E’ vero che i giovani romagnoli preferiscono il divano?
"Ho il sentore che molti giovani preferiscano starsene seduti piuttosto che lavorare nel turismo. Il reddito di cittadinanza e altre forme di sussidio li mettono al coperto". Dalle dichiarazioni di Patrizia Rinaldis, presidente dell’associazione degli albergatori di Rimini, l'approfondimento del giornalista Mario Russomanno
Tranquilli, questa domenica non trattiamo questioni vietate ai minori, che pur il titolo potrebbe evocare. Il divano cui riferisco non è teatro di contorsioni erotico-amorose ma quello, metaforico, evocato una ventina di giorni fa da Patrizia Rinaldis, presidente dell’associazione degli albergatori di Rimini, nel corso di una conferenza stampa molto partecipata dai media. In estrema sintesi, Rinaldis quel giorno affermò: “Quest’anno in riviera abbiamo registrato il pienone, ma abbiamo avuto problemi seri nel reclutare personale. Ho il sentore che molti giovani preferiscano starsene seduti piuttosto che lavorare nel turismo. Il reddito di cittadinanza e altre forme di sussidio li mettono al coperto”.
Tesi che, al primo ascolto, potrebbe apparire sibillina ma, poiché conosco Rinaldis da tempo e sono abituato a prenderla sul serio (è tenace e documentata, è stata la prima donna, assieme alla savignanese Anna Raduano, a far parte di una giunta camerale romagnola dopo oltre cento anni, guida con piglio manageriale la propria impresa e una associazione di riferimento nazionale, etc), l’ho sentita di persona qualche ora fa per approfondire. Rinaldis non ha cambiato idea: “fortunatamente, il rapporto fidelizzato tra albergatori e collaboratori persiste negli anni eppure, con il personale che abbiamo cercato quest’estate, è stato un disastro. Gli albergatori hanno chiamato dal sud Italia e dall’est Europa, persone che in precedenza si rendevano disponibili ma si sono spesso sentiti rispondere picche. Abbiamo l’ impressione che forme assistenziali come il reddito di cittadinanza o di emergenza abbiano influito. Molte volte gli albergatori si sono sentiti offrire disponibilità solo se il pagamento fosse avvenuto in nero. Cosa ovviamente non accettabile. Dobbiamo lavorarci e anche la politica deve fare la sua parte. Sottolineo, invece, il lavoro prezioso svolto dalle scuole di formazione alberghiera”.
La Romagna vanta, in effetti, solida tradizione di scuole alberghiere. Come quella di Forlimpopoli che è intitolata a Pellegrino Artusi ed è guidata dalla direttrice Mariella Pieri. La quale non si trincera dietro affermazioni di comodo. “Voci del genere le abbiamo sentite, ci è stato raccontato che qualcuno ha chiesto di lavorare “in nero”. Non si tratta, però, di ragazzi usciti dalla nostra scuola né, ritengo, da istituti analoghi. Di qui partono ogni anno circa centocinquanta diplomati, tra gli ottocento studenti complessivi; hanno concrete possibilità di lavoro, anzi vengono chiamati frequentemente anche studenti del terzo-quarto anno. Il motivo è che si tratta di giovani che acquisiscono professionalità: chef, pasticcieri, maitre, receptionist. Ritengo che il fenomeno di cui mi sta parlando riguardi, invece, soprattutto persone chiamate a lavorare nelle camere, a fare il cameriere etc. Poi c’è la questione della giusta retribuzione, su cui non sempre si registra la soddisfazione dei diplomati”.
Ho sentito Graziano Gozi, direttore della Confesercenti di Ravenna e di Cesena. Gozi è considerato da un quindicennio uno dei massimi esperti di questioni del turismo in Emilia Romagna. Alla sua associazione aderiscono un gran numero d’imprese operative in riviera, da Cesenatico fino ai lidi ravennati. Gozi allarga la prospettiva: “Anche la nostre aziende hanno avuto difficoltà a trovare personale, la scorsa estate. Ma quello del reddito di cittadinanza mi pare solo uno degli aspetti della questione. Forse dobbiamo adattarci all’idea che i nostri giovani certi mestieri non abbiano più voglia di farli. Faccio un esempio: d’estate, ai tempi della scuola, andavo a lavorare per prendere qualche soldino, come me tanti della mia generazione. Chi lo fa più? La scolarizzazione, anche universitaria, è generalizzata, crescono le attese. Le famiglie possono probabilmente permettersi di mantenere più a lungo i ragazzi, aspettando occasioni migliori. Ma c’è anche un altro aspetto, riguarda l’innovazione della proposta turistica. Il nostro mondo sta investendo per attrezzare alberghi in grado di reggere la concorrenza con l’estero, il turista vuole vivere comodamente. Servono alberghi più confortevoli e ci si sta muovendo per approntarli. Serve anche personale maggiormente qualificato. E dunque dobbiamo metter in conto di investire di più nella formazione e nella retribuzione. Altrimenti da questa strettoia non usciamo”.
Cosa pensa il sindacato? L’ho chiesto a Filippo Pieri, segretario generale della Cisl della Emilia Romagna, cesenate, aduso alla mediazione ma anche a rivolgere lo sguardo a scenari complessi: “La minore appetibilità del lavoro stagionale deriva anche dalla recente modifica del sistema degli ammortizzatori sociali. Il periodo di disoccupazione tutelata è diminuito, come è diminuita la stessa attività stagionale. E il nostro sistema turistico, fatto di moltissimi piccoli alberghi aperti solo nei mesi estivi, fatica a garantire lavoro per tutto l’anno. Non a caso tanti nostri giovani preferiscono andare a lavorare in montagna, ove le stagioni sono almeno due, quella estiva e quella invernale o, sempre più frequentemente, all’estero. Occorre alzare e qualificare l’offerta turistica, anche offrendo retribuzioni più adeguate. Non escludo che qualche lavorator chieda di lavorare in nero, come non escludo che qualche “escamotage” venga talvolta proposto dalle imprese. Sono comportamenti che il sindacato, chiunque ne sia protagonista, combatte. Non darei, comunque, tutta la colpa al reddito di cittadinanza che, in Emilia Romagna, offre un sussidio, mediamente, di 480 euro al mese. Una somma la cui entità non giustifica il rimanersene in poltrona”.
Insomma, la questione cambia di qualche tonalità a seconda dell’angolo da cui la si osserva, ma non è infondata e non riguarda solo le esigenze degli imprenditori e dei lavoratori, ma anche la futura organizzazione sociale della nostra terra. Che è ricca, evoluta, accogliente. Tre anni fa Renzo Piraccini e Lorenzo Tersi, organizzatori dell’importante meeting economico-culturale chiamato “Fattore R”, affidarono al premio Nobel per l’economia, Eric Maskin, il compito di studiare la società romagnola. Ero presente alla dissertazione conclusiva di Maskin il quale, tra l’altro, affermò: “Sono pochissime le aree del pianeta ove allo sviluppo economico s’accompagna una tale felicità del vivere”.
Credo sia proprio questa felicità, intesa come qualità della vita, capacità di valorizzare il tempo libero, la cultura etc, a caratterizzarci. Viviamo meglio di quasi tutti gli altri al mondo, anche se poco ne siamo consapevoli. In un contesto del genere che i nostri figli aspirino a lavori gratificanti, ad avere almeno le stesse opportunità che abbiamo avuto noi, è logico, condivisibile. Perché non dovrebbero sperare il meglio per se stessi? Il punto è: se lo potranno permettere? I loro nonni trasformarono, quasi miracolosamente, in poco più di un decennio, una terra di pescatori e contadini nel distretto turistico più efficace al mondo. Quell’eredità sarà sufficiente (per noi, fortunati, lo è stata) oppure toccherà alla generazione dei millennial l’avventura di ricominciare da capo? Buona Domenica, alla prossima.