rotate-mobile
Meteo

Giugno 2022 il secondo più caldo del dopoguerra: "Anomalia elevatissima di 3 gradi"

L'INTERVISTA - "Nel nuovo millennio il mese di giugno si è “riscaldato” di 1,1°C. E oltre un grado di aumento termico medio in poco più di 20 anni rappresenta un dato altamente preoccupante"

Quello del 2022 è stato il secondo giugno più caldo dal dopoguerra. Lo certifica Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), specificando che l'anomalia di temperatura media in Romagna è stata di ben +3°C rispetto alla norma climatologica 1981-2010. Di pioggia ne è caduta davvero poca: l'anomalia mensile è stata del -62.3% (ben meno della metà), mentre l'anomalia media dei mesi di giugno degli ultimi 4 anni risulta del -46.5% e dal 2010 è del -22.7%.

"Occorre precisare che un’anomalia di 3°C su base mensile è elevatissima è già anomalie mensili oltre un grado sono da considerarsi rilevanti - spiega l'esperto meteo -. Solo il giugno 2003, che ebbe un’anomalia di +3,7°C, è davanti al 2022, e si tratta degli unici mesi di giugno che dal 1950 hanno presentato un’anomalia termica uguale o superiore ai 3°C. Nel nuovo millennio il mese di giugno si è “riscaldato” di 1,1°C. E oltre un grado di aumento termico medio in poco più di 20 anni rappresenta un dato altamente preoccupante".

Sono caduti dei record?
Non si sono avuti record di temperatura massima assoluta eccetto qualche località interna del riminese, dove si sono toccati i 38°C il 20 giugno, superando i vecchi record del 2003 o del 2019, ma sul resto della regione resistono i limiti assoluti, quasi ovunque risalenti al 2019, quindi piuttosto recenti a conferma che i record di caldo si battono sempre più spesso. Il caldo del 2022 è stato comunque molto costante, eccetto una breve pausa tra i giorni 9 e 11.

Caldo di giorno, ma non è andato meglio di notte...
Si sono avute ben 19 notti tropicali a Rimini;16 a Forlì,15 a Cesena, 13 a Ravenna e 12 a Faenza. Per Rimini, Forlì e Cesena si tratta del record per il mese di giugno. Ricordiamo che per tropicale si intende una notte durante la quale la temperatura minima non riesce a scendere al di sotto dei 20°C causando disagio fisico. Pertanto, il segnale sul riscaldamento in atto riguarda anche il numero medio di notti tropicali, che è in costante aumento.

L'anticiclone africano continua a mordere. Quando mollerà un po' la presa?
Probabilmente, dopo il picco di calore atteso tra i giorni 4 e 6, la mollerà per qualche giorno tra il 7 e l’11 luglio quando potremmo avere un cambio di circolazione che porterebbe correnti settentrionali più fresche, ma è ancora presente incertezza, quindi non possiamo ancora darla per certa. Ma si tratterebbe solo di una parentesi; i segnali sul lungo termine non sono affatto incoraggianti, e il promontorio nord-africano potrebbe tornare a fare la voce grossa.

La tregua auspicata sarà accompagnata dal ritorno delle piogge?
In tal caso l’incertezza è ancora maggiore. In questo periodo dell’anno le eventuali precipitazioni sono quasi tutte di tipo temporalesco, per cui circoscritte e di breve durata, quindi difficilmente prevedibili con largo anticipo. Possiamo dire che, generalmente, dopo un periodo molto caldo, l’arrivo di correnti settentrionali è incline a innescare fenomeni temporaleschi, per cui questa possibilità va tenuta in considerazione. Naturalmente si tratterebbe di precipitazioni mal distribuite nello spazio e nel tempo, quindi insufficienti a risolvere il problema della siccità, senza contare l’inevitabile rischio di eventi severi.

In settimana sono state firmate ordinanze che limitano l'uso dell'acqua. E sempre in questi giorni viene rimarcata l'importanza nell'avere in Romagna un invaso come la diga di Ridracoli, autentico "oro blu" per il nostro territorio. Tuttavia sembra che solo ora ci si stia accorgendo degli effetti dei cambiamenti climatici, che, esperti come lei, evidenziano da anni. Cosa fare quindi in futuro per mitigare gli effetti della siccità?
L'attuale emergenza idrica è la storia di un dramma annunciato. Il nostro Paese in passato non ha fatto abbastanza per preservare la disponibilità dell’acqua: sprechi, rete idrica in non buone condizioni, depauperamento delle zone umide e dei fiumi, nonché la gestione inadeguata di questa risorsa. L’Italia è uno dei Paesi europei potenzialmente più ricchi d’acqua, dal momento che le normali precipitazioni ammontano a circa 300 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno. La disponibilità effettiva di risorse idriche è di 58 miliardi di metri cubi. Di questi, oltre il 70% proviene da sorgenti superficiali, fiumi e laghi, mentre oltre il 25% da risorse sotterranee (falde non profonde). Tuttavia, questa disponibilità si sta progressivamente riducendo, principalmente per effetto della crisi climatica.

Può spiegarsi meglio?
Si sta assistendo ad una progressiva riduzione del volume d’acqua che defluisce a mare ogni anno. Se mettiamo a confronto il periodo 2001-2019 con il precedente periodo 1971-2000, si rileva una riduzione di portata di oltre l’11% nel Po, quindi non siamo di fronte a una novità; il segnale è già partito da tempo, in particolare nel periodo primaverile-estivo, che, ulteriore problema, coincide con la stagione irrigua. Inoltre, siamo troppo “spreconi”.

Cioè?
Utilizziamo più acqua di tutti gli altri popoli europei: circa 120-140 metri cubi in media per ogni famiglia in un anno, con un consumo medio giornaliero individuale di circa 230 litri d’acqua. Insomma, il problema ha radici lontane che sconfinano anche nel sociale (indifferenza) e nel politico (ritardi o negligenze), e in Romagna possiamo considerarci pure dei privilegiati grazie all’invaso di Ridracoli. Ora siamo in emergenza e le misure andranno in quella direzione, ma quando finirà questo evento di siccità dovremo pensare anche alla prevenzione.

Che fare?
Prima di tutto ripianificare, ovvero restituire la centralità alle Autorità di Bacino affinché valga una regia unica che programmi gli usi dell’acqua in base alla reale situazione della risorsa in un’ottica di adattamento alla crisi climatica, e rivedere le concessioni idriche (dando priorità all’uso agricolo e potabile, senza sprecarla ad esempio per produrre neve artificiale). 

Poi?
Rinaturalizzare, ovvero proteggere la natura e rigenerare le zone umide, che sono dei bacini naturali di raccolta dell’acqua, che peraltro non interrompono il ciclo dell’acqua; e difendere il suolo, dal momento che in Italia circa 16 ettari al giorno vengono “persi”.

Ovviamente poi essere meno spreconi...
Vanno eliminati. Anche nel nostro piccolo, ognuno di noi può fare la sua parte per limitare i consumi (e se ne giova anche la bolletta). Avviare lavastoviglie e lavatrici solo a pieno carico; evitare grandi quantità di acqua anche per una semplice doccia; evitare lavaggi inutili (auto, moto, ecc.); limitare all’indispensabile le irrigazioni al giardino di casa, chiudere sempre il rubinetto quando non serve.

Si parla anche di invasi...
Si dovranno approntare grandi opere (quindi investire) atte a “conservare” meglio l’acqua che cade dal cielo; si tratta di misure che riguardano un approccio ben più ampio che chiama in causa “mitigazione” e “adattamento” al cambiamento climatico, poiché esso non è più una “previsione”, ma è già qui.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Giugno 2022 il secondo più caldo del dopoguerra: "Anomalia elevatissima di 3 gradi"

ForlìToday è in caricamento