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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Lo strano caso dell’auto medica scomparsa

Quel che va accadendo da un paio di settimane potrebbe essere, per diletto, raccontato come un giallo. Invece, va preso seriamente per quel che è: un inatteso corto circuito istituzionale

Quel che va accadendo da un paio di settimane potrebbe essere, per diletto, raccontato come un giallo. Invece, va preso seriamente per quel che è: un inatteso corto circuito istituzionale. La questione, scarnificata, è questa: nel forlivese è stata decisa dalla Asl la soppressione del servizio di un’automedica da molti giudicata indispensabile. La decisione ha creato sconcerto tra popolazione e volontari.

E’ faccenda che riguarda la “sicurezza percepita” in territori anche collinari, dunque lontani da strutture sanitarie. Se elimini un presidio che funge, contemporaneamente,  da sostegno operativo e  da conforto psicologico, vai a cercare, si diceva un tempo  dalle nostre parti, freddo nel tuo stesso letto.  

E qui comincia il singolare il corto circuito, i cui contorni meritano attenzione. L’allarme civico è fatto proprio, inizialmente, da politici di centro destra che da tempo sono critici nei confronti della gestione sanitaria. Il loro intervento pertanto, non stupisce gli osservatori. Ma la questione rapidamente lievita con la sottoscrizione di una lettera di protesta, inviata alla direzione della Asl, da parte di una quindicina tra Sindache e Sindaci di orientamento politico diverso. Alla lettera è riservato ampio spazio dai giornali. Segue una pubblica alzata di scudi di politici dem e pentastellati, contrari alla decisione presa dalla Asl. Posizione condivisa pubblicamente anche dai vertici locali di Cgil e Uil.

In risposta appare sui giornali una dichiarazione del direttore della Asl così sintetizzabile:  la decisione è imposta dalla mancanza di medici, la scelta non inficia la sicurezza sanitaria territoriale. Per giunta, si legge, la questione è chiusa, tornare indietro non si può. Un paio di giorni fa i Sindaci diramano un comunicato di risposta con cui chiedono urgentemente la revoca della decisione, rivolgendosi anche alla Regione. Dunque, se di delitto si tratta, i Sindaci chiamano in causa, oltre agli esecutori materiali, i presunti mandanti. In risposta arriva un dispaccio da parte dei responsabili del pronto soccorso del Pierantoni che soccorre soprattutto i manager, asserendo che i medici da piazzare nelle auto mediche non ci sono e che il pronto soccorso è stressato. Che è senz’altro vero, come è pure vero, però, che sono stressati anche coloro che al pronto soccorso si presentano perché non esistono le strutture alternative mille volte promesse.

Insomma, tutti scrivono a tutti. Verrebbe da chiedersi: parlarsi non sarebbe stato meglio, non avrebbe dato un segnale migliore alla gente? In epoca telematica non parrebbe difficile, all’interno delle classi dirigenti, mettersi in contatto diretto. Lo scontro tra poteri che dovrebbero essere concilianti deflagra come, a memoria, non era mai accaduto. E, onestamente, tra gli addetti ai lavori, cominciano a essere troppi quelli che mandano messaggi.

Torniamo un attimo indietro. La decisione della Asl è apparsa subito di difficile comprensione, in un periodo in cui la salute è drammaticamente al centro tutto. Per contro, i manager sanitari non sono nè pazzi nè incompetenti; la loro volontà è condizionata anche da una programmazione universitaria scriteriata. Si è fatto di tutto per limitare le iscrizioni a medicina (per ragioni non tutte nobili) e oggi ci troviamo, in uno dei Paesi più ricchi ed evoluti al mondo, a non disporre di medici. E i vertici della Asl non possono, si scherza un po', travestire da medici i giocatori del Forlì calcio, i cercatori di funghi della Campigna o i visitatori dei Musei del San Domenico. Non ci piove.  

Ma, poiché di medici non disporremo per parecchi anni ancora, pare limitativo chiudere un servizio qui e uno là. Serve pensare a qualcosa d’altro, condividerlo e spiegarlo. Nel frattempo, alla luce degli ultimi avvenimenti, i cittadini si chiedono: chi decide della sanità pubblica? Esclusivamente i dirigenti sanitari? Fino a dove si spinge il potere d’indirizzo, se c’è, dei Sindaci? 

La questione va schiantata in fretta, sono in ballo temi come il potenziamento, indilazionabile, della medicina di territorio. Le risorse, ingenti, del Pnrr,  permettono realizzazioni che fino a ieri non erano in cantiere. Ai cittadini interessa sapere quale sarà, nella partita, il ruolo dei primi cittadini. Sindache e Sindaci, in questa epoca di smarrimento di certezze, sono le figure istituzionali più vicine al sentire collettivo. Se dovessi far passare un qualsiasi messaggio, potendo mi rivolgerei a loro per divulgarlo.

Abbiamo, in Romagna, strutture ospedaliere eccellenti, chi le ha frequentate conosce professionalità e senso etico di chi vi lavora. Se un romagnolo accede alla assistenza ospedaliera è trattato meglio che nella maggior parte dei luoghi sanitari del mondo. Il punto critico, per un cristiano, è sentirsi male e trovarsi in quella terra di nessuno che rimane fuori dall’ospedale, non sapere come arrivare ad una struttura organizzata. Non avere chi ti spiega che puoi essere assistito adeguatamente anche fuori dall’ospedale e ti tranquillizza. I manager sanitari queste cose lo sanno, posseggono competenze avanzate. Dipingerli in modo grottesco serve zero e non risolve i problemi. Sanno bene che la questione, del presente e del futuro, è quella. E non sonnecchiano.

Tuttavia, dovrebbero avere cautela nel maneggiare la tranquillità psicologica di chi non può comporre a qualsiasi ora il numero di un medico amico e si affida a quel che trova, magari all’auto medica che è insieme un aiuto e un simbolo. E, diciamolo: se non esistesse l’ansia collettiva per la salute non esisterebbero neppure i manager. Dunque, occhio! Se le cose le spieghi, la gente capisce. Molto più di quel che t’aspetti. 

Chi sa, per tornare alla cronaca, cosa succederà adesso? L’auto medica della discordia ricomparirà d’incanto, con uno dei giochi di prestigio che solo la politica può garantire? Non sarebbe una brutta soluzione, nessuno si farebbe male e in poco tempo tutti dimenticherebbero il corto circuito tra istituzioni. Che, a proposito di sicurezza percepita, è segnale poco tranquillizzante.

Buona domenica, alla prossima.

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