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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

In Romagna al prossimo giro ci saranno la metà dei parlamentari, e non sarà un bene

Lo scrivo sapendo di fare affermazione impopolare, non è affatto detto che l’offerta politica al pubblico migliorerà attraverso la riduzione del numero dei parlamentari

Le “dead line” è già individuata: quando si voterà per le “politiche” la pattuglia dei parlamentari romagnoli, oggi composta da dodici elementi, si ridurrà sensibilmente. Non è azzardato supporre che il numero degli eletti si ridurrà della metà e oltre. Ciò in conseguenza della riduzione del numero dei collegi elettorali, e dei parlamentari, decisa e legiferata recentemente. Che si tratti di scelta effettivamente utile è da stabilire. Qui ci limitiamo a fare il quadro della situazione attuale, emersa dal voto politico del 2018. Nel riminese in questa legislatura si contano quattro parlamentari (per ragioni di sintesi assemblo Deputati e Senatori e non distinguo tra eletti nei collegi uninominali e nel collegio plurinominale, il cosi detto “listino”): Giulia Sarti e Marco Croatti, penta stellati, il medico Antonio Barboni, candidato da Forza Italia, e la riccionese Elena Raffaelli, indicata dalla Lega. Nel cesenate troviamo il leghista Gianni Tonelli, ex segretario del sindacato di polizia. Eletta a sorpresa, in quanto il collegio cesenate era storicamente considerato feudo del centro sinistra, risultò la sindaca di Tredozio, Simona Vietina, che nei giorni scorsi ha annunciato il proprio passaggio da Forza Italia a Coraggio Italia, movimento ispirato dal presidente ligure Giovanni Toti. Al gruppo di Toti ha aderito anche Carlo De Girolamo, forlivese, eletto  per il Movimento 5 Stelle. Forlì registra la presenza alla Camera di Jacopo Morrone, leghista, già sotto segretario alla giustizia del governo giallo-verde, e di Marco DI Maio, candidato nel 2018 dal Pd ma da tempo passato a Italia Viva. Nel ravennate troviamo l’ingegnere faentino Stefano Collina e Alberto Pagani, entrambi Dem, e il decano Vasco Errani, ex assessore a Ravenna e in Regione, per quindici anni Governatore dell’Emilia Romagna, eletto al Senato per Leu-Articolo1. 

Un dato politico per certi versi clamoroso, scorrendo questo elenco, balza all’occhio. Il partito democratico, che nel 2018 esprimeva i sindaci di Rimini, Cesena, Forlì, Ravenna, Faenza, Cesenatico, Cervia, Lugo, i comuni più popolosi della Romagna, oltre a quelli dell’asse logistico industriale della via Emilia (Santarcangelo, Savignano, San Mauro, Gambettola, Bertinoro, Forlimpopoli, Castel Bolognese) e a quelli della “bassa Romagna”, ricca di moderna agricoltura e imprese di trasformazione, ha eletto quell’anno solo 3 dei dodici approdati a Roma. Con Rimini “scoperta”, Cesena (che contava in precedenza  ben tre parlamentari di area dem, l’attuale sindaco Enzo Lattuca, la Senatrice Mara Valdinosi e il manager europeo Sandro Gozi  che oggi fa parte della compagine governativa del Presidente francese Macron) scoperta, Forlì attualmente scoperta.

Un dato che fa riflettere sulla crisi di consenso vissuta in quel periodo dal Partito Democratico e sulla contemporanea impetuosa ascesa di Lega e Movimento 5 Stelle ma non permette di capire se e in quale misura i flussi elettorali registrati nel 2018  incideranno sulle elezioni amministrative che il prossimo autunno coinvolgeranno, tra gli altri, i comuni di Rimini e Ravenna. 

Di certo una mappa del potere tanto variegata se da una parte rappresenta un elemento di vivacità politica, dall’altra non favorisce collaborazioni solide e di lungo respiro: al di la delle dichiarazione di facciata ed esclusi casi circostanziati, non vedrete parlamentari e sindaci di schieramenti diversi scapicollarsi per dar vita a iniziative comuni. Un senso di diffidenza, alimentato dalla delegittimazione reciproca tra forze politiche nazionali profondamente ostili, ammanta i rapporti anche localmente. Ci sono casi virtuosi ma non costituiscono la regola. Da tale situazione, ovviamente, la Romagna e i programmi di sviluppo che la riguardano non traggono vantaggio. Fortunatamente permane il nuovo clima di collaborazione instaurato tra i Sindaci delle quattro principali città romagnole di cui vi ho riferito due settimane in questa rubrica. Aggiungo, anzi, un elemento: poche ore fa ho intervistato a Salotto blu il prof. Luca Mazzara, presidente del Campus forlivese e ho appreso che i Sindaci hanno commissionato ai Campus di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini una analisi sulle prospettive di sviluppo armonico dei quattro territori alla luce delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e delle esperienze ed esigenze emerse nel periodo della pandemia. 

Qualcosa va aggiunto in considerazione a quanto accaduto nel corso della pandemia: è cresciuto ovunque l’appeal tra la gente e i sindaci, di qualsiasi orientamento politico. I primi cittadini, soprattutto nella prima fase della crisi, hanno rappresentato con coraggio e dignità un baluardo per le speranze e un argine all’ansia. A Bellaria e a Forlimpopoli, come a Sarsina, a Russi o a Santa Sofia. Ovunque hanno incarnato al meglio il rapporto tra cittadino e istituzione. Ciò non toglie nulla al rispetto che si deve ai parlamentari, diversi di loro hanno fatto cose egregie in quel periodo, ma non v’è dubbio che la identificazione tra i cittadini e i loro sindaci sia decollata, anche a scapito dei convincimenti politici di ciascuno,  di quelle legittime passioni politiche che da sempre indirizzano la preferenza espressa a  Deputati e Senatori.

Faccio questo ragionamento per rimarcare che non è, questo, momento favorevole per ragionare di eletti in Parlamento, lo so. Ma quando si voterà (nel 2023 a scadenza della legislatura, abbiamo tutti capito che nessuno intende andare al voto prima) in Romagna il numero degli eletti si assottiglierà bruscamente. Sarà un bene? Vedremo. Certo i parlamentari in genere non ispirano tenerezza, i loro compensi non catalizzano simpatie. Non avendo più solidi partiti alle spalle sono diventati imprenditori di se stessi e manager di una comunicazione politica non sempre efficace. Non costituiscono da tempo per le famiglie una bonaria e clientelare certezza: un tempo ci si rivolgeva a loro per raccomandare l’assunzione di un figlio in banca, alla camera di commercio, nelle associazioni d’impresa. Ambienti che da tempo si sono ristretti, non è che sono diventati impenetrabili alla politica è che non hanno più forza per assumere. Dunque il ruolo dei parlamentari nell’immaginario collettivo, legato a convinzione ideologica o anche solo a senso di protezione, si va riducendo.

Ma, lo scrivo sapendo di fare affermazione impopolare, non è affatto detto che l’offerta politica al pubblico migliorerà attraverso la riduzione del numero dei parlamentari. Con la medesima scure si sono abbattute qualche anno fa le provincie, i risultati sono oggi evidenti e tutt’altro che positivi. Più i poteri s’allontano più diventano imperscrutabili. Vedremo. Di certo non c’annoieremo, prossimamente. Sono in corso grandi manovre all’interno e all’interno degli schieramenti che ci siamo abituati a conoscere nell’ultimo decennio. Potranno Pd e 5 Stelle viaggiare elettoralmente separati? Il centro destra sarà compatto nella costituenda federazione? Nascerà lo schieramento di centro di cui si vocifera a microfoni spenti? La prevista rarefazione dei parlamentari, di cui sulle spiagge giustamente non si parla ma che per gli addetti ai lavori da tempo è pane quotidiano, accelera bruscamente transizioni personali e rivoluzioni. Il potere detenuto da un minor numero di persone peserà di più, tutti stanno alacremente lavorando per accaparrarselo. Vi terremo informati, buona Domenica.       

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