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Cronaca

Saccheggiò e vandalizzò l'immagine della Madonna del Fuoco: ladro tradito dal Dna

A distanza di 11 mesi dal furto, la Polizia Scientifica dè riuscita a identificare la sua identità con uno strumento avanzato in dotazione alle forze dell'ordine: la Banca dati nazionale del Dna

E' stato scoperto il ladro che ha sfregiato e saccheggiato l'immagine della Madonna del Fuoco lo scorso 1 marzo. A distanza di 11 mesi dal furto, la Polizia Scientifica della Questura di Forlì è riuscita a identificare con certezza la sua identità con uno strumento avanzato in dotazione alle forze dell'ordine: la Banca dati nazionale del Dna. A tradire il "ladro sacrilego" sono state le tracce di sangue e altri resti di tessuto della pelle lasciate sul posto dal malvivente, che si era ferito nello spaccare la teca in cui gli oggetti sacri erano riposti.

L'immagine sacra

La Madonna del Fuoco di cui stiamo parlando non è l'effigie presente e ben custodita nella sua ricca cappella del Duomo, che proprio oggi vede il picco della sua venerazione, ma di una preziosa copia del Seicento che fin dalla sua inaugurazione, negli anni Sessanta, era stata posta in una cappella della chiesa del Seminario di via Lunga. Il ladro lo scorso 1 marzo ruppe la teca, l'unica protezione all'immagine su carta della Patrona della città, e rubò i gioielli ex voto che contornavano l'opera: medaglie, gioielli e soprattutto due coroncine in oro poste sulla testa della Madonna e del Bambino. Strappate maldestramente dall'immagine antica e sacra, che è rimasta così danneggiata.

VIDEO - Preso il ladro della Madonna del fuoco

Il furto

Il ladro, che poi ha confessato, è un uomo senza fissa dimora di 48 anni, di origine barese. La Squadra Mobile, guidata da Mario Paternoster, lo ha portato in carcere alcuni giorni fa, eseguando un ordine di custodia cautelare emesso dal tribunale di Forlì, richiesto dal pm Filippo Santangelo. I sospetti si erano appuntati subito su di lui in quanto il soggetto al momento del furto dimorava all'interno del Seminario, assistito dalle associazioni caritatevoli. Già in precedenza al pugliese erano stati concessi gli arresti domiciliari nello stesso seminario, trovandosi accusato ancora una volta di reati contro il patrimonio. Al momento del furto, tuttavia, era già libero e per alcuni giorni dopo la razzia continuò a dimorare nella struttura, come se niente fosse. Dal sospetto alla prova: da circa 10 anni, dopo il giro di vite per l'anti-terrorismo, anche l'Italia ha implementato la Banca dati del Dna, uno strumento già avanzato in altri paesi. La polizia penitenziaria, dopo che un arresto viene convalidato dall'autorità giudiziaria, preleva del liquido salivale per permettere di tracciare un profilo Dna che poi viene custodito con strette garanzie.

Preso il ladro della Madonna del Fuoco

L'indagine sul Dna

"Abbiamo campionato del materiale ematico ed epiteliale (sangue e pelle, ndr) sul luogo del furto nell'immediato sopralluogo, prima che la scena potesse venire inquinata dalla presenza di estranei - spiega la tecnica il responsabile del Gabinetto di Polizia Scientifica della Questura di Forlì Gianni Grilanda -. Poi dalla Banca dati nazionale del Dna, posta a Roma, è stata evidenziata una concordanza (in gergo, match) positiva e totale". Si tratta di uno dei primi utilizzi della Banca dati del Dna nel territorio di Forlì. La Polizia è così andato a prenderlo dove dimorava attualmente, vale a dire nella sede di un'associazione cattolica che si occupa di riabilitazione di ex detenuti, avendo lo stesso trovato lavoro come operaio nel frattempo.

In riparazione al gesto sacrilego pochi giorni dopo il furto, durante il previsto incontro del clero della diocesi, si tenne un momento di preghiera, con la recita del rosario presieduto dal vescovo di allora Lino Pizzi.

Scomparsi i gioielli

Purtroppo se è stato scoperto il ladro, non si può dire lo stesso per gli oggetti di valore, in oro e pietre preziose rubati, il cui valore non è stimabile, ma che erano anche antichi, risalenti anche all'Ottocento. L'autore del gesto avrebbe detto di aver realizzato circa mille euro da quegli anelli, corone, collane e monili vari di pregio artistico. Al ladro interessava solo "monetizzare" subito, in quanto il vero oggetto di valore religioso e storico, la copia seicentesca della Madonna del Fuoco, è stata abbandonata al suo posto, sebben danneggiata.

La storia dell'opera

Proveniente dal vecchio seminario di via Solferino, eretto subito dopo il Concilio di Trento, l’immagine della Madonna del Fuoco vittima del furto sacrilego, copia cartacea di ottima fattura della xilografia originale trecentesca conservata in Duomo, pare risalga al Seicento. Qualcuno la attribuisce a Guido Reni, il grande artista bolognese vissuto fra il XVI e il XVII secolo, ma non esistono prove documentali. “Siffatta venerata immagine – si legge nella Rivista “La Madonna del Fuoco” a cura di monsignor Adamo Pasini, edita negli anni Venti del XX secolo – ha una storia che abbiamo raccolto dalla bocca di alcuni sacerdoti più anziani della Diocesi, e che merita di essere ricordata. Tale effige apparteneva anticamente ai Gesuiti del Collegio di Forlì, i quali la portavano seco nelle loro missioni, esponendola alla venerazione dei popoli. Non si conosce il motivo, né l’anno preciso in cui pervenne alla famiglia Reggiani, che la venerò nell’oratorio privato del loro collegio”. Nel 1859 l’effige passò alla Cappella del Seminario per lascito testamentario di monsignor Antonio Reggiani. Nel 1966, allorchè fu inaugurato il nuovo seminario vescovile nell’attuale sede di via Lunga, l’immagine della Madonna del Fuoco è stata collocata nella chiesa interna, sul lato sinistro del presbiterio.

ornamenti rubati prima e dopo-2

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