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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Processione a Tredozio per chiedere la pioggia. Ma non è la prima volta che accade

Sabato, Tredozio, località della Valle del Tramazzo in provincia di Forlì-Cesena, è stata teatro di un singolare pellegrinaggio per chiedere il dono della pioggia

Il caldo record di questi giorni potrebbe avere le ore contate. Le previsioni meteo ipotizzano un drastico calo della colonnina del mercurio, anche di 8-10 gradi. E’ una prospettiva che non placa però la sete e la siccità persistente, che accomuna l’intera Romagna, dalla pianura all’alto Appennino. Sabato, Tredozio, località della Valle del Tramazzo in provincia di Forlì-Cesena, è stata teatro di un singolare pellegrinaggio per chiedere il dono della pioggia. Organizzato dalla parrocchia di San Michele guidata da don Massimo Monti, ha visto partire in processione decine di persone per la chiesa di Sant’Andrea a Pereta, sul passo della Busca. La meta è stata raggiunta dopo due ore di cammino orante, con tanto di Crocifisso miracoloso portato in spalla a turno dai partecipanti. All’arrivo al santuario, presenti un centinaio di persone, è stata celebrata la santa messa presieduta da don Tedaldo Naldi, parroco di Rocca San Casciano, con la partecipazione dell’assistente don Rudy e del parroco di Terra del Sole don Marino Tozzi. La preghiera anti-siccità di Tredozio riverbera precedenti similari in tutta la Romagna. Le cronache recenti e antiche abbondano di invocazioni e processioni: “Non resta che affidarsi a Dio”. Ad Imola, nell’agosto 2012, fu lo stesso vescovo monsignor Tommaso Ghirelli ad indire tre giorni di processione e preghiera alla Beata Vergine del Soccorso, tradizionalmente invocata dai fedeli per ottenere la pioggia.

L’iniziativa religiosa ebbe luogo dal 24 al 26 agosto. L’immagine della Beata Vergine, custodita nella chiesa di Valverde, fu portata in cattedrale il venerdì per far ritorno a Valverde la sera della domenica successiva. Le cronache di quei giorni riportano che “sono i precedenti a sottolineare i risultati già raggiunti dagli imolesi con la venerazione della Beata Vergine del Soccorso. Gli ultimi due casi risalgono al 1989 e al 1990, quando rispettivamente a metà febbraio e fine marzo la sua venerazione portò nel giro di pochi giorni la tanto attesa pioggia”. Il vescovo di Imola si rivolse così ai fedeli: “La nostra preghiera vuole essere l’espressione di una fiducia da sempre riposta nel Signore e nella sua provvidenza”. Un salto all’indietro di quasi 130 anni ci porta nella Forlì del 1885: “Nel mese di giugno – scrive Filippo Guarini - mentre la minaccia del colera sembrava scongiurata, si verificò una grave siccità: la raccolta del grano fu pari a due terzi di quella dell'annata precedente, mentre altri cereali e granturco non giunsero a maturazione. La crisi alimentare che si determinò ebbe ripercussioni negative favorendo un progressivo indebolimento fisiologico fra la popolazione e una minore resistenza alle malattie”. All'aprirsi del mese di luglio del 1886 il colera riapparve in Romagna, mostrando una particolare recrudescenza nel territorio ravennate.

“A Forlì – è ancora Guarini - il 23 luglio si ebbe il primo caso di morte (un colono di Durazzanino). Venne riaperto il lazzaretto di Bussecchio e disposto il ricovero immediato di tre giovani che avevano prestato assistenza allo sfortunato contadino; pochi giorni dopo, vi fu portato un proveniente da Ravenna, sospetto di colera. In agosto occorsero altri casi di morte. Il morbo è limitato finora alle vie Battuti Verdi e Bacilina; purtroppo, fra i medici non c'è unanimità di vedute sulle terapie adottate”. Sigismondo Marchesi, nel suo “Supplemento Istorico dell’antica città di Forlì”, risalente al 1678, narra di una grave carestia che colpì la città e il contado nel giugno del 1592, sotto il pontificato di papa Clemente VIII: “Il Governatore della città (il legato Pontificio, n.d.r) fece nuovamente istanza che si imponesse la Santissima immagine della Madonna del Fuoco, portandola tre volte in processione per implorare la cessazione della siccità, che tratteneva che germogliassero li grani”. Il cronista riferisce anche del buon esito dell’operazione: “Fu esaudita la dimanda”. Le processioni cristiane “ad petendam pluviam” trovano a loro volta un precedente nell’antica Roma. Durante la cerimonia chiamata “aquilicium”, matrone scalze e con i capelli sciolti salivano sul Campidoglio e facevano ruzzolare pietre, invocando Giove Pluvio e simulando il rumore del tuono. Già nel IV secolo, papa Liberio trasforma la cerimonia pagana in “invocazione delle precipitazioni”.

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