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La domenica del villaggio

La domenica del villaggio

A cura di Mario Russomanno

Storie di ordinaria femminilità: Debora Grossi, la ragazza che condivide libri ed emozioni

Dopo la pausa agostana, da oggi ricomincia l’uscita settimanale della “Domenica del villaggio”

Debora è bella, alta, creativa, ha il dono di spandere intelligenza in modo simpatico, è  ben accompagnata e, più o meno tra un mese, sarà mamma. Uno si chiede: chi glielo fa fare, allora, di sperimentare, quasi compulsivamente, nuove e alternative strade? Eppure, lei ferma non sta e non starà. Vive a Riccione, la Perla dell’Adriatico sempre in mezzo al guado tra il paradiso rammentato dai turisti e l’inferno descritto da chi sta all’opposizione, volta per volta di sinistra o di destra a seconda del responso elettorale. Suo padre è uno chef che ha gestito locali importanti, sua madre commerciante: gente che sa da dove viene il pane e abituata a mettere in cascina il companatico.

Lei, Debora, che pur si è brillantemente laureata in Farmacia e che potrebbe esercitare, fa tutt’altro, scopriremo cosa. La scorsa primavera Roberto Mugavero, patron di “Minerva”, mi inviò il libro che aveva da poco pubblicato, “Il mare non l’ha fatto lui”, godibile romanzo ambientato nella Riccione dell’era fascista, scritto dalla narratrice classe ‘90 Debora Grossi, ambientato in una riviera “truccata a festa” e convinta che la guerra, d’estate, non potesse neppure essere concepita. Un racconto coi toni di favola che, abilmente, anticipa la tragedia. Ne rimasi colpito, invitai la ragazza a “Salotto blu” e scoprì una sequela di cose interessanti, utili anche a capire, se ce ne fosse bisogno, e non ce n’è, che i giovani non se ne stanno a pettinare bambole ma hanno capito la lezione: a loro tocca in sorte non di cercare impiego, come è capitato alle generazioni precedenti, ma di provar a diventare imprenditori di se stessi. 

Debora, come hai cominciato ?
Ho studiato con applicazione ma avevo sentore che il campo scientifico non sarebbe stato il mio futuro. Mentre ero all’Università mi sono avvicinata al teatro, ho seguito lezioni e fatto piccoli tour, soprattutto spettacoli per bambini e famiglie. Mi sono divertita moltissimo e mi sono accorta di possedere voce adatta e dizione giusta. Mi sono proposta a “Oltremare”, il parco acquatico, ne sono stata speaker per quattro anni…

Rallenta. Che esperienza è stata?
Bellissima, purtroppo bruscamente interrotta per il Covid: facevamo anche otto spettacoli al giorno. Le attrazioni erano delfini, pappagalli, rapaci: la gente veniva per emozionarsi, ho imparato tanto dal contatto con persone che avevano voglia di uscire dalla quotidianità, di fare esperienze diverse.

Poi?
Mi sono resa conto che la mia vita era in quegli ambiti, tra la gente, occupandomi di animazione, di cultura. Ho preso la decisione di non fare la farmacista. Ho aperto partita Iva e mi sono messa a fare quel che capitava: rassegne culturali, presentazione di libri, comunicazione all’interno di centri commerciali. Dove mi chiamavano andavo, lo faccio ancora adesso. Mi sono proposta al “Resto del Carlino”, mi hanno affidato una rubrica di recensioni letterarie. Le presentazioni pubbliche sono momenti impagabili di scambio con persone e autori, le faccio anche a Porto Verde. Tu lo sai bene, conoscere di persona gli scrittori, capire il loro modo di lavorare, è emozionante.

Poi ti sei inventata la libreria gratuita.
Non l’ho inventata, esiste una rete mondiale di piccole librerie gratuite, Little Free Library, seppur in Italia non molto sviluppata. Forse anche perché da noi si legge meno che altrove. Ne ho aperto una nel giardino di casa, a Riccione, in una traversa di Viale Ceccarini: durante il lockdown è diventata luogo di aggregazione. Ne ho aperta una anche a Coriano. La gente porta i libri, li dona, chi vuole ne prende a prestito e poi li riporta. Non costa nulla, non si firma nulla, si stipula un patto di fiducia e si trasmette cultura. Attorno alla libreria si è creata una piccola comunità, organizzo gruppi di lettura, la gente ha voglia di condividere. Ho scoperto esperienze simili: andando con il mio compagno nella meravigliosa Portico di Romagna, in collina, al confine con la Toscana, dove c’è la cascata dell’Acquacheta, mi sono accorta che il ristorante “Vecchio Convento” ne ha aperta una ben più grande della mia…

Mi fermo un attimo per avvertire il lettore che non si tratta di una carrambata concordata tra me e Debora. Non avevo idea che lei conoscesse Portico, mio luogo del cuore. Il “Vecchio Convento”, ove si mangia divinamente, era casa dei miei nonni materni, mia mamma e mia sorella sono nate lì. Molti anni dopo Marisa Raggi e Gianni Cameli, lei di Portico lui che lavorava a Milano ove Marisa era andata per studiare, adattarono lo stabile a magnifico ristorante- albergo, recensito dalle guide più autorevoli. Avevo notato la fornitissima libreria libera promossa dai Cameli, famiglia da tempo abituata ai contatti internazionali, nel borgo portichese; ne scrissi un paio di anni, fa con sorpresa e ammirazione. Un modo di accogliere, di diffondere socialità e sapere, su iniziativa privatissima, che accomuna, dunque, la rutilante Riccione e la silenziosa, verdissima, Romagna Toscana. Poi dicono che la Romagna, mare o montagna che sia, non è luogo da favola!

Torno a Debora per chiederle quando arrivò la febbre della scrittura.
Il primo libro , “Il movimento dei sogni”, l’ho scritto per “Fandango” a quattro mani con Eleonora Calesini, un’ amica sopravvissuta al terribile terremoto dell’Aquila; si tratta di un romanzo-reportage ambientato in quel contesto. Ho pensato che valesse la pena continuare dopo aver visto che me la cavavo.

Ecco una delle mie note domande cretine. Qualche giorno fa Roberto Pazzi, scrittore tradotto in ventisei lingue, mi ha detto in trasmissione, citando il Nobel Albert Camus, che se non si prova sofferenza, non si ha la spinta per scrivere romanzi. Non riesco a immaginare la tua sofferenza esistenziale.
La domanda non è cretina ma non credere che non conosca l’inquietudine. Il libro precedente, intanto, nacque dalla enorme sofferenza vissuta da Eleonora, che vide la sua città distrutta e la vita sua e dei suoi in grave pericolo. E per me scrivere è liberatorio, facendolo sfogo ogni contraddizione, qualsiasi ansia. Penso di avere equilibrio, di essere fortunata, ma l’ansia pervade chiunque. Dobbiamo tutti trovare il modo per stemperarla, l’ansia talvolta aiuta a trovare la strada giusta ma in genere non è buona compagna di vita.

Esempio?
L’attesa di questo bambino che il mio compagno ed io abbiamo super cercato, siamo felici, manca poco “alla consegna”. Neppure adesso dimentichiamo lettura e scrittura: abbiamo cominciato da tempo a leggere storie al pancione. Sappiamo che rumori e suoni per chi è dentro la pancia rappresentano qualcosa di familiare. Se vuoi un titolo utile in questi casi è il libro “Mamma lingua, ventuno filastrocche per neonati”. Gli studi che abbiamo appositamente seguito suggeriscono anche di proporre canzoni, ecco perchè sto facendo sentire al nascituro i “Queen”, siamo pure andati al loro concerto a Bologna.

Debora, sei cresciuta a Riccione, con evidenti privilegi, d’ordine estetico e, probabilmente, economico. Non era più facile vivere da bella ragazza inserita nei contesti giusti e basta?
Capisco quel che intendi, ma sono sempre stata atipica. Non mi sono mai abbronzata, per dirne una, da ragazzina sentivo il bisogno di un mio spazio, di frequentare persone che cercavano, come me, un rifugio. Ho sempre fatto vita sociale, sono uscita regolarmente con gli amici, a fare aperitivi o a ballare, ma ho inseguito quel rifugio, quella idea di condividere cose e passioni con altri. Sono stata fortunata, la mia città mi ha accettata per quel che volevo essere, ne sono felice. Ho trovato persone che amano la cultura, senza pretese intellettuali, come capita a me.

Che posto è Riccione?
Come altre città di mare, secondo me più bella di altre. Dietro il turismo e l’accoglienza c’è tanto lavoro, nessuno sta con le mani in mano, nessuno si siede ad aspettare che il tempo passi. E il mito della trasgressione è una balla: a Riccione se ci si vuol divertire, ci si diverte, credimi. Ma, come ormai in tutta la riviera romagnola, non mancano mille occasioni di sapere, di approfondire. Si può vivere in modo gaudente ma anche con curiosità, consapevolezza. E in tutte e due i modi assieme. Penso sia il massimo.

In conclusione, scegli uno dei tuoi numerosi difetti e rendilo pubblico.
Nonostante, o forse proprio per il fatto che mio padre è uno chef, non cucino, non so cucinare, non mi piace cucinare. Fortunatamente se ne occupa benissimo il mio meraviglioso compagno. Stasera prepara trofie al pesto. Ultimamente, se percepisce che ne ho voglia, fa splendidi dolci. Temo che dopo la maternità dovrò mettermi un po' in regola.

Ringrazio Debora e le auguro, anche a nome vostro, il meglio. Dopo la pausa agostana, da oggi ricomincia l’uscita settimanale della “Domenica del villaggio”. Se vi va, seguiteci come avete fatto in passato. Buona domenica, alla prossima.

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