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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

La Romagna di Natale Graziani, ricordata da Casini, Patuelli e Gigliola Cinquetti

Natale, uomo dalle molte vite e dagli altrettanti saperi, è stato illustre figlio del Novecento romagnolo, incarnando, della Romagna adorata, intraprendenza, cultura, gentilezza

Avrebbe presto compiuto cento anni, Natale Graziani. Chi era costui? Non azzardate porvi la domanda, lettori troppo giovani: Natale, uomo dalle molte vite e dagli altrettanti saperi, è stato illustre figlio del Novecento romagnolo, incarnando, della Romagna adorata, intraprendenza, cultura, gentilezza. Ben ha fatto, dunque, lo scorso 26 novembre, l’Accademia degli Incamminati di Modigliana a ricordarlo presso il Padiglione delle Terme di Castrocaro.

Graziani era nato nel 1922 a Cusercoli, borgo incastonato tra Meldola e Civitella, in quella Valle del Bidente che dal Forlivese, attraverso Santa Sofia, porta alla foresta di Campigna, patrimonio della umanità per Unesco, e alla Toscana, attraverso i tornanti della strada che Benito Mussolini, in folgorante uniforme bianca secondo il racconto del massimo cantore della Vallata, lo scrittore Luciano Foglietta, inaugurò negli anni Venti del Novecento. A dirla tutta, pare che la vicenda dei finanziamenti di quella opera, come quella dei ristori dei danni del  terremoto che sconvolse Santa Sofia nel 1918, abbia assunto qualche connotazione romanzesca, visto che l’Italia è sempre stata l’Italia. Non è questa, però, l’occasione per parlarne, magari lo faremo un’altra domenica.

Graziani fu eccellente avvocato, disputando nei tribunali e in corte d’assise lo scettro di migliore penalista della Romagna con il riminese Titta Benzi, amico d’infanzia di Federico Fellini e protagonista di “Amarcord”, con Veniero Accreman, sindaco di Rimini e tre volte parlamentare del Pci, e con i forlivesi Menotto Zauli e Giovanni Elliot Fontana, nativi della Valle del Montone, il primo di Dovadola, il secondo di Portico, entrambi orientati a destra. Graziani, come loro maestro di diritto e oratoria, era, invece, di convincimenti repubblicani, pur nutrendo profondo rispetto per il messaggio cristiano. 

A un certo punto della propria vita, Graziani s’accorse che quel che stava facendo non esauriva la sua sete di sapere, capire, realizzare. Si fece, dunque, manager del turismo termale, contribuendo in modo decisivo a rilanciarlo. Divenne presidente di quelle Terme di Castrocaro di cui innovò il modello organizzativo anche attraverso iniziative come il Festival delle Voci Nuove, da lui personalmente ideato. Da appassionato di cultura e forme d’arte, Natale (si chiamava così perché era nato proprio quel giorno lì) intuì che nell’Italia del boom economico la canzone costituiva volano emozionale in grado di garantire alle terme visibilità intensa e prolungata. Il successo della iniziativa fu clamoroso: la Rai, unica, potentissima, emittente, fu di fatto costretta a diventarne partner e Graziani, come ben ha raccontato a Castrocaro Gian Callisto Mazzolini, ebbe perfino la possibilità di imporre alla Rai la conduzione del giovane Pippo Baudo, che da Castrocaro iniziò la propria carriera. Come successe, del resto a un gran numero di cantanti che, partendo dalle Voci Nuove,  divennero celebri. Successivamente, Graziani fu chiamato a rilanciare le terme di Fiuggi, lo fece con eguale successo, accreditandosi come il più brillante manager italiano del settore.

Nella terza fase della vita, Graziani, fin dalla gioventù pubblicista, scrisse articoli di pregio per un gran numero di giornali, diresse riviste culturali come “La piè”, pietra miliare della cultura romagnola, prima di lui guidata da Aldo Spallicci, e come “Il Caffè Michelagelo”, che usciva nella Firenze in cui Natale aveva scelto di vivere. E scrisse magnifici libri: tra essi i due appassionanti volumi di storia della Romagna Toscana,  forse la pubblicazione più importante mai uscita sull’argomento.

L’ho fatta fin troppo breve, Natale Graziani, personaggio eclettico,  meriterebbe ben più di queste righe. Lo hanno, invece, ricordato con parole adeguate, la scorsa settimana a Castrocaro, autorevolissimi suoi amici: Pier Ferdinando Casini, in collegamento dal Vaticano, dov’era quella mattina per obblighi istituzionali, e Antonio Patuelli, Presidente delle banche italiane, presente a Castrocaro. Patuelli, oratore brillante, fu giovane Deputato liberale, con il tempo è diventato manager bancario di primissimo ordine: è Presidente della Cassa di Ravenna e costituisce da almeno due decenni riferimento della intera classe dirigente ravennate: la città, che negli anni Novanta assistette con sgomento alla caduta delle famiglie Ferruzzi e Gardini, trovò in Antonio Patuelli un faro. 

Entrambi, Casini e Patuelli, sono stati, in passato presidenti della Accademia, attualmente guidata dal medico pneumologo di fama internazionale Venerino Poletti, anch’egli presente a Castrocaro. Ha ricordato Graziani con emozione anche Gian Callisto Mazzolini, avvocato, al quale si deve, congiuntamente ai modiglianesi Giuseppe Mercatali, dirigente di Confartigianato, e Giancarlo Aulizio, medico, la continuità operativa della Accademia. I tre sono amici di Casini fin dai tempi del Movimento giovanile della Democrazia Cristiana e Pierferdi non è tipo da dimenticare certi legami. Intelligenza acuta e buon carattere, del resto, sono alla base del suo successo in politica. Non a caso, nel risiko impazzito che portò un anno fa alla rielezione di Sergio Mattarella, Casini fu, tra tanti sbandierati e inconsistenti pretendenti, il più vicino a salire effettivamente al Colle. I notisti politici narrano, confidenzialmente, che Casini si trovava a camminare nel parco di Villa Borghese, a Roma, quando una telefonata lo informò che, all’ultimo istante, la sua candidatura, sostenuta da gran parte dello schieramento politico, s’era infranta sul veto, pare, della Lega. Casini, fino a qualche ora prima rassicurato, non fece una piega e in un attimo, senza isterismi e con senso dello Stato, dando lezione di stile a molti, si schierò immediatamente a favore di Mattarella, risorsa estrema a disposizione della politica, telefonandogli di persona, assicurando il proprio appoggio e contribuendo a convincerlo ad accettare un ulteriore settennato. Pare sia andata effettivamente così e non stupisce, dunque, che, di lì a qualche mese, in occasione delle elezioni del 25 Settembre, il Pd  abbia candidato Casini a Bologna, pur sapendo di sfidare il mal di pancia di una parte della base locale del partito.  

Tornando a Graziani e alla Accademia, il climax della mattinata, introdotta dal saluto del nuovo, combattivo, sindaco di Castrocaro e Terra del Sole, Francesco Billi, si è raggiunto al momento dell’arrivo in sala di Gigliola Cinquetti, che, dalle Voci Nuove decollò verso il firmamento della canzone, vincendo nella città termale, poi a Sanremo e poi ancora al Festival europeo. Fu la prima, fulgida, stella del concorso castrocarese. Vinse nel 1963, si presentò a Sanremo con “Non ho l’età”, l’anno successivo, vendendo dodici milioni di dischi, in classifica in Francia, Spagna e persino nella Inghilterra della avanguardia musicale. Studiosa dell’arte, colta, multilingue,  Cinquetti divenne la ragazza della porta accanto in tutta Europa.

Gigliola è una fuoriclasse, per talento, garbo, intelligenza, non serve lo dica io. La settimana scorsa, richiamata dalla antica amicizia con Natale Graziani, si è presentata a Castrocaro con semplicità, bella e agile come sempre. Alta, dritta come una pertica, sottile, avresti potuto scambiarla per ex una campionessa di salto in alto. Sotto un normale piumino indossava camicia e pullover chiari. Un filo di perle, un filo di trucco, nulla più. Al solo vederla, tutti ci siamo alzati in piedi. Poi la sua voce, inconfondibile, per raccontare di Graziani, che la volle a Castrocaro quando lei neppure pensava di fare la cantante. “Erano anni in cui tutto sembrava possibile -ha raccontato- le canzoni accompagnavano la vita delle persone, aiutavano a stare assieme. La musica era elemento costitutivo della società italiana, Natale lo aveva capito prima di altri. Venni accompagnata da mio padre sulla sua Seicento, Graziani ci spiegò cosa aveva in testa, ci mise a nostro agio. Era uomo di grande cultura e umanità, non perseguiva interesse personale, apparteneva alla parte migliore dell’Italia di allora”.

Gigliola Cinquetti ha detto, prima di fermarsi ad ascoltare gli interventi di tutti, altre cose importanti. Mentre lei parlava, seduto in platea, pensavo a Natale Graziani: lo conoscevo e lo intervistai due volte nel nuovo millennio. Era uomo spiritoso, dal fare semplice. Credo che, lassù dov’è adesso, sia contento del ricordo che i suoi autorevoli amici gli hanno rivolto e che, ascoltando le parole di Gigliola, si sia emozionato. Gli amici della Accademia degli Incamminati conoscono il valore della memoria. Che non è auto d’epoca da tenere in garage e lucidare ogni tanto, è una vettura fiammante, simile a quelle che attraversavano i viali che conducevano, negli anni ruggenti, ai magnifici stabilimenti termali della Romagna. 

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