rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

La gentile 'Lady di ferro' di Confartigianato: "La pandemia ci ha incattivito, la guerra ci crea ansia. La politica deve aiutarci ora"

Emanuela Bacchilega, imprenditrice di Bagnacavallo, è la presidente della Confartigianato di Ravenna e provincia, la prima in Emilia Romagna

Diciamolo: non è che la pur splendida terra di Romagna con le donne sia generosa, in fatto di incarichi. Rappresentanze imprenditoriali, sindacali, bancarie, camerali, sono tradizionalmente avare con il pianeta rosa. Le Camere di Commercio non hanno mai avuto presidenze femminili, nessuna banca è guidata da una donna, si contano facilmente le signore che guidano associazioni d’impresa provinciali, mi sovvengono Monica Ciarrapica in Confesercenti a Cesena, Patrizia Rinaldis tra gli albergatori e qui mi fermo. Maria Giorgini governa la Cgil di Forlì e Cesena.Tra i sindaci qualcosa è cambiato da quando sono eletti direttamente dai cittadini: parecchi piccoli comuni romagnoli sono guidati da donne che, evidentemente, riscuotono stima, se arrivano ad affacciarsi in pubblico. Ma nelle città, ove le sacrestie politiche la fanno ancora da padrone, le candidature femminili appassiscono ancor  prima d’essere proposte alla gente. Ho fatto una ricerca: le principali città romagnole (Rimini, Cesena, Forlì, Ravenna, Faenza, Cervia, Cesenatico) hanno avuto complessivamente oltre duecento sindaci. Tra essi una sola donna è stata prima cittadina, Nadia Masini a Forlì, per una sola legislatura, nel 2004. Insomma, essere donne, in Romagna, non spalanca portoni istituzionali.

Quando, dunque, più o meno un anno fa, Emanuela Bacchilega, imprenditrice di Bagnacavallo, venne nominata presidente della Confartigianato di Ravenna e provincia, la prima in Emilia Romagna, a chi crede nell’altra metà del cielo risultò istintivo far festa.

Conosco Emanuela, da una decina d’anni. Mi aveva parlato di lei Tiziano Samorè,  navigato e capace direttore di Confartigianato, spiegandomi che la giovane contitolare del calzaturificio “Emanuela”, era persona brillante. La invitai a “Salotto blu”: arrivò nei nostri studi leggermente in anticipo, dovette aspettare che finissi una trasmissione. Patrizia Macori, segretaria di redazione di VideoRegione e conoscitrice dell’animo umano, mi avvertì: “c’è di la la signora Bacchilega, le ho fatto compagnia volentieri, è persona squisita”. Al tempo Emanuela non aveva incarichi associativi, non era ancora la prima donna entrata a far parte, dopo cento anni e passa, del consiglio di amministrazione della BCC Ravennate e Imolese (istituto frutto della fusione di numerose Casse Rurali che nel 2017 ha inglobato la Banca di Forlì). Ed era bel lontana dal pensare di diventare leader degli artigiani ravennati. Ma era, effettivamente, dotata di un garbo, di una educazione pacata e ferma, di stampo ottocentesco. Il suo eloquio trasmetteva immediatamente intelligenza costruttiva ma mi colpì, in lei, un’altra cosa: prima ancora di parlare di azienda descrisse il fortissimo legame con i genitori, con il marito, con le figlie. Quasi a chiarire, forse inconsciamente, forse a scusarsi di un impegno professionale a tempo pieno: sono una manager ma la famiglia viene prima di tutto. In questi dieci anni non è cambiata.

Emanuela, affrontiamo subito la questione di genere, così la leviamo di torno: com’è comandare un battaglione di uomini?

Non li comando, faccio parte della squadra, una bella squadra. Lavoro molto su questo, trovo massima disponibilità e sto avendo soddisfazioni. Del resto non invento nulla, nella azienda di famiglia fondata dai miei genitori, è sempre stato così. Piuttosto, del rapporto con gli uomini, da quando mi muovo nelle istituzioni, una cosa mi infastidisce. Non se se dirla, però. 

Diciamola, tanto questa rubrica non la legge nessuno.

In alcuni contesti, non segnatamente all’interno di Confartigianato, certi uomini mi rivolgono complimenti per il mio aspetto con l’intendimento, sotto traccia, di sminuire le mie potenzialità professionali o di rappresentanza. Penso che tengano atteggiamento simile con le donne abitualmente. Conosci il mio carattere: una, due volte sopporto, taccio, sorrido. Alla terza digrigno i denti e mi spiego con chiarezza. In generale, però, dagli uomini ho ricevuto stima, collaborazione. Quella che descrivo è spiacevole eccezione.

Come presero la notizia della presidenza le tue due ragazze?

L’hanno vissuta in trepida attesa assieme a me, la strada non era spianata. C’era in campo la mia candidatura da tempo, ma a una settimana dal congresso è emersa la candidatura, più che legittima, di un collega imprenditore. Le mie figlie mi hanno sostenuta e adesso sono le critiche più esigenti. Non c’è volta in cui mi esprima in pubblico che non abbiano qualcosa da dire, da correggere. Sarà così anche per questa intervista, non sanno che sto parlando con te.

Speriamo di far bella figura e cambiamo argomento. Ti ho sentita al telefono un paio di volte durante il primo lockdown, eri preoccupata. La pandemia, la guerra, cosa è cambiato nel fare impresa?

Tutto e niente, il mestiere dell’imprenditore continua ad essere quello che era ma l’organizzazione del lavoro è molto cambiata. E’ diventata più frenetica ed incerta, dunque ansiogena. Pensa solo a quanto è diventato difficile il reperimento delle materie prime, le cose non arrivano per tempo, quando arrivano, e costano molto di più. I nostri clienti non lo accettano, i rapporti con tutti si sono complicati. Posso aggiungere?

Certo.

S’era teorizzato che la la pandemia c’avrebbe fatto diventare più buoni. Una topica clamorosa: siamo diventati più arroganti, siamo incattiviti. Nessuno ha più la pazienza di comprendere le esigenze altrui, forse ci sentiamo tutti un po' in balia del destino, abbandonati. Servirebbero, invece, comprensione e solidarietà. Facciamo il contrario di quel che dovremmo.

Nella tua azienda, però, anche in virtù delle garanzie contrattuali offerte al personale, c’è sempre stata armonia.

C’è ancora. Rapporti e rispetto sono quelli di sempre. Quest’anno abbiamo, fortunatamente, assunto altre otto persone. Ma le famiglie sono preoccupate per quel che va succedendo, c’è timore per i costi aumentati. Siamo tornati indietro nel tempo  e nelle abitudini, si studiano metodi alternativi per riscaldare casa e l’inverno, come nelle celebre fiction “Il trono di spade”, sta arrivando. Solo che si tratta della realtà. Non è un bel vivere, è una regressione.

Da un po' sei nella stanza dei bottoni di una banca importante, la BCC Ravennate Forlivese Imolese. Da lì come si guarda l’economia?

Con estrema attenzione, con cautela ma anche con lo spirito di chi è sempre stato vicino a imprese e famiglie, di chi conosce il territorio. Ci si prepara per eventuali momenti difficili ma al momento, va detto, tutto sta procedendo regolarmente. Il sistema economico e finanziario locale non è inceppato, questa è la nostra impressione; però si guarda ai prossimi mesi con preoccupazione. Tutto, o quasi, dipende dalla bolla dei prezzi dell’energia e delle materie prime.

Le Casse Rurali, antesignane delle BCC, erano dietro l’angolo per chiunque. Le dimensioni allargate dell’istituto cosa comportano?

Un rafforzamento e un miglioramento della struttura operativa. I comitati locali dei soci, poi, fanno da primo filtro sulle esigenze di imprese e famiglie e da sentinelle sul territorio. Non si perde il contatto con la realtà e con le esigenze locali: la banca mette a disposizione forti somme per volontariato, sport, cultura. Lavoriamo anche, per tornare all’inizio della nostra conversazione, anche sulla parità di genere.

Interessante, se ti va spiega. 

Siamo all’inizio ma ci siamo posti il problema, seriamente. All’interno del consiglio di amministrazione sono stato nominata la settimana scorsa referente per le sostenibilità ambientale e la parità di genere. Ci lavoreremo, stiamo  individuando la squadra e preparando l’agenda operativa. Presto avremo novità.

Torniamo lì, questione rincari dell’energia: cosa succederà, a tuo giudizio?

Ci sono studi che sostengono che un impresa su quattro potrebbe chiudere i battenti di qui alla fine dell’anno.  Sarebbe una ecatombe in grado di innescare qualcosa di cui non si possono immaginare gli esiti. Si tratterebbe soprattutto di piccole imprese, quelle più strutturate hanno più margine per resistere, ma fino a quando? Moltissime imprese sono “energivore”, non possono andare avanti, nel medio termine. Poi c’è la questione delle differenze nei prezzi, perdiamo competitività con imprese francesi e tedesche che hanno costi minori. La Francia ha il nucleare, la Germania potenti aiuti di Stato. 

E c’è anche la complicata ricerca dei collaboratori. Da cosa dipende, secondo te, si sono sentite mille spiegazioni.

Ho la sensazione che la pandemia abbia cambiato la priorità delle scelte delle persone. Conta più il tempo libero, il rapporto affettivo e familiare, di quanto si possa guadagnare. Non è vero che non c’è lavoro, in Confartigianato abbiamo potenziato il rapporto con le scuole, spiegato che entrare in impresa o diventare imprenditori è una strada possibile e affascinante. Ma la situazione non si sblocca.

I tuoi artigiani cosa si aspettano dalle istituzioni, dalla politica?

Un aiuto, almeno il tetto del prezzo massimo dell’energia, almeno poter sapere quanto costerà. Certi fornitori ti dicono: “il prezzo te lo faccio il giorno in cui ti spedisco la merce”. Ma in questo modo è impossibile programmare, il mestiere dell’imprenditore salta. La politica deve capire che è meglio aiutare le imprese adesso piuttosto che avere gente disperata e una emergenza sociale il prossimo anno. E pensare che, l’ufficio studi della Confartigianato lo certifica,  al primo semestre di quest’anno il sistema Italia va  meglio del 2019, costruzioni e moda trainano una ripresa forte. Il vulnus, torno lì, è il costo di energia e materie prime, rischia di travolgerci.

L’auspicio?

Quello di uscire presto dal clima di paura e incertezza,  senza il quale, lo ribadisco, la nostra economia sarebbe solida e potrebbe guardare al futuro serenamente.  E sperare che quel che di tragico va accadendo in Ucraina finisca quanto prima. Non si può accettare la guerra, il massacro, la tragedia. Stiamo assistendo a qualcosa che solo un anno fa avremmo definito impossibile e che rimane inconcepibile. I nostri figli girano il mondo, in pace, da decenni. Quel che stiamo vivendo è assurdo.

Ringrazio e saluto Manuela Bacchilega. Buona domenica, alla prossima.

Si parla di

La gentile 'Lady di ferro' di Confartigianato: "La pandemia ci ha incattivito, la guerra ci crea ansia. La politica deve aiutarci ora"

ForlìToday è in caricamento