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Meteorologia e natura

Da maggio è già la quinta ondata di caldo: ecco perchè l'anticiclone africano è sempre più invadente

L'INTERVISTA - L'estate meteorologica è iniziata da appena tre settimane, mentre quella astronomica ha fatto il suo debutto in queste ore. Approfondimento con Pierluigi Randi

La centralina meteo di Forlì dell'Arpae dell'Emilia Romagna ha registrato lunedì una massima di 34,9°C. Mentre nella nottata tra lunedì e martedì, complice i venti di caduta dall'Appennino, la colonnina di mercurio si è mantenuta ben oltre i 20°C, oscillando tra 26 e 27°C, fino a perdere alcuni gradi, con la minima alle 6 di 23,2°C. Ma nel forese l'alito caldo del Garbino ha fatto schizzare ulteriolmente all'insù i termometri, con punte massime prossime ai 38°C, come i 37,8°C a Santa Maria Nuova di Bertinoro (dati rete amatoriale Emilia Romagna Meteo). L'estate meteorologica è iniziata da appena tre settimane, mentre quella astronomica ha fatto il suo debutto in queste ore. "E fin da subito ha fatto “la voce grossa” a parte una temporanea fase fresca tra i giorni 8 e 10 - analizza Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti) -. Ma in realtà già in maggio abbiamo avuto temperature di tipo estivo a partire dalla seconda decade del mese, spesso prossime o di poco superiori ai 30°C, e il mese ha chiuso al secondo posto tra quelli più caldi dal 1950. Complessivamente, da maggio, le alte pressioni sub-tropicali si sono presentate in cinque occasioni, ciascuna con una persistenza superiore ai 5 giorni, lasciando quindi pochissimo spazio ad episodi instabili".

L'anticiclone africano ormai ha spodestato quello delle Azzorre, che in tanti cominciano a rimpiangere. Ormai non ci sono più le estati di una volta si ripete da circa un ventennio...
Il maggiore riscaldamento delle aree polari, rispetto alle aree intertropicali e subtropicali, e l’espansione della fascia tropicale verso più alte latitudini (con l’aumento della temperatura media le fasce anticicloniche sub-tropicali si “dilatano”), sta causando due conseguenze importanti.

Quali?
La prima è la differenza di temperatura tra aree polari e aree intertropicali tende a diminuire, quindi diminuisce la necessità di trasferimento di flussi di calore tra equatore e poli. I flussi di energia cinetica, pertanto, diminuiscono anch’essi, riducendo, a livello globale, la ventilazione media e l’intensità media del vento; insomma, le correnti occidentali tipiche della fascia temperata sono più deboli.

E la seconda?
La distanza tra la fascia intertropicale e le zone polari, tende a diminuire. Dunque, il gradiente orizzontale di temperatura (che misura la differenza di temperatura rispetto alla distanza) tra aree polari e aree intertropicali resta quasi invariato. Questo significa che la diminuzione dell’energia cinetica e della ventosità non riguarda le alte latitudini, ma interessa soprattutto le aree subtropicali e le basse latitudini, cioè le aree soggette all’espansione meridiana della fascia intertropicale, incluso il bacino del Mediterraneo.

In sintesi?
Queste dinamiche non si manifesteranno sempre, ma saranno sempre più frequenti rispetto al passato. Quindi, flusso occidentale più debole, maggiori ondulazioni delle correnti in quota, e maggiori situazioni di “blocco”. I blocchi, lo dice la parola stessa, indicano regimi meteorologici che non cambiano, oppure impiegano molto tempo a farlo. Se si capita dalla parte sbagliata del blocco (onda anticiclonica) il tempo può rimanere molto caldo e secco per settimane (salvo brevi pause), e noi siamo spesso dalla parte sbagliata del “blocco” poiché abbiamo il continente africano appena a sud che è la culla di queste figure stabilizzanti. In questi giorni, nell’emisfero nord, abbiamo 7 onde lunghe anticicloniche e altrettante cicloniche, estremamente lente poiché molto sviluppate in senso meridiano. Ne dovremmo avere tra 3 e al massimo 5, meno ampie e dotate di maggiore mobilità. In corrispondenza delle onde anticicloniche ci sono condizioni di caldo anche estremo e assenza di precipitazioni, e una di queste è sopra le nostre teste.

E' a rischio il record di caldo del giugno dell'estate 2003?
Non è ancora dato sapere, ma probabilmente no. Quantomeno giugno, benché molto caldo (finora anomalia di temperatura media di quasi +2°C rispetto alla norma 1981-2010), non batterà quello del 2003, che ebbe una terribile anomalia di +3,6°C a livello regionale. Ma è solo questione di tempo: presto l’estate del 2003 verrà “battuta”, nel senso che nei prossimi 10-20 anni è piuttosto elevata la probabilità che ciò accada, anche se ovviamente non possiamo sapere quando.

La terra è arsa, i fiumi evaporano: insomma si torna a parlare di allarme siccità. Che primavera è stata per la Romagna?
Se isoliamo la Romagna dal quadro delle regioni settentrionali, la primavera 2022 non è stata “terribile”: ha chiuso con anomalia termica di +0,2°C, frutto di un maggio molto caldo ma di marzo e aprile piuttosto freddi, e un’anomalia pluviometrica di -24%, sicuramente significativa ma non drammatica. Ad esempio, nel 2021 era andata molto peggio con un’anomalia di precipitazione di -45%. Ma il problema è proprio questo, nel senso che ancora si trascinano gli effetti della grave siccità del 2021, cui si sommano quelli della “moderata” siccità del 2022. La risultante è una situazione molto seria, ma principalmente perché non abbiamo mai recuperato il grave deficit dello scorso anno.

A quanto ammonta il deficit idrico?
Da inizio anno siamo, in Romagna, ad un -23% di precipitazioni. Lo scorso anno, di questi tempi eravamo ad un -50% di precipitazioni, quindi torniamo al concetto di prima: stiamo aggravando un bilancio che era già pesante nel 2021. Negli ultimi 18 mesi, solo 3 hanno visto precipitazioni superiori alla norma, per cui quello attuale comincia ad essere un evento di siccità di lungo periodo che si protrae da almeno un anno e mezzo. Questi sono i più pericolosi, poiché le siccità di lungo periodo diventano “idrologiche”, ovvero mettono a rischio la disponibilità di acqua anche per la comunità.

Per bilanciare mesi di siccità quanti giorni di pioggia servirebbero?
Ne servirebbero talmente tanti che, se ravvicinati, comporterebbero un ulteriore criticità, ovvero eccessi di pioggia in breve tempo, senza contare il rischio di temporali violenti data l’energia disponibile, e il fatto che i suoli così secchi avrebbero bassa capacità di assorbimento. Dovremo “stringere” i denti per il resto dell’estate e confidare in un autunno piovoso, ma senza eccessi, nel breve periodo.

Quali scenari dovremo attenderci per i prossimi mesi? Dobbiamo prepararci al peggio?
I segnali non sono incoraggianti, nel senso che per luglio e agosto sono mostrate temperature medie ben al di sopra della norma e precipitazioni al di sotto. Questo non significa altri due mesi di caldo ininterrotto, ma a livello medio le probabilità che la temperatura media stagionale sia superiore alla norma sono alte. Il segnale sulle precipitazioni è più incerto, poiché esse in estate sono quasi sempre di tipo temporalesco e quindi mostrano una bassa abilità di previsione per questo tipo di modelli “stagionali”. Ma i temporali non possono risolvere il problema idrico: fanno piovere intensamente e su tempi brevi (elevate perdite per ruscellamento e dilavamento) e su aree molto ristrette. Dovremo quindi attendere perturbazioni bene organizzate. Non è impossibile, come ad esempio l'estate 2002 con un giugno caldissimo e secco seguito da luglio e agosto molto piovosi, ma certamente poco probabile.

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