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Giovedì, 25 Aprile 2024
La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Quel 1 maggio 1968 in piazza a Forlì, quando Secondo Casadei onorò con emozione la Festa dei Lavoratori

Ricordiamo, con orgoglio, che proprio in Romagna, a Forlì, il primo giorno di maggio diventò, negli anni Sessanta del Novecento, per iniziativa della Camera del lavoro, guidata da Nello Roncuzzi, fortunato connubio tra celebrazione e intrattenimento musicale

Una settimana è trascorsa dalla celebrazione, nelle piazze romagnole e in tutta Italia, della festa del Lavoro. Oltre a stringersi attorno ai simboli storici del lavoro, s’è “fatta musica” quasi ovunque. Ricordiamo, con orgoglio, che proprio in Romagna, a Forlì, il primo giorno di maggio diventò, negli anni Sessanta del Novecento, per iniziativa della Camera del lavoro, guidata da Nello Roncuzzi, fortunato connubio tra celebrazione e intrattenimento musicale. Venne deciso di “affidare” Piazza Saffi alla conosciutissima orchestra di Secondo Casadei: il risultato fu che decine di migliaia di persone riempirono la piazza oltre ogni limite ed attesa. Immagini e resoconti della festa finirono sui giornali italiani e costituirono stimolo per allestire spettacoli anche in città lontane. Per diversi anni le cose andarono a quel modo, a Forlì, sempre in compagnia della orchestra Casadei. Vi racconto le atmosfere del 1968, sintetizzando brani tratti dal mio libro “L’uomo che fece i romagnoli”, pubblicato su iniziativa del Comune di Forlì che, nel 2021, ha organizzato una serie di iniziative di ricordo del rapporto intercorso tra Secondo Casadei e la città e di valorizzazione della tradizione musicale romagnola.

Per rinfrescare la memoria a me stesso, comunque, martedì scorso sono stato, molto volentieri, a Savignano, a trovare Riccarda Casadei, figlia di Secondo, e le sue figlie Lisa e Letizia, gentilissime custodi, con “Casadei Sonora”, della eredità culturale e sociale del Maestro. Un patrimonio di cui la Romagna è giustamente fiera. Ma ecco, qui di seguito, il breve racconto di quel che accadde in quel pomeriggio del 1968, in cui Riccarda era presente. Com’era presente Fernando Asioli, allora pianista dell’orchestra, che ho incontrato di recente e che tante cose mi ha raccontato.  
 “Un’immagine descrive efficacemente la natura del rapporto che intercorse tra Secondo Casadei e i romagnoli. La fotografia venne scattata in Piazza Aurelio Saffi, a Forlì, il primo giorno di maggio del 1968. Ritrae il Maestro, con in spalla il violino che gli era stato fedele compagno fin dall'adolescenza, e Arte Tamburini, la cantante faentina che, grazie a una delle tante innovazioni volute da Casadei, fu la prima donna ad offrire la propria splendida voce ad un’orchestra romagnola. Con loro ci sono il nipote di Secondo, Raoul Casadei, che imbraccia una chitarra elettrica, e il saxofonista Ivano Nicolucci.  Il Maestro sorride: per lui quella è occasione felice. Ha spiegato, ai tanti che lo hanno avvicinato sotto i portici, con franchezza e una piccola dose d’ingenuità, che trovarsi su quel palco per lui è importante quanto esibirsi alla Scala di Milano.  Anche se non è la prima volta che si presenta in Piazza Saffi, anche se ha suonato ovunque, se sue canzoni sono eseguite in tutto il mondo.  Perché quella che ha di fronte è la “sua” gente: laboriosa, portatrice di valori e abitudini che lui stesso condivide, propensa a fare festa con la musica che Casadei ha cominciato a “reinventare” fin dagli anni Venti. 

E perché la grande piazza è il cuore della città della quale il Maestro possiede, con orgoglio, le chiavi. Era stato il Sindaco Icilio Missiroli a consegnargliele, nel corso d’una cerimonia che aveva profondamente toccato il cuore di Casadei. Un riconoscimento, aveva spiegato Missiroli, alla passione indomita e all’inesausta attività di un uomo che aveva saputo interpretare il senso d’appartenenza romagnolo e l’intraprendenza di una terra in grado di costruire un modello sociale ed economico originale e di successo.

Anche per questo Casadei appare felice. Ha profuso ogni energia  con l’obiettivo di diventare ciò cui aspirava da ragazzo: il cantore delle emozioni della sua terra, il musicista in grado di far ballare chiunque sia in grado di farlo.  Il fatto d’essere da anni puntualmente invitato su quel palco in occasione della festa sacra ai lavoratori, la compagine sociale che più gli sta a cuore, lo certifica. Il Comune, il Sindacato, sono istituzioni che suo padre, il sarto di Sant’Angelo di Gatteo, gli aveva insegnato a rispettare e che Secondo, anche adesso che è  diventato il romagnolo più famoso assieme al genio riminese Federico Fellini, continua ad onorare. 

Nulla, riferisce oggi Riccarda Casadei, era per suo padre meritevole d’essere tutelato quanto il lavoro. Chiunque offrisse un mestiere onesto era, per lui, persona da ammirare. Riccarda rammenta con quanta soddisfazione, anche negli ultimi anni di vita, suo padre festeggiasse in casa, con un bicchierino di liquore e una abbraccio a moglie e figli, la “chiusura” di un contratto per la sua orchestra. Una firma che avrebbe consentito a lui un’altra serata in mezzo alla sua gente e, soprattutto, agli orchestrali adeguata remunerazione. Il fatto che Casadei avesse all’epoca composto centinaia di pezzi eseguiti da un gran numero di orchestre, che la sua canzone più famosa, “Romagna mia”, avesse fatto più volte il giro del mondo, consentendo alla sua famiglia agiatezza, non spostava di un filo i suoi convincimenti.       

Dal palco di Piazza Saffi Arte Tamburini, dopo aver stretto le mani dei bambini che i genitori hanno issato in direzione sua e del Maestro,  annuncia che il concerto si  aprirà con il motivo tratto  dalla operetta, "Al cavallino bianco", sigla della trasmissione  "Musica per voi" di Radio Capo d'Istria, emittente Jugoslava quotidianamente ascoltata in Italia. Al Maestro brillano gli occhi: a lungo la Rai ha trascurato la musica romagnola, giudicandola d’interesse regionale. Solo negli ultimi periodi la tendenza è cambiata: dirigenti e programmisti hanno preso coscienza del successo che registra quel genere musicale, conferendole dignità pari ad altre espressioni musicali. E’stato un lungo percorso, irto di difficoltà. Era stata la rete dei juke box, diffusa in tutti i bar italiani, a lanciare “Romagna mia” e a spingerla verso vette inaudite di popolarità, non l’emittente radiofonica italiana. Radio Capo d’Istria, al contrario, diffonde la musica romagnola sia in Jugoslovia che in Italia. Casadei, che negli studi di Capodistria si è recato più volte, ricevuto come un’autentica stella, sa che nelle case, nelle campagne e nelle fabbriche dalmate, slovene, croate, serbe, si ascolta la sua musica. Considerandola elemento di novità all’interno di un contesto culturale chiuso, imposto dal regime politico. Ecco il perché di quell’omaggio a “Musica per voi” e, indirettamente alle popolazioni d’oltre confine. 

L'applauso che segue l’annuncio di Arte Tamburini ha i connotati dell’ovazione. Migliaia di persone invadono la piazza e ne occupano i porticati. Chi sono? Operai e impiegati delle fabbriche forlivesi, contadini dei dintorni e delle vallate ma non solo. Il concerto, organizzato dalla Camera del Lavoro attira persone di estrazione sociale e territoriale diversa. Si organizzano pullman dalle città romagnole per  far festa il primo giorno di Maggio con l’orchestra di Casadei “il suonatore”.  

Il cognome Casadei in Romagna è molto diffuso perché attribuito un tempo  dagli uffici comunali ai bambini senza famiglia, affidati alla benevolenza del Signore. Se era vissuto nell’anonimato qualche suo antenato, di certo non è accaduto al Maestro: “Romagna mia” ha contribuito a far conoscere quella terra meravigliosa nel mondo, favorito la scelta dei lidi romagnoli effettuata da turisti italiani e stranieri. Ha, soprattutto, offerto consapevolezza al vincolo che lega un romagnolo ad un altro, da Modigliana a Riccione, da Sarsina a Lugo, dalle rocche sorte sulle colline di confine con le Marche ai fondali del Parco del Delta del Po. Tra gente che fino ad allora raramente s’era frequentata ma che aveva capito, ascoltando le parole che Casadei aveva scelto per accompagnare quel valzer, quanto le proprie esperienze fossero unite dal filo di un comune, antico, sentire. In Piazza a Forlì, il primo giorno di maggio non ci si va solo per ascoltare  musica che trasmette energia, accende sentimenti, titilla passioni. Ci si va anche per riconoscersi, concedersi la rassicurante  sensazione di far parte di una comunità  più vasta. 

L’orchestra non propose solo musica romagnola ma i diversi generi nei quali era sperimentata. Ad ascoltarla c’erano anziani, giovani, bambini, donne e uomini. Il concerto fu lungo. Tutti sapevano che l’orchestra Casadei non lasciava il palco fin quando rimaneva gente ad ascoltarla, generosamente, ovunque si trovasse a dare spettacolo: una balera di campagna, un piazzale prospiciente il mare d’estate, un circolo privato allocato in un palazzo del centro storico. Figurarsi in Piazza Saffi, davanti a quel pubblico! L’esibizione si protrasse dunque oltre ogni aspettativa, scandita da applausi e felicitazioni. Generando allegria che prese a spegnersi solo a sera inoltrata.”

In conclusione, vorrei segnalarvi che conobbi, negli anni Ottanta, Nello Roncuzzi, organizzatore di quell’evento in quanto segretario della Camera del lavoro. Sorgevano le Unità sanitarie locali, le odierne Ausl. Inizialmente erano guidate da comitati di gestione a indirizzo politico, il Pci aveva chiesto a Roncuzzi di farne parte. Era uomo serio, gentile, dalla battuta pronta. Distinto, portava giacche blu o grigie, con sotto cravatta e pullover. Mi fa piacere avere occasione di ricordarlo. Il tema della organizzazione sanitaria, e del lavoro in sanità, cominciava ad essere particolarmente sentito. Servivano esperienza, buon senso, vicinanza al territorio. Roncuzzi, come altre donne e uomini di diverso indirizzo politico, sapevano come rendersi utili alle comunità.  

Buona domenica, alla prossima.   

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