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Cronaca

Quando Forlì "non era una città come le altre": un quartiere pensato come sintesi del fascismo

C'era un tempo - lo sanno tutti i forlivesi - in cui pur essendo piccola e provinciale Forlì non "era una città come le altre". Doveva diventare un grande monumento consacrato a Benito Mussolini

C’era un tempo – lo sanno tutti i forlivesi – in cui pur essendo piccola e provinciale Forlì non “era una città come le altre”. Oltre ad accogliere, far vivere e lavorare i suoi cittadini, Forlì doveva diventare un grande monumento consacrato a Benito Mussolini, un piccolo concentrato di cosa poteva essere l’Italia fascista: moderna, funzionale, efficiente. Viale della Libertà in particolare doveva essere un quartiere celebrativo, per stupire i tanti turisti che approdavano in città dalla stazione per vedere i luoghi del duce, nelle gite organizzate dal Partito Nazionale Fascista, dalle associazione culturali, giovanili e sportive fasciste. La stazione, il viale e tutti gli edifici prospicenti furono realizzati tra il 1925 e il 1932 quasi solo con questo scopo: scuole moderne e tecniche, industrie con centinaia di operai, ampli viali, palestre e piscine, edifici pubblici magnificenti come la stazione e piazzale della Vittoria. Nei giardini della Resistenza sarebbe dovuto sorgere un tempio laico che guardava a Predappio, mai realizzato. Il tutto in una città che rimase sempre fanalino di coda nelle classifiche di tesserati al Partito Fascista.

IL VIDEO DELLA VISITA AL QUARTIERE CELEBRATIVO DEL DUCE

Da alcuni anni Forlì non si vergogna più di questa storia e cerca di proporla ad un turismo culturale non nostalgico ma che voglia capire la filosofia di uno  dei principali totalitarismi del Novecento che scelse di sacrificare la libertà per l’efficienza, l’individuo per il collettivo, spingendo alla fine la stessa comunità in una guerra distruttiva. La rotta culturale ATRIUM ha organizzato venerdì pomeriggio un’iniziativa per presentare un prototipo di visita al Quartiere di Fondazione degli anni '20 e '30. L'iniziativa, che rientra nell'ambito del Festival Forlì Città del Novecento, è stata riservata a un ristretto numero di partecipanti composto da amministratori del territorio e operatori dell'informazione, dal momento che visite turistiche sistematiche ancora non esistono. Purtroppo, accanto alla storia, nella visita emergono anche i segni del degrado di oggi, nonostante si tratti di uno dei viali più scenografici della città: erba alta sui marciapiedi, aiuole desertificate, graffiti, arredi distrutti, lampioni arrugginiti, facciate scostate, una selva di cartelli stradali nel piazzale della stazione, ridondanti e inutili, che fanno passare la voglia di scattare una fotografia da qualsivoglia prospettiva. Per rendere quest’area un’attrattiva turistica ce ne vuole ancora.

Il quartiere celebrativo di Mussolini (Alessandra Salieri)

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LA VISITA - La visita è partita dalla stazione, realizzata nel 1923, più grande di quelle delle città vicine, e – nella struttura originaria – più grande di quella di Bologna. Questa era il primo impatto per chi scendeva dal treno e si trovava di fronte all’allora viale Benito Mussolini. Questa fu la prima espansione di Forlì fuori le mura, abbattute circa un ventennio prima. Il viale era stato studiato come una sala di rappresentanza: coi controviali permetteva addirittura 7 corsie in un momento in cui la motorizzazione era ancora tutta da venire. La “liturgia” del fascismo partiva con le due grandi fabbriche che si trovavano davanti alla stazione, sui due lati, la Sidax e la Bartoletti, chimica e meccanica, che davano da lavoro a 1.600 persone. La visita si è poi snodata fino al Foro Mussolini (piazzale della Vittoria), attraverso le abitazioni dei dipendenti statali, concepite per superare tutti i vecchi problemi di igiene, tra cui l’acqua corrente e i bagni privati. La De Amicis era l’allora scuola elementare “Rosa Maltoni”, madre di Mussolini, insegnante anche lei, mentre l’Itis doveva essere la scuola tecnica che formava le nuove generazioni degli italiani. Uno di fronte all’altro i due stili architettonici prevalenti del Ventennio: il Razionalista (Itis) e l’Ecclettico (De Amicis)

I giovani dovevano fare poi poca strada per il dopo scuola: l’ex Gil, l’edificio di maggior pregio assieme al Collegio Aeronautico, aveva un teatro, palestre, una piscina – l’unica piscina della provincia allora – e un grande campo da gioco dietro. Qui non si formava solo l’uomo, ma anche il fascista, come ricorda il giuramento del Giovane Fascista ancora visibile sulla torre dell’ex Gil. Lo stesso giuramento le cui lettere di marmo vennero distrutte a furor di popolo all’indomani dell’Armistizio, da giovani armati di scalpello che si calarono con delle funi. Sia del giuramento che della sua rimozione oggi vi è ancora traccia con un restauro-non restauro. La visita è infine culminata nell’edificio dell’attuale Liceo Classico e scuole medie Palmezzano: in quello che era l’allora Collegio Aeronautico, si trovano delle decorazioni a mosaico che rievocano la storia dell’aviazione.
 

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