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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Elezioni, alla politica locale serve la sfilata dei big? Dopo il Covid i sindaci sono diversi

La prossima Domenica si vota per la scelta dei sindaci e dei consiglieri in diversi luoghi della Romagna: a Rimini, a Ravenna, a Cesenatico e in altri Comuni più piccoli ma non meno importanti.

La prossima Domenica si vota per la scelta dei sindaci e dei consiglieri in diversi luoghi della Romagna: a Rimini, a Ravenna, a Cesenatico e in altri Comuni più piccoli ma non meno importanti. Quelle comunali sono, tradizionalmente, le consultazioni elettorali più “coinvolgenti”, nonostante che in ballo non ci siano posti in grado di cambiare la vita. Un consigliere comunale percepisce cifre irrisorie (più o meno il prezzo di una cena al mese in un onesto ristorante) a fronte di un impegno costante. Lo stipendio dei sindaci, nelle principali città romagnole, è quattro/cinque volte inferiore a quello di un consigliere regionale o di un parlamentare, potete immaginare quello del sindaco di Portico o di Saludecio! Eppure un gran numero di persone, di liste, di movimenti, garantiscono entusiasmo alle campagne elettorali. In Romagna la cosa pubblica è considerata utile, preziosa e, dunque, energicamente contesa. Dietro a tale fenomeno c’è passione, civiltà, voglia di dire la propria, di contribuire alle scelte collettive.

I sindaci contano. Molto di più di quanto avveniva fino a una trentina di anni fa, quando la loro individuazione, e la loro permanenza in carica, era decisa dai partiti. L’elezione diretta del sindaco, e l’obbligatorio ritorno alle urne in caso di sua “caduta”, sono riforme che hanno radicalmente cambiato lo scenario. Va aggiunto che la pandemia ha rafforzato il ruolo dei sindaci, trovatisi, soprattutto durante il primo lockdown, ad affrontare ciò che per tutti noi era l’inesplorato, il tragico, lo sconvolgente. Nel vuoto di altri poteri, a chi s’è affidata la gente? Ai sindaci che, tutti, senza distinzione politica, hanno dato ottima prova, mostrando nervi saldi e cuore forte. Dal Zattini di centro destra a Forlì, ai Lattuca di Cesena, ai De Pascale di Ravenna, entrambi di centro sinistra. Dai giovani sindaci di Bellaria, Sarsina, Castelbolognese, alle sindache di Tredozio, Bagnacavallo, Galeata. E a tutti gli altri. Chiamati anche a decisioni drastiche, solo qualche settimana prima inconcepibili. Mi colpì particolarmente la scelta, dolorosamente inevitabile, di Gnassi a Rimini: lui che aveva “inventato” la “Notte Rosa”, che in dieci anni di mandato aveva aperto la città come forse mai prima, fu costretto a recintare Rimini e la sua provincia per limitare la diffusione del Covid, che nel riminese andava colpendo con violenza inaudita.

Allora non si poteva uscire, se non per andare a far spesa (ricordate?); incrociavo Cavallucci, il sindaco del paese dove abito, Meldola. E’ persona per bene e sincera; mi descriveva lo smarrimento, il senso di una responsabilità che non appariva chiaro come esercitare, tra lo sconcerto della gente, le terapie intensive, i morti. Ne sentivo diversi altri al telefono: confidavano le stesse sensazioni, l’ansia di rendersi utili senza inizialmente sapere come. Il mondo pareva andare a pezzi, i sindaci ci mettevano petto e faccia. Presero le redini della questione, cominciarono a usare i social, chiusi nei loro uffici ma anche, coraggiosamente, ovunque fosse utile. I loro volti, privati d’ufficialità, confortavano la gente. Che, a pandemia parzialmente disinnescata, non ha dimenticato. Che ha rafforzato il rapporto con i primi cittadini e con la politica locale, quella di prossimità. 

E però, come sempre, come il mitico anticiclone delle Azzorre, è arrivata, in campagna elettorale, la passerella dei big dei partiti a sostegno del candidato/a di questo o quel Comune. Con al seguito telecamere e social più interessati al sospiro, all’acuta riflessione del big che alle questioni locali. I big, del resto, sui problemi locali generalmente si limitano ad affermare che saranno brillantemente risolti dal loro candidato, che descrivono come la persona più adatta ad amministrare la comunità. Salvo poi, ad elezioni eventualmente perse, decretare che, a ben guardare, non si trattava del candidato giusto.      

E’ un vecchio vezzo della politica. Un tempo considerato indispensabile per far soffiare vento favorevole alle spalle dei candidati. Ma è ancora così? Non ne sarei certo. Martedì scorso ho condotto a Cesenatico, al palazzo del turismo, il confronto tra i due candidati sindaco, Matteo Gozzoli e Roberto Buda (competenti e capaci, entrambi hanno già guidato la città). Il giorno prima avevo lavorato alla scelta delle domande assieme a Giancarlo Barocci e Simone Battistoni, leader delle associazioni degli albergatori e dei bagnini che organizzavano l’evento. Tra le domande che loro mi suggerivano non ce n’era una che riguardasse la provenienza politica di Gozzoli e Buda. Gliene ho chiesto ragione: i due imprenditori m’hanno risposto che  la loro gente vuol ragionare di problemi concreti, non di ideologie.

Intendiamoci: si tratta di persone che hanno visione  del mondo, che s’appassionano alle grandi questioni nazionali, che votano per le politiche con convinzione. Non si tratta, a Cesenatico come nel resto della Romagna, di frequentatori dell’anti politica, per capirci. E’ gente che, semplicemente, preferisce guardare in faccia i candidati, sondarne le idee, intuirne le capacità. E’ una tendenza crescente; che non scavalca i partiti, non li demonizza, li segue alle politiche, ma che rivendica libertà quando si tratta di questioni locali.  Non a caso da qualche anno i candidati a sindaco, di destra o sinistra, s’attribuiscono liste civiche, ne fanno nascere di specifiche, anche con qualche evidente forzatura. Una ragione ci sarà.

Abbiamo di fronte l’ultima settimana di campagna elettorale. Le presenze eccellenti continueranno, magari chiuderanno ufficialmente la campagna, com’era di rito un tempo. Ma cresce l’impressione che le gite dei big servano ormai più a offrire visibilità a loro stessi che ad assicurare consenso ai candidati. Buona domenica, alla prossima.    

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