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Sanità, Ausl Romagna e il "buco" da 197 milioni: Carradori spiega come nasce il conto in rosso

L'INTERVISTA - Il direttore generale dell'Ausl Romagna Tiziano Carradori spiega il "buco" milionario: "Sul previsionale mancano 87 milioni di fondi. Poi spesi 23 milioni in più per farmarci e oltre 55 milioni per il caro bollette"

Spese alle stelle e meno finanziamenti. E la sanità regionale viaggia nel bilancio previsionale 2022 con un pesantissimo passivo. Che per l'Ausl Romagna, con competenza sulle province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, equivale a un "buco" oggi stimabile in 197 milioni di euro. A confermare le cifre e a spiegare i motivi che hanno portato al quadro attuale è il direttore generale dell'Ausl Romagna Tiziano Carradori. Un'analisi profonda e articolata, dalla quale emerge un problema strutturale figlio di un "sotto finanziamento lampante". E se per il 2022 "la Regione ce la farà", senza un cambio di marcia c'è il rischio di "contenimento spesa sul personale" con una "reale preoccupazione" di fuggi fuggi verso la sanità privata.

Direttore Carradori, il quadro emerso sulla situazione sanitaria regionale indica che tutte le Ausl dell’Emilia Romagna sono finite in sofferenza, con un pesante passivo. A cosa è imputabile questo grosso ammanco di bilancio?

“Tutto il sistema emiliano romagnolo fino alla fase pre pandemica era in equilibrio. Oggi il quadro è nitido: la sanità è sotto finanziata rispetto alla media di altri paesi Europei, parliamo in media di 1.500 euro pro capite. Dal 2020 si è passati da un aumento storico del 1-1,5% a oltre il 6%, con un ritmo di crescita molto superiore complice la pandemia. Fino al 2021 lo Stato ha finanziato i maggiori costi, che però non sono terminati. Già nel 2021 abbiamo avuto costi non totalmente coperti dal finanziamento Nazionale, che ha portato la Regione ad attingere riserve per l’equilibrio di bilancio. Per l’Ausl Romagna abbiamo avuto un finanziamento straordinario pari a 87 milioni di euro. Che ad oggi, nel 2022, non c’è”.

L’emergenza da Coronavirus ha fatto “destabilizzare” i conti per l’intera portata, o hanno inciso altri fattori?

“Ad oggi, sul bilancio preventivo 2022, ci troviamo con 87 milioni in meno e nuovi rincari. Parlo di 23 milioni in più per farmaci e dispositivi medici rispetto al 2021. Nuovi farmaci in particolare relativi a fibrosi cistica e per diabetici. E costi superiori per dispositivi medici: registriamo un +35% di interventi chirurgici per recuperare i ritardi accumulati a causa della pandemia, con aumenti ad esempio per consumo di ferri e protesi. Infine la mazzata delle utenze: da 23 a oltre 80 milioni, sul previsionale troviamo oltre 55 milioni di euro in più di costi sulle utenze.  Da qui nasce il disavanzo di 197 milioni di euro. La Regione ha però già dichiarato che troverà ulteriori fondi per chiudere in pareggio e le parole dell’assessore Donini sono di conforto”.

La soluzione deve per forza passare dal Governo, con aiuti in supporto della Regione come auspicato dall’assessore Donini, o ci possono essere altre proposte?

“Se vogliamo un servizio di qualità, come Svizzera, Olanda e Francia, non possiamo pensare di spendere meno. Abbiamo pure il personale meno pagato rispetto ad altri paesi. Questo non vuol dire che i sistemi sanitari non debbano fare degli sforzi per migliorare l’efficienza di spesa. Ma la Romagna ha già fatto molto, dopo essersi unificata si porta dietro una minore spesa dei servizi generali di circa il 40% pro capite. Se a livello regionale siamo a 170 euro pro capite per spese generali, in Romagna 87 euro. Questo grazie ad esempio a laboratorio unico, officina trasfusionale, un unico magazzino. Abbiamo sempre risparmiato spese nell’amministrazione e non nei servizi. Ottimizzare la spesa non darà molti risultati in più: c’è un sotto finanziamento lampante”.

Con questa situazione, c’è il rischio che arrivi il blocco delle assunzioni di nuovi medici?

“Secondo quanto annunciato dalla Regione il 2022 finirà in pareggio, ma andando a cercare risorse da altri settori. Questa cosa non può durare all’infinito. Senza adeguamento a livello Nazionale, non si può continuare ad avere uno squilibrio tra spesa e finanziamento: tra le misure di rientro, come sanno perfettamente le regioni del Sud Italia, si va a incidere ancora di più sul personale, per avere risultati significativi in termini di contenimento spesa. Spero che questo non avvenga, ma senza risorse è molto probabile già nel 2023”.

Non ha paura che ci possa essere un fuggi fuggi verso la sanità privata dei professionisti? Con tutto quello che ne può comportare.

“Questo rischio lo stiamo già vivendo, 15 giorni fa è uscito un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che parla esclusivamente del personale e del livello di stress post-Covid. Non lo sta vivendo solo l’Italia. Ma più proseguiamo a vedere nel personale l’unica modalità di risparmio, tanto più corriamo il rischio di vedere professionisti che cercano alternative. Sono costantemente preoccupato, anche per quello che si innesca successivamente”.

Alcune forze politiche di centrodestra hanno parlato di possibile commissariamento per l’Ausl Romagna. Ha letto quelle dichiarazioni, e a fronte del suo impegno e lavoro come risponde?

“Una singola azienda può essere oggetto di un piano di rientro. Il direttore generale viene chiamato a rientrare dal disequilibrio. A Ferrara ad esempio, quando fui nominato, l’azienda aveva un disavanzo. La Regione fece un atto deliberativo, con degli obiettivi rivolti al direttore chiamato a rientrare con delle azioni mirate. Il commissariamento può avvenire solo su scala regionale, per cui è proprio la tematica a non essere corretta. Tuttavia ritengo che sarebbe paradossale anche un commissariamento regionale, visto che parliamo della Regione italiana considerata tra le tre migliori d’Italia in tema di sanità”.

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