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Cronaca

In viaggio con gli Angeli del fango. "Ci chiamavano dai balconi e ci siamo uniti in una catena di montaggio"

In prima linea al quartiere Cava di Forlì. "Resta impressa l'immagine di un musicista con la sofferenza negli occhi per aver visto i suoi strumenti trasformati e inghiottiti dal fango"

In quest'angolo di Forlì le parole vengono meno. Offuscate dal rincorrersi e sovrapporsi di immagini tremende, trasudanti sofferenza e perdita. Con la tristezza che graffia il cuore, le braccia affaticate e i vestiti ancora sporchi di quel "sangue marrone” di cui la Romagna è stata macchiata con l’alluvione di martedì 16 maggio, tutte le energie sono legate al tentativo di prestare aiuto agli abitanti del quartiere Cava della città di Forlì, inghiottiti da giorni tra acqua e fango. Una città questa, come tante altre in Emilia-Romagna, fortemente colpita e danneggiata dalle copiose e rovinose piogge scorse e da cui da sette giorni sta tentando con tenacia e senza sosta di risollevarsi.

Nella mattinata di lunedì con stivali di gomma, pale e tira acqua, con un gruppo di amiche ci si tuffa e non si può fare altro che dedicare qualche ora come volontarie, attraverso l'adesione a una tra le tante iniziative locali promosse a sostegno delle popolazioni colpite.

L'arrivo in città è spiazzante. Lo scenario che si presenta ai nostri occhi è a dir poco catastrofico e surreale: un intero quartiere totalmente sfigurato dal fango e invaso da detriti, melma e un silenzio quasi assordante, rotto soltanto dal transito incessante dei mezzi di Vigli del Fuoco e Protezione Civile. Durante il tragitto verso il luogo designato all’assegnazione degli incarichi di aiuto necessari in città, tra i viali del quartiere saturi di macerie e del cattivo odore di bagnato, tra automobili totalmente trasfigurate dal fango, elettrodomestici, arredi e oggetti di qualunque tipologia, ci imbattiamo nel timido sorriso di qualche cittadino e altri volontari, prima di essere assegnate a quella che poi si sarebbe rivelata una corsa impazzita d’aiuto da una abitazione all’altra.

Insieme ad altri volontari, la prima richiesta di soccorso ha condotto in una palazzina in cui da giorni la centrale termica non era più funzionante, a causa dell’acqua che ne aveva sommerso interamente i locali. “Grazie. Grazie per essere qui.”, così si viene accolti da una donna e armati di secchi e qualsiasi altra tipologia di recipiente disponibile in cortile, come una catena di montaggio si incomincia a svuotare i locali dello spazio guasto, le cui pareti trasudanti umidità e in putrefazione, erano completamente invase dall’acqua. Nel tentativo di rimuovere “l’ingombrante" liquido, erano già intervenuti il pomeriggio precedente con una pompa idrovora ma senza alcun risultato, probabilmente a causa della perdita di qualche tubatura o causato da qualche infiltrazione proveniente dal terreno. In città, talmente è alta e continua la richiesta di strumenti di questo genere che ci sono addirittura liste d’attesa. Non potendo fare nulla lì, qualche abitazione più avanti si viene impegnate nella pulizia dal fango di un garage e degli spazi attorno. Una volta terminato l'intervento, alla ricerca di altre abitazioni a cui prestare soccorso, il nostro passaggio viene accompagnato e scandito dalle incessanti richieste d’aiuto e di soccorso provenienti dalle terrazze e cortili tutt’attorno.

E tra le tante "grida", l'attenzione viene attirata dal richiamo e dal gesticolare di un uomo, il cui garage e gli oggetti presenti all'interno erano stati totalmente inghiottiti e trasfigurati dalla melma. “Qui. Sono qui. Venite ad aiutarmi”. Così, con il fango che ostacolava il cammino e affaticava i nostri passi, raggiungiamo l'abitazione dell'uomo e tra colpi di pala, acqua, scopettoni e tira acqua, sgomberiamo il locale. E sotto l’amareggiata supervisione dell’uomo (probabilmente un musicista), niente tra gli oggetti presenti (musicali e non) è stato salvato e recuperato; con una fermezza e risolutezza quasi disarmante, l’uomo ha voluto disfarsi di ogni cosa, senza titubanza o esitazione alcuna. Probabilmente, la vista di quegli “affetti materiali” talmente imbrattati e trasformati dal fango, di cui il garage era colmo e fino a pochi giorni prima custode, rappresentavano una sofferenza troppo grande da volere e potere conservare.

“Siete i nostri angeli del fango, grazie”, così ha esclamato tra una fatica e l'altra, l'uomo a cui è stato prestato soccorso e a cui il fango (così come a tantissimi altri) aveva sottratto quanto aveva di più caro. Angeli del fango, in questa maniera sono stati soprannominati i volontari che, provenienti da tutta Italia, in questi giorni hanno prestato aiuto alle popolazioni colpite dall’alluvione, o come preferiscono (preferiamo) in Romagna “chi burdél de paciùg” (i ragazzi del paciugo = fango). In realtà, si è soltanto uomini e donne, ragazzi e ragazze che mossi e scossi dalla richiesta d'aiuto della nostra terra, uniti sotto l'inno di Romagna mia non potevano restare "lontan da te", indifferenti e con le mani in mano, di fronte al tentativo da parte della natura di "sporcare" e indebolire ciò che ci contraddistingue come popolo: l'entusiasmo, calore, attaccamento e devozione per la amata terra di Romagna, ma soprattutto la capacità di resilienza.

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