Alluvione, il quartiere San Benedetto mette nel mirino tangenziale e ponte della ferrovia. "E già alle 17 ci potevano sfollare"
“Quando da via Isonzo chiamammo i carabinieri per dire che l'acqua saliva ci risposero che non erano in grado di venirci a prendere, e di salire sul tetto”, ricorda sconfortata una residente
Le memoria è corsa ai quei drammatici momenti della sera del 16 maggio scorso, anche nella riunione che è stata indetta nel parco della Pace e che ieri sera, martedì, ha visto la partecipazione di circa un centinaio di residenti del quartiere San Benedetto – Schiavonia colpiti dall'alluvione. “Alle 17.56 telefonai alla centrale operativa per segnalare l'aggravamento della situazione, mi risposero che il quartiere San Benedetto non era ritenuto a rischio, alle 20.03 arrivò l'ondata di piena e alle 20.35 c'erano già 90-120 centimetri di acqua in via Isonzo e Pelacano. Alle 20.44, infine, l'inondazione di via Cormons e Martiri delle Foibe. Evidentemente non c'è stata adeguata conoscenza del territorio”: è stata la relazione della presidente del quartiere San Benedetto Loretta Poggi.
Nei quartieri maggiormente colpiti dall'alluvione si sono tenute tre assemblee pubbliche in contemporanea (ai Romiti, alla Cava e al Quartiere San Benedetto) per raccogliere le segnalazioni dei residenti, in vista della prossima seduta della Commissione d'inchiesta sull'emergenza alluvione, organizzata in seno al Consiglio comunale, che giovedì dovrà proprio sentire i rappresentanti dei quartieri e la sintesi delle loro richieste e urgenze.
I ritardi dei soccorsi e la mancata comunicazione
“Quando da via Isonzo chiamammo i carabinieri per dire che l'acqua saliva ci risposero che non erano in grado di venirci a prendere, e di salire sul tetto”, ricorda sconfortata una residente. “Nel primo giorno, per quanto riguarda i soccorsi, non si è visto nessuno. C'erano solo i volontari. Dov'era la protezione civile?” fa eco un'altra.
L'assemblea, poi, mette nel mirino l'allerta che sarebbe stata insufficiente e affidata solo ai canali social del Comune. “Perché non è arrivata una macchina della polizia locale con l'altoparlante per dire di lasciare i piani bassi? Perché non sono arrivate istruzioni su dove mettere l'auto al sicuro? Con un adeguato avviso si sarebbe potuto mettere in salvo molte cose”, è un'altra voce.
E poi la rabbia monta per la comunicazione post-alluvione: “Le comunicazioni venivano mandate via social, mentre noi eravamo senza corrente, coi telefoni scarichi”, mentre “la polizia municipale non aveva informazioni ed era impiegata solo per posti di blocco, istituendo una zona rossa di fatto che bloccava i cittadini che andavano ad approvvigionarsi di beni e perfino i rifornimenti al punto di assistenza di via Autoparco, istituito dal Comune stesso”. Alcuni hanno lamentato che tuttora alcune utenze sono ancora senza linea telefonica fissa.
“Priorità alla sicurezza”.
“Ci interessano i soldi per l'auto alluvionata, ma prima di tutto vogliamo che questo fenomeno non torni per ammazzarci”, è una voce che si leva dalla platea. Presente all'incontro Alessandra Bucchi, presidente del Comitato unitario alluvionati di Forlì che aggiunge: “La preoccupazione è per il prossimo autunno. Dobbiamo risollevarci, ma in un territorio più sicuro dal punto di vista idrogeologico”. “Ci risulta che nel piano di protezione civile nel 2017 il quartiere era classificato come area esondabile, mentre nel 2021 non più. Vorrei sapere che lavori di messa in sicurezza sono stati fatti per motivare questo declassamento”, fa da sponda Loretta Poggi.
Ponte della Ferrovia e Tangenziale nel mirino
E dal quartiere San Benedetto – Schiavonia vengono indicati dei punti di maggior criticità. In particolare è il ponte della ferrovia a finire al centro delle critiche: “Sono passati tre mesi e il ponte resta ancora sostanzialmente tappato”, segnala un residente. Il punto debole del fiume è il tratto tra il ponte della ferrovia e quello di via del Braldo, a detta del segnalante. Inoltre, ci sarebbero relazioni della Regione che indicano la criticità idraulica del ponte della ferrovia, eppure non sarebbe mai stato attuato il progetto di allargamento degli argini in quel punto.
E c'è anche chi ne ha per la tangenziale, che essendo sopraelevata ha fatto da diga. “Ha aumentato la massa d'acqua, impedendo il deflusso. Ed ora stiamo facendo un'altra tangenziale sul versante ovest”, dice una residente del quartiere San Benedetto. “In via Domokos abbiamo avuto due notti e tre giorni l'acqua. Se alle 17.30 di quel martedì si sapeva che gli argini non avrebbero retto perché non siamo stati sfollati?”. E dalla stessa zona, via Carso, parla un'altra cittadina: “Eravamo convinti che fino a noi l'acqua non sarebbe arrivata, invece è arrivata e poi ristagnata”.
Le altre richieste al Comune
Dal quartiere San Benedetto si alza anche la richiesta di azzeramento, nelle bollette di acqua ed energia, del surplus di costi rispetto al consumo medio, in quanto quei consumi sono stati dettati dalle necessità di eliminare il fango dalle case. Viene richiesto inoltre il mantenimento del servizio di straordinario di raccolta dei rifiuti alluvionati. Le fogne, a detta di molti, restano sporche e in via Isonzo vengono segnalati tombini ancora aperti, col rischio di finirci dentro. Ed infine: il quartiere vuole il ripristino dei vecchi percorsi e frequenze del trasporto pubblico, deviato per i problemi a percorrere via Isonzo, e la piena agibilità del sottopassaggio ferroviario pedonale, sempre in via Isonzo.
Ed infine una proposta di Poggi sul fondo delle donazioni di 1 milione e 150mila euro versate al Comune. “Chiediamo al sindaco di coinvolgere tutte le aziende del territorio, per chiedere loro di aumentare la dotazione del fondo, incrementandolo con una parziale rinuncia alle prossime luminarie natalizie”.