Ci sono anche gli alluvionati del Ronco: “Noi dimenticati, qui non c'era il via vai di volontari, aiutati solo dagli amici”
"Ho scoperto che la nostra via è esclusa dall’elenco delle zone ammesse. Ancora una volta dimenticati: perché veniamo lasciati indietro? A chi dobbiamo rivolgerci per essere ascoltati?"
“Siamo stati dimenticati, lontano dai riflettori, abbiamo fatto tutto da soli”. E’ un grido di dolore e di amara rassegnazione quello che si leva da una residente alluvionata di via Costiera, nel quartiere di Villa Selva, colpita dalla drammaticità degli eventi alluvionali che hanno investito la città di Forlì e dall'esondazione del fiume Ronco. Se i riflettori delle tv nazionali, per Forlì, si sono focalizzati sui quartieri colpiti dall'esondazione del Montone (Cava, Romiti, Schiavonia, San Benedetto, Villafranca), meno risalto hanno avuto i danni causati dall'altro fiume della città, il Ronco.
Un grido “inascoltato”, spiega Noemi Mecci, mamma di una bimba di 4 anni e incinta di 8 mesi. “La mia abitazione è stata danneggiata dall'alluvione ma a oggi nessuno, nonostante le ripetute telefonate e le mail inviate, sta facendo nulla per aiutarci”. L’alluvione si è portata via il suo giardino e la taverna di casa sotto due metri di acqua, compresi elettrodomestici, mobili, impianti elettrici, porte, vestiti, piastrelle e tutto quello che si trovava all’interno, compresi i ricordi di una vita.
“Il pomeriggio del 16 maggio abbiamo notato che il fiume Ronco stava esondando e allagando i campi a 300 metri da casa nostra - racconta -. Abbiamo subito capito che la situazione si stava aggravando velocemente. Dopo una notte da incubo, la mattina dopo avevamo due metri di acqua nella taverna e il giardino non esisteva più. La nostra casa sembrava una zattera in mare ed eravamo soli. Abbiamo chiamato i numeri di emergenza varie volte, ma ci hanno detto che c'erano emergenze più gravi in quartieri più popolati: perfettamente comprensibile, ma anche noi che viviamo in un quartiere meno centrale e meno popolato avremmo dovuto poter godere della medesima assistenza”.
“Nei giorni successivi - continua la testimonianza di Noemi - nonostante le mie richieste, mai nessuno è venuto a sincerarsi della nostra situazione o ad accertarsi che stessimo bene. Per fortuna tanti amici sono venuti ad aiutarci e anche alcuni sconosciuti, grazie al passaparola: qui non c'è stato il via vai di volontari che siamo abituati a vedere sui social”.
I giorni passano e con loro la prima emergenza e, quando finalmente sembra possibile fare domanda di rimborsi e contributi, Noemi va in Comune nella speranza di poter accedere a qualche tipo di risarcimento. “La mattina del 10 giugno, speranzosa in un aiuto - racconta - mi sono recata nella sala comunale per inoltrare la mia richiesta di contributo come famiglia che aveva subito danni per l’alluvione ma, dopo aver atteso il mio turno, mi è stato comunicato che era stato dato lo stop alle richieste per chi aveva avuto danni alle pertinenze delle abitazioni. E’ vero che abbiamo avuto la fortuna di vedere l'acqua del fiume salire ‘solo’ per due metri nella taverna, è collegata internamente alla casa, ma faceva parte della nostra abitazione principale, nonché unica, e c’erano tutte le cose di una vita. Stiamo sostenendo spese impreviste, altissime, insostenibili dobbiamo vederci negato anche questo minimo aiuto?”.
Non solo. “Pochi giorni fa l'ennesima beffa - dice Noemi - quando ho saputo che la piscina comunale offre la possibilità alle famiglie alluvionate di iscrivere i propri figli al centro estivo ed essere rimborsati, ho provato a iscrivermi ma ho scoperto che la nostra via è esclusa dall’elenco delle zone ammesse. Ancora una volta dimenticati: perché veniamo lasciati indietro? A chi dobbiamo rivolgerci per essere ascoltati?”.