Il grido dei quartieri a due mesi dall'alluvione: "Qui non si è visto nessuno, non dimenticateci". La mappa delle criticità
Tante le criticità nei quartieri che chiedono la messa in sicurezza di fiumi e canali. Il coordinatore dei Romiti: “il generale Figliuolo venga a vedere di persona”
“Chiediamo al generale Figliuolo che venga di persona a vedere le nostre strade e le nostre case devastate dall’alluvione. A lui, e a tutte le istituzioni, lanciamo un appello: non dimenticateci. Siamo una comunità di 5mila persone, una comunità che è sempre stata attiva nella città e nel territorio, adesso abbiamo paura e abbiamo bisogno di ripartire, non a parole ma nei fatti. E non fra anni, ma subito”. E’ forte la preoccupazione del coordinatore del quartiere Romiti, Stefano Valmori, per la situazione in cui ancora versa il quartiere dopo l’alluvione del 16 maggio, a poche ore dalla visita del generale Francesco Paolo Figliuolo a Forlì, in programma nella giornata di mercoledì per l’incontro con i sindaci del territorio nella sede della Provincia in piazza Morgagni.
Dopo il ponte di Schiavonia un'altra città
“A due mesi dall’alluvione qui siamo al nulla - dice Valmori - sembra che dopo il ponte di Schiavonia ci sia un altro mondo, un’altra città. Siamo tutti molto preoccupati perché in autunno ricominceranno le piogge e se nessuno interviene saremo punto e a capo”. In testa alle preoccupazioni del quartiere c’è il problema della messa in sicurezza del fiume Montone (di competenza della Regione) che ha sommerso il quartiere per l’80 per cento della sua estensione e della sistemazione dell’idrovora Fontana 1 e della chiusa Fontana 2 (di competenza del Servizio di Bonifica) quest’ultima divelta dalla piena.
“Ci rivolgiamo alla Regione, al Consorzio di Bonifica e all’amministrazione comunale, nel sul ruolo di ente supervisore e di verifica, perché intervengano il prima possibile - ribadisce Valmori -. Ci sono situazioni molto critiche ancora irrisolte, come in via Locchi, in via Cormons, in via Nervesa e in via Martiri delle Foibe dove l’alveo fluviale ha sbancato la chiusa da ricostruire. Ma qui non si è fatto sentire e vedere nessuno e non abbiamo risposte”. Altro punto caldo, i rimborsi. “Lo Stato deve far arrivare velocemente i finanziamenti, non solo per le case private ma anche per evitare la chiusura di molte attività: 5mila euro sono solo l’inizio di quello che serve per ripristinare case, imprese e strade - prosegue il coordinatore -. Se il quartiere non viene messo in sicurezza in tempi brevi in tanti se ne andranno e al degrado ambientale si aggiungerà anche quello sociale. E’ importante il rifacimento del centro storico perché la città deve continuare a vivere, ma una cosa chiediamo alle istituzioni: non dimenticateci”.
Montagne di fango e rischio spopolamento
“Il problema adesso è il fango, montagne di fango che occupano le strade del quartiere, da via Pelacano, a via Gorizia a via Carso, nei cortili, nei giardini e negli orti. Un fango secco, ostinato e difficile da rimuovere che ostruisce le abitazioni di persone anziane e con limitate possibilità economiche”. Tante le criticità che ancora persistono a San Benedetto, come riporta la coordinatrice del quartiere, Loretta Poggi, uno tra i più flagellati dall’alluvione. “Abbiamo chiesto e sperato fino ad oggi in un intervento da parte del Comune o da parte di Alea per liberare le abitazioni - dice - ma purtroppo alla fine tutti hanno capito che si dovevano arrangiare a proprie spese, chiedendo l’intervento di bobcat per risolvere la situazione almeno nell’immediato”.
L’altra emergenza del quartiere San Benedetto riguarda le tante famiglie che hanno dovuto abbandonare le proprie case e che non sanno se e quando potranno farvi ritorno. “Impossibile sapere quante perché non è stato fatto un censimento delle abitazioni alluvionate, benché richiesto e sollecitato dai quartieri - dice la coordinatrice -. Spero che in Comune abbiano il polso della situazione, una valutazione che non può certo basarsi sul numero delle domande del Cas (Contributo di autonoma sistemazione) che in molti casi non sono state fatte, una quantificazione per difetto e non aderente alla realtà”. Forte è anche la preoccupazione per lo spopolamento che potrebbe interessare il quartiere. “Ci sono tanti anziani in questo quartiere che hanno perso la casa e che con la pensione minima non possono nemmeno ricomprare i mobili - dice la coordinatrice -. Se non ci saranno interventi strutturali e a breve termine, assisteremo a uno spopolamento progressivo di questa zona”.
Fiumi e canali a rischio
Nel quartiere Cava Villanova non sono stati risparmiati dall’alluvione garage e cantine, completamente allagati, così come le tante attività produttive attigue alle abitazioni. “Oltre all’esondazione del fiume Montone, che ha costeggiato tutta via Padulli, il quartiere è stato flagellato dagli allagamenti dei canali - dice la coordinatrice del quartiere, Eleonora Visani -. Tra le situazioni più critiche ci sono quelle in via Cassirano, in via Zignola, letteralmente spaccata a metà, e in via Ghibellina. La priorità adesso è mettere in sicurezza i fiumi e i canali, ma è da anni che i residenti lamentano una cattiva gestione. Dall’inizio dell’emergenza abbiamo chiesto tante volte un confronto e un incontro con l’amministrazione comunale, almeno per capire come muoverci rispetto alle problematiche che hanno investito il quartiere. Molti residenti hanno cominciato ad avere problemi ai polmoni, a causa della polvere che ancora ricopre le strade, e sono dovuti ricorrere alle cure mediche. Ma un incontro non ci è mai stato concesso”.