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Mollo tutto e vado via

Mollo tutto e vado via

A cura di Michelangelo Pasini

Tredici anni fa in Cina: l'autostop che ci ha fatto innamorare dell'Asia

Nel primo lungo viaggio insieme abbiamo avuto mille disavventure... come quella volta che siamo entrati in un negozio di sanitari e ne siamo usciti con un cartello con scritto Grande Muraglia in cinese.

Il primo lungo viaggio fatto insieme (se si escludono qualche weekend in Italia e una settimana in Tunisia) è stato in Cina: nel 2005 siamo partiti per i nostri primi 40 giorni in Asia. Da quelle parti il vero e proprio boom economico stava iniziando e il turismo europeo non era ancora sviluppatissimo. Forse proprio per questo motivo siamo stati coinvolti in alcune delle peripezie che amiamo ancora oggi ricordare e raccontare ad amici e parenti che ci chiedono aneddoti di viaggio.

Se il buongiorno si vede dal mattino, quella in Cina sarebbe stata sicuramente una bellissima avventura: il taxi navetta che ci viene a prendere all'aeroporto si spegne nel bel mezzo di una superstrada e non ne vuole sapere di riaccendersi. Elisa passa al volante mentre io aiuto il nostro autista a spingere l'auto fino all'uscita più vicina.
Ma le disavventure del primo giorno non erano ancora finite. Avevamo fatto in modo di arrivare a Pechino il 1 Ottobre, giorno dell'anniversario (e quindi della festa) della nascita della Repubblica Popolare Cinese: neanche il tempo di sistemarci in ostello che siamo già in Piazza Tienanmen per gettarci nella mischia della folla festante. E lì succede qualcosa che ancora non riusciamo a spiegarci: Elisa viene fermata da decine, anzi centinaia di ragazzi, donne e famiglie che le chiedono una foto. Negli anni successivi in giro per il mondo, soprattutto nelle aree meno turistiche, di foto ce ne hanno chieste tante (come quella volta che in India, a pochi giorni dall'uscita al cinema di Spiderman mi scambiarono per Tobey Maguire, il protagonisa), ma quel giorno le richieste sembrano non finire più. Orde di cinesi puntano Elisa da lontano e impazziscono letteralmente... ancora oggi ci chiediamo cosa sia successo realmente e ipotizziamo che l'abbiano scambiata per una qualche VIP occidentale. Siamo stati costretti ad allontanarci e ad indossare occhiali e foulard a causa della folla che si riuniva continuamente intorno a noi.

Con queste premesse, il viaggio sarebbe stato sicuramente folle e divertente allo stesso tempo

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Qualche giorno dopo abbiamo deciso di vedere la Grande Muraglia a Mutianyu, perché tutti dicevano che sarebbe stata la zona meno affollata. Il problema è che ai tempi non esistevano collegamenti diretti con Pechino. A questo si aggiunga che pochissime persone parlavano inglese e che orientarsi con gli ideogrammi non è affatto facile. In ogni caso riusciamo a districarci tra le centinaia di linee di autobus e prendiamo il nostro mezzo: dopo non so quanti chilometri saremo dovuti scendere e cambiare con un bus locale. Saliamo, sperando di trovare aiuto durante il tragitto, ma stanchi ci addormentiamo. Errore fatale.

Il ricordo successivo è dell'autista che ci sveglia e in un inglese stentato dice great wallgreat wall. Che carino, ci ha svegliato proprio nel punto in cui dobbiamo cambiare autobus!

Quasi.

Perché invece di ritroviamo su un'autostrada a 5 corsie, con taxisti abusivi evidentemente amici e parenti dell'autista che si offrono di portarci fino alla Grande Muraglia. E noi: No! Non vogliamo cascare in questo tranello da turisti sprovveduti. Preferiamo metterci in cammino, con macchine che sfrecciano a duecento all'ora e senza avere la minima idea di dove fossimo (il cellulare non era ancora smart e non sapevamo quanto tempo fosse passato dal momento in cui ci siamo addormentati). Eravamo letteralmente persi.
Dopo una buona mezz'ora a piedi, non chiedeteci perché, invece del parente cinese di un Autogrill vediamo in lontananza un enorme negozio di sanitari. Vendevano water e lavandini nel bel mezzo di un'autostrada. Entriamo e senza dire una parola tiriamo fuori la guida, mostrando la scritta Grande Muraglia in ideogrammi. Ci capiamo.

In pochi minuti una gentilissima commessa ci stampa un cartello grande un metro per un metro con la nostra destinazione scritta in cinese, ci sdebitiamo facendo una foto da veri VIP con la simpatica commessa e ci mettiamo quindi sul ciglio della strada, armati della nuova segnaletica conquistata. Non passa molto che un furgoncino si offre di portarci a destinazione per pochi spiccioli. L'avventura è finita? Tutt'altro, perché ovviamente il nostro nuovo autista non parla una parola di inglese e dobbiamo fidarci del fatto che la nostra contrattazione a gesti sia andata a buon fine.

Salgono e scendono altre persone. Prima siamo stipati sul sedile posteriore, poi veniamo trasferiti nel bagagliaio. Quando ci fanno cambiare furgoncino un paio di volte Elisa inizia ad aver un po' di paura: la strada sembrava infinita, intorno a noi solo montagne, i nostri compagni di viaggio che ci guardano come alieni quando proviamo a fare domande e nessuno che sappia indicarci dove siamo.

Ma dopo l'ennesima curva scorgiamo un segnale stradale in cui campeggia il disegno stilizzato della Muraglia: ci siamo arrivati finalmente, i nostri compagni di viaggio ci hanno salutato sorridenti, dopo aver richiesto la solita foto di rito con Elisa, e così ci siamo incamminati verso la nostra destinazione.

Ecco, in quel momento ci siamo innamorati dell'Asia e dei suoi imprevisti. E non l'abbiamo più abbandonata.

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