Alluvione, il grido dei Romiti: "L'argine alla chiusa si sta sfaldando di nuovo. E molti di noi rischiano di essere alluvionati invisibili"
“Va bene gli aiuti, ma se non c'è la sicurezza non servono a niente perché resta la paura negli occhi di tutti noi; non ha senso parlare di ricostruzione se prima non si rimette a posto il fiume”
Si mobilitano i quartieri alluvionati di Forlì con tre assemblee pubbliche in contemporanea che si sono tenute ai Romiti, alla Cava e al Quartiere San Benedetto. Gli incontri si sono svolti ieri sera, martedì, e hanno avuto l'obiettivo di raccogliere le segnalazioni dei residenti, in vista della prossima seduta della Commissione d'inchiesta sull'emergenza alluvione, organizzata in seno al Consiglio comunale.
“Priorità alla sicurezza del fiume”
La seduta di giovedì, infatti, vede invitati 15 quartieri e servirà proprio per raccogliere le segnalazioni e le priorità dei forlivesi. Ai Romiti, in particolare, hanno partecipato circa 200 persone. Filo comune delle tre assemblee? Cittadini arrabbiati, che si sentono abbandonati dalle istituzioni, senza indennizzi, ma anche con la paura che quanto capitato il 16 maggio possa ripetersi perché latitano i lavori per la messa in sicurezza del fiume. “Va bene gli aiuti, ma se non c'è la sicurezza non servono a niente perché resta la paura negli occhi di tutti noi; non ha senso parlare di ricostruzione se prima non si rimette a posto il fiume”, spiega il presidente del comitato di quartiere Stefano Valmori. Che continua: “Questo è il primo punto che mettiamo in priorità e come quartiere saremo sentinelle se gli enti che devono agire si mostrassero latitanti”.
La chiusa di via Martiri delle Foibe
E nel mirino dei residenti ci vanno subito lo stato degli argini del Montone e la chiusa di via Martiri delle Foibe, dove è avvenuta la rottura dell'argine che poi ha provocato l'allagamento di tutto il quartiere. “Deve essere una priorità assoluta di Regione e Consorzio di Bonifica mettere mano a quella chiusa che si è rotta il 16 maggio 2023”, dice Valmori. “Abito al sesto piano in via Martiri delle Foibe, mi è andata bene perché ho perso solo l'auto, il garage e il suo contenuto. Dall'alto ho visto i due punti dove si è rotto l'argine, di cui uno alla chiusa, e i successivi lavori di ripristino. E' stato usato lo stesso fango dell'alluvione per ricostituire l'argine ed ora è polvere dove il piede affonda. L'argine non è stabilizzato e sta già crepando, è stato un ripristino disastroso dal punto di vista tecnico”, spiega una residente. E il timore ora è che alla prima piena quel punto possa cedere di nuovo.
E un altro cittadino chiede che il Consorzio di Bonifica spieghi dettagliatamente le misure di sicurezza tecniche della stessa chiusa e quelle che saranno adottate in futuro. La rabbia sale poi dal “triangolo” di via Nervesa, via Cormons e via Locchi. Dal condominio di via Locchi 8, il principale edificio dichiarato inagibile nell'immediatezza dell'alluvione, con 26 persone sfollate, torna a salire la richiesta di class action per via della fognatura tombinata pubblica che passa sotto la struttura e che ha fatto collassare il fondo stradale di tutta via Nervesa. “Siamo senza illuminazione pubblica, senza internet dato che stanno rifacendo tutte le tubature dei sottoservizi, e noi stiamo a finestre aperte, anzi in certi casi senza finestre”, spiega un residente, che chiede almeno due fotoelettriche all'inizio e alla fine della strada. “Manca poi l'informazione, c'è per esempio un piccolo cartello in cui si dice che nei lavori si gestisce dell'amianto”, dice un altro.
Indennizzi mancanti e bollette astronomiche
Altro capitolo doloroso, gli indennizzi. Al primo posto nelle proteste la mancata copertura, per ora, dei danni nelle pertinenze (garage e cantine, che sono tipicamente i locali dei piani terra) “Avendo solo pertinenze alluvionate, quando sono andato in Comune per la richiesta di contributo, mi hanno negato la possibilità di fare domanda, e mi hanno detto 'Abbia fede'”, dice una residente. “Anche a me hanno detto di non fare domanda, tanto non ce l'accolgono”, rimbalza da un altro cittadino. “Siamo un'associazione, abbiamo investito 50mila euro nella nostra sede, il Comune ci ha risposto che non è previsto un aiuto in quanto non è un'abitazione ed ora abbiamo acceso un mutuo”, aggiunge un'altra cittadina.
E la paura, oltre al mancato aiuto, è di finire tra gli invisibili. “E' necessario un censimento degli alluvionati, ora sono inesistente per il Comune”, dice la responsabile dell'associazione. “Solo chi ha compilato le richieste di Cis (il contributo di immediato sostegno, ndr) e Cas (contributo autonoma sistemazione, ndr) sarà considerato alluvionato, ma ci sono anche io, anche se ho avuto danni alle pertinenze”.
E se dai mancati aiuti si passa alle spese vive per le pulizie la voce dei cittadini dei Romiti si alza ancora di più. Una residente di via dei Mulini protesta: “Dove sono i ristori? Il 31 dovrò pagare oltre 900 euro di bolletta, e se non pago mi tagliano la luce”. “Noi quelle bollette non le paghiamo, che le paghi il Comune”, protesta un'altra cittadina.
La scadenza assurda del 31 ottobre
Gli indennizzi latitano, ma dall'altra parte abbonda la burocrazia assurda per quelli che già sono previsti. “Il Comune crede che l'alluvione sia già finita, per cui se mettiamo fuori il fango e i mobili alluvionati stiamo smaltendo irregolarmente rifiuti. Solo oggi ho scaricato 20 carriole di fango da uno scantinato e continuerò a farlo per i prossimi mesi perché l'umidità e lo schifo continuano a uscire dalle pareti”, protesta un cittadino.
Artigiani, muratori e imprese edili, infatti, stanno consigliando a molti di attendere coi lavori, dato che sarebbero inutili con muri che saranno bagnati ancora per mesi. “Compro i mobili ora, che le pareti sono ancora fradice?” protesta una cittadina. Eppure il termine per presentare le fatture e ottenere i ristori è al 31 ottobre. Una scadenza ritenuta dai presenti troppo anticipata e inapplicabile data la mole di lavori e i tempi necessari per eseguirli, senza contare arredi e suppellettili che vengono acquistati in un secondo tempo.
Il Comitato unico degli alluvionati
Presenti all'assemblea, in chiusura, anche la presidente e la vicepresidente del comitato unitario degli alluvionati Alessandra Bucchi e Novella Castori: “Il nostro unico partito di riferimento è quello degli alluvionati”, spiega Bucchi. Che punta il dito: “E' evidente che la manutenzione dei fiumi non è stata fatta. Ci dicono che sarebbe successo lo stesso, ma una cosa è avere sei metri d'acqua in casa e un'altra un metro e mezzo, molte cose si sarebbero potute salvare”. E poi torna a ribadire l'urgenza di un censimento “che non può essere solo basato sul Cis e sul Cas”.