al padre, e, come domicilio, la casa della madre, a Rimini. Nel corso della telefonata mi spiegò che coltivava il sogno di realizzare un vero e proprio distretto del bio, che coinvolgesse, oltre al comune di Meldola, quelli di Civitella, Galeata e Santa Sofia. Con la produzione di alimenti realizzati attraverso processi bio-simbiotici, certificati nella loro salubrità dall’Irst, e proposti alle mense scolastiche, per favorire l’educazione ad una sana alimentazione. Ricordo che mi disse, tra l’altro: dobbiamo preparare il mondo dei prossimi dieci vent’anni, e pensare che gli agricoltori non dovrebbero essere remunerati esclusivamente per i loro prodotti ma anche perché conservano il territorio. In altre faccende affaccendato, non ebbi più occasione di sentire Lisa. 

Un anno fa la incontrai casualmente al bar Ultimo, a Meldola; mi parlò di un paio di grandi medici che avevano sposato la sua iniziativa. Uno è Alberto Zaccaroni, primario di chirurgia a Forlì, ragazzo di qualità fin da quando eravamo compagni di liceo, cinquant’anni fa. Alberto spende le proprie ferie per andare, gratuitamente, a portare assistenza medica nei luoghi più poveri dell’Africa. È specialista nella cura della obesità: mi ha spiegato mille volte, anche in tele, che la chirurgia è solo l’ultima soluzione al problema, che non si fa abbastanza per promuovere stili di vita adeguati. L’altro è Carlo Fabbri, primario a Forlì di gastroenterologia, gran miscelatore di saperi diversi, scrittore, pittore, convinto che il benessere si raggiunga attraverso una esperienza di vita che metta in gioco le tante potenzialità della persona. Lo intervistai ai tempi della prima edizione di “Me ne cibo”, iniziativa di cui Fabbri è demiurgo, rimasi affascinato e convinto dalle sue idee. Lisa sa ascoltare e sa individuare gli interlocutori.

Da allora, ho avuto notizie di Lisa solo qualche settimana fa, quando ho letto che il distretto che aveva in testa si è realizzato. L’ho chiamata per rallegrarmi: mi ha spiegato che persone, comuni, associazioni, concorrono alla iniziativa, che lei è solo una ruota dell’ingranaggio, etc. L’ho chiusa lì, conosco il soggetto, il pudore nel mettersi in vetrina. Non sono sorpreso del risultato che ha ottenuto. Ho visto molte volte l’intraprendenza e la determinazione femminili avere la meglio sulle difficoltà, anche ambientali. Che si trattasse di guidare un reparto di oculistica, di aprire una lavanderia, di far nascere una cooperativa sociale.  Le donne son così dappertutto, in Romagna forse un po' di più: sono abituate al fatto che a loro toccano fin troppe parti in commedia, in famiglia e sul lavoro, da sempre. A proposito: Lisa racconta d’essere gran cuoca. Sarà, ma non mi presto ad assaggiare: son cresciuto a tagliatelle, piatto che non mi risulta essere tra le specialità gastronomiche sudafricane. Quelle cose lì, che sappia io, le impari a fare a Portico di Romagna, non a Pretoria.

Buona domenica, alla prossima.

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